Prof. Magrini seminario SPI Padova 16-3-19

PREMESSA

Ci proponiamo, in queste prime pagine, di chiarire che cosa si intende con i termini «psicologia», «psicoanalisi» e «psicologia dinamica», al fine di stabilire i confini fra i diversi ambiti di competenza, pur consci della vicinanza e del legame fra queste discipline.

La psicologiaHotwordStyle=BookDefault;  è la scienza che studia i fenomeni psichici, nessuno escluso, sia che si tratti di fatti consci che di fatti inconsci. Come affermava Janet, possiamo dire che la psicologia si occupa assolutamente di tutto. È universale, dal momento che continuamente ci troviamo di fronte a fatti psicologici. La psicologia, tuttavia, non è facilmente definibile, perché è in continua evoluzione: è ciò che scienziati e filosofi hanno elaborato nel tentativo di comprendere la mente umana e i vari comportamenti, dai più semplici ai più complessi. La psicologia è quindi la scienza del comportamento umano, in tutte le sue molteplici manifestazioni, che possono essere normali o patologiche.

Possiamo dire che, nello specifico, la psicologia:

  1. a) osserva tutte le espressioni umane, esterne o indotte dal mondo interno;
  2. b) ricerca le cause interne ed esterne di questi comportamenti;
  3. c) suggerisce la tecnica di intervento terapeutico più pertinente.

La psicoanalisiHotwordStyle=BookDefault;  è:

  1. a) un metodo di indagine della mente che cerca innanzitutto di esplicitare il significato inconscio di parole, azioni, sogni, fantasie. Teoricamente, si basa su alcuni concetti fondamentali: l'inconscio, l'angoscia, le resistenze, le difese, il transfert;
  2. b) un metodo psicoterapeutico che utilizza l'interpretazione, le associazioni libere, l'analisi del transfert e del controtransfert. Per comprendere il funzionamento della mente, si avvale della metodologia clinica dell'osservazione;
  3. c) un complesso di teorie psicologiche e psicopatologiche in cui sono sistematizzati i dati forniti dal metodo psicoanalitico di ricerca e di cura. Una particolarità della psicoanalisi, come sosteneva Freud, è di essere un orientamento che lega strettamente la componente di ricerca e di conoscenza psicologica a quella operativa di intervento trasformativo e terapeutico. La psicoanalisi, quindi, è innanzitutto un processo di conoscenza.

La psicologia dinamicaHotwordStyle=BookDefault;  è quella parte della psicologia che fa riferimento a uno specifico approccio alla teoria della personalità. La denominazione «dinamica» deriva dal considerare la personalità come il risultato di un intreccio di forze, che possono interagire o essere in conflitto fra.

La psicologia dinamica non è una scuola; è un modo di intendere la vita psichica che si basa sulle concettualizzazioni di Freud, di Jung e di una serie di psicoanalisti e psicoterapeuti che, riferendosi ai loro insegnamenti, si sono occupati del tema dell'inconscio .(Ci riferiamo per esempio a Adler, con la sua psicologia individuale, ma anche a Binswanger, con il suo approccio fenomenologico esistenziale, e a Fromm).

Dinamico è tutto ciò che riguarda la mente e il suo sviluppo; l'uomo è in continua evoluzione, e quindi il termine «dinamico» si riferisce a un processo di crescita e di trasformazione continua. La psicologia dinamica si occupa dello studio del funzionamento mentale e quindi delle motivazioni, e considera come base necessaria lo studio degli aspetti più nascosti dell'emotività umana.

 

Alla psicologia dinamica si potrebbe applicare la definizione che si usa per la psicologia in generale, cioè quella di scienza del comportamento e dell'adattamento umano, sottolineando, per meglio caratterizzarla, che è un modo diverso di affrontare lo studio dei comportamenti, dell'adattamento, delle emozioni, delle motivazioni, che tenta di comprendere e spiegare azioni che resterebbero inspiegabili con le leggi psicologiche classiche. La psicologia dinamica si occupa, in sostanza, dei comportamenti che non implicano una base fisiologica, e li esamina da un punto di vista relazionale. In questo senso, non si oppone alla psicologia sperimentale, ma le è complementare, anche se il suo debito più grande è certamente nei confronti di Freud e della psicoanalisi.

La definizione, tuttavia, resterebbe poco chiara se non si tentasse di evidenziare i tratti essenziali propri della psicologia dinamica.

 

Una prima caratteristica fondamentale risiede in una nozione nuova introdotta da Freud: tutti i comportamenti umani si fondano su un’energia più o meno differenziata, che ne è l'origine diretta o indiretta. Molti dei comportamenti umani sono determinati dal mondo interno, e non sono solo risposte a stimoli esterni. Questa è la nozione di determinismo psichicoHotwordStyle=BookDefault; , sviluppata a più riprese da Freud (vedi Cinque conferenze sulla psicoanalisi, 1909a), e che approfondiremo più avanti.

Una seconda caratteristica è l'estensione del campo della psicologia al mondo inconscio. La psicologia sperimentale approfondisce principalmente lo studio dei fatti di coscienza, accessibili attraverso l'introspezione o l'osservazione. L'inconscio, dominio dell'irrazionale, occupa un posto di primo piano in psicologia dinamica, poiché è considerato determinante nelle condotte sia irrazionali che razionali. La psicologia dinamica, inoltre, considera i fenomeni cognitivi come strettamente legati a quelli affettivi. L'affettività e l'emotività influenzano considerevolmente i processi di pensiero e di apprendimento e, poiché l'oggetto di studio è l'individuo nel suo percorso di evoluzione personale, di formazione progressiva e di trasformazione continua, dal concepimento, alla nascita, alla morte, è importante comprendere come le forze psichiche evolvono e quali forme assumono per arrivare a esprimersi.

In sintesi, la psicologia dinamica prende in considerazione l'uomo nel suo divenire dinamico, e si potrebbe ancora aggiungere che costituisce la base per lo studio e la cura dei disturbi emotivo-relazionali e affettivi.

 

 

 

Psicologia dinamica si confonde con la psicoanalisiHotwordStyle=BookDefault; , poiché è Freud che la fonda, per separarsene poi assai rapidamente: «Noi non deduciamo la scissione psichica da una congenita incapacità alla sintesi dell'apparato psichico, ma la spieghiamo dinamicamente, attraverso il conflitto di forze psichiche contrastanti, riconoscendo in essa il risultato È molto difficile delineare chiaramente le origini e l'evoluzione della psicologia dinamicaHotwordStyle=BookDefault; . All'inizio essa si compone di un'opposizione attiva dei due raggruppamenti psichici fra loro» (Freud, 1909a, p. 144).

La psicologia dinamica diventa uno strumento di studio e di ricerca, mentre la psicoanalisi resta essenzialmente un metodo terapeutico. «All'interno della teorizzazione psicoanalitica, il punto di vista dinamicoHotwordStyle=BookDefault;  risulta senz'altro fondamentale e anche uno dei meno contestati.

Claparède nell'introduzione alle Cinque conferenze sulla psicoanalisi (Freud, 1909a) ha messo in luce molto efficacemente alcuni aspetti della disciplina che ci aiutano a comprendere la sua differenziazione dalla psicologia dinamica, facendoci notare che la psicoanalisi è nello stesso tempo:

  1. a) un metodo di esame degli individui;
  2. b) un metodo di trattamento dei disturbi psichici;
  3. c) un tentativo di applicare alla vita mentale il principio del determinismo scientifico, cercando di spiegare una quantità di fenomeni (quali i sogni, i lapsus, i deliri) considerati sino ad allora frutto del caso;
  4. d) un'ipotesi generale che tende a considerare manifestazioni quali quelle artistiche o religiose, e la maggior parte delle nostre reazioni quotidiane, come espressione di desideri non coscienti della natura umana, o come permanenti più o meno sotto l'influsso di questi desideri.

La psicologia dinamica deriva indubbiamente da queste basi concettuali, ma non vi si identifica completamente. Come abbiamo detto, prende origine dall'impostazione freudiana, ma non trascura di considerare le scuole e i lavori successivi, come quelli di Jung, di Adler, dei neofreudiani  come Sullivan, Fromm e la Thompson , della Klein, di Rank, della Mahler, di Winnicott e di altri ancora.

La psicologia dinamica è essenzialmente una teoria complessa, costituita da una serie di ipotesi che risultano da numerosi lavori di ricerca nel campo della psicologiaHotwordStyle=BookDefault;  individuale o collettiva.

Mentre la psichiatriaHotwordStyle=BookDefault;  tradizionale «suddivide i pazienti» per categorie, a seconda di «tratti» comuni di comportamento e fenomenologici, ed elabora «liste» di sintomiHotwordStyle=BookDefault;  che permettono di classificare i pazienti in base a sindromi (cioè ad associazioni di sintomi), la psicologia dinamica cerca di determinare ciò che è unico in ciascun individuo e afferma che anche la sua storia personale non può che essere unica. I sintomi e i comportamenti, pertanto, saranno il risultato finale di esperienze soggettive e personali, che vanno ricercate nel mondo interno del paziente. Come scrive Silvia Vegetti Finzi (1986, p. 5), lo psichiatra si difende reificando il malato nel sintomoHotwordStyle=BookDefault; , frapponendo fra sé e l'altro la barriera del sapere e della tecnica, facendosi strumento che indaga. Nel momento in cui non è più l'arto malato che fa problema, ma il soggetto che attraverso di esso si manifesta, la psicoanalisi si stacca dalla medicinaHotwordStyle=BookDefault; , scienza del corpo, per divenire scienza dell'uomo. Tuttavia l'evoluzione della psichiatria verso un approccio dinamico, che utilizza la teoria psicoanaliticaHotwordStyle=BookDefault;  per la comprensione del funzionamento mentale, apre la strada a nuove prospettive di intervento e di cura della malattia mentaleHotwordStyle=BookDefault;  (vedi Gabbard, 1990).

 

Tecnica Psicoanalitica : gli inizi

 

La tecnica psicoanaliticaHotwordStyle=BookDefault;  viene applicata per la prima volta, in forma ancora elementare, da Breuer, amico e maestro di Freud, a Vienna, tra il 1880 e il 1882, su una giovane con patologia isterica. Sino ad allora l'isteria era considerata una malattia dell'immaginazione, le cui manifestazioni si potevano attenuare con tecniche di suggestioneHotwordStyle=BookDefault; , che tuttavia non portavano alla guarigione definitiva o stabile.

Breuer invece tenta di curare l'isteria con l'ipnosi (che anche Freud utilizzò, ma che abbandonò rapidamente data la scarsa efficacia) e applica per primo il metodo che chiama catarticoHotwordStyle=BookDefault; , destinato a formare più tardi la base di tutta la tecnica psicoanalitica: il paziente viene invitato a parlare liberamente e spontaneamente. Così, a poco a poco, si scopre che ogni sintomoHotwordStyle=BookDefault;  ha una sua storia, la quale, ripercorsa a ritroso, porta all'evento che lo ha determinato. In tal modo è possibile individuare i conflittiHotwordStyle=BookDefault;  interni che sono all'origine dei comportamenti disturbati. Questo metodo consente al paziente di liberarsi progressivamente dalle sue tensioni interne. Breuer scopre che il ricordoHotwordStyle=BookDefault;  consente di comprendere l'etiologia psicologica del disturbo (come già Charcot ha indicato), e che il discorso è lo strumento per risalire alla causa dei sintomiHotwordStyle=BookDefault; .

Jean-Martin Charcot, il grande clinico della Salpêtrière che ha formulato una nuova teoria delle nevrosiHotwordStyle=BookDefault; , e Pierre Janet, lo psicopatologo che ha analizzato i processi psichici dell'isteria, sono stati per Freud figure di centrale importanza. Da Janet egli apprende la teoria dello sdoppiamento mentale in due entità, conscioHotwordStyle=BookDefault;  e inconscioHotwordStyle=BookDefault; , che costituirà il punto di partenza fondamentale del suo lavoro. Per Janet, le cause di questa dissociazioneHotwordStyle=BookDefault;  psichica implicano una debolezza congenita, propria della specie umana, mentre Freud, superando questa posizione, ipotizza che le due istanze psichiche coesistano nell'essere umano e che siano dotate di energia: introduce così nel processo psichico la nozione di dinamismo.

Charcot non è riuscito a risolvere il «dilemma dell'isteria», in quanto gli mancano quelle categorie che Freud formulerà con il modello psicoanalitico. Egli ha, però, già intuito l'importanza delle parole e la necessità di lavorare con i pazienti sfruttando le potenzialità di un buon dialogo. Tuttavia, la concezione di Charcot racchiude in sé una contraddizione: da un lato egli considera l'isteria effetto della suggestione e della simulazione che il paziente può mettere in atto; dall'altro, basandosi su un lavoro di classificazione, la fa rientrare nelle patologie a base somatica.

Freud riesce a superare la dicotomia trattando la patologia isterica come una patologia specifica, che comporta pertanto un'etiologia altrettanto peculiare, e ne cerca le cause nella mente, dunque non in termini fisiologici, ma in termini psichici: accetta l'idea che l'isteria possa essere una malattia di rappresentanza. Il sintomo isterico si situa fuori dal perimetro scientifico classico e «non resta che seguirlo nei suoi tortuosi sentieri»; quindi, il rapporto tra il disturbo psichico e il substrato organico deve essere compreso, poiché, come è stato puntualizzato dalle ricerche sulla psicosomatica, la mente trasferisce sul corpo il disagio e le tensioni. Si tratta di un vero e proprio spostamentoHotwordStyle=BookDefault; , che coinvolge il corpo a partire dalla mente. Esiste, cioè, un legame indissolubile tra lo psichico e il somatico; quando la struttura dell'Io non è in grado di affrontare i conflitti e di gestire le situazioni ansiogene o angoscianti, l'IoHotwordStyle=BookDefault;  è carente nella risoluzione dei problemi, e per questo è più facile che si manifesti un sintomo, come unica possibilità di affrontare il conflitto. La paralisi isterica, per esempio, si differenzia da una paralisi organica in quanto la sua distribuzione non rispetta l'anatomia ma risponde a un concetto esclusivamente psichico di corpo.

Inizialmente, Freud considera la suggestione ipnotica come unico strumento efficace per eliminare i sintomi isterici. Nel 1899 collabora a Nancy con Bernheim, ma ben presto si fa strada nella sua mente l'idea che può esistere un altro tipo di legame, molto più profondo e inquietante, fra le parole e il sintomo isterico. Con il caso clinico di Anna O., la giovane isterica curata prima da Breuer con l'utilizzo del metodo catartico, Freud comprende che ogni sintomo ha una sua storia, per cui è necessario ripercorrere a ritroso la vita della paziente per risalire all'evento traumatico, causa del sintomo stesso (come abbiamo già detto, il filo che conduce alla causa risulta essere il discorso, la parola).

Breuer, a un certo punto della cura di Anna O., decide di sospendere la terapia; ha notato che il legame affettivo con la giovane paziente è divenuto molto forte. A quest'epoca, non può ancora comprendere che proprio ciò che lui teme e rifiuta è della stessa natura del blocco che ha determinato i sintomi della paziente: è la sessualitàHotwordStyle=BookDefault; . Sarà Freud che successivamente comprenderà il significato delle relazioni affettive che, lungi dall'essere un effetto casuale della cura, rappresentano la parte irrinunciabile del processo terapeutico, il suo asse portante: il transfertHotwordStyle=BookDefault; .

Siamo ancora all'alba della psicoanalisiHotwordStyle=BookDefault; , ma appare già evidente che la teoria, in questo campo, procede dalla pratica e le è indissolubilmente legata. Del resto, Freud modifica continuamente i princìpi teorici della psicoanalisi, «apprendendo dai suoi pazienti» fino agli ultimi anni della sua vita, proprio per un costante bisogno di confrontarsi con l'esperienza.

È importante rendersi conto che la teoria psicoanaliticaHotwordStyle=BookDefault;  è un corpo di ipotesi che riguardano lo sviluppo e il funzionamento mentale dell'uomo, e fa parte della psicologiaHotwordStyle=BookDefault;  generale. Quindi, la teoria psicoanalitica, che Freud viene formulando, studia il funzionamento della psiche umana. La terapia psicoanaliticaHotwordStyle=BookDefault;  invece  è un metodo di cura che, attraverso uno «scambio verbale e affettivo», consente una profonda trasformazione dell'individuo, in quanto va a interferire sul suo modo di vedere sé stesso e il mondo che lo circonda.

Abbiamo detto che la psicoanalisi nasce come terapia dell'isteria, e proprio di qui trae origine la convinzione che tutto l'agire umano, anche il meno intenzionale, è dotato di senso e può essere visto come un contenuto manifesto che rimanda a un contenuto latenteHotwordStyle=BookDefault; . Freud, quando parla dell'analisi, si riferisce alla cura delle nevrosi, che a differenza delle psicosiHotwordStyle=BookDefault;  sottendono un IoHotwordStyle=BookDefault;  in grado di tollerare il trattamento psicoanalitico e la relazione terapeutica. La psicoanalisi è un lavoro nel corso del quale emerge l'esperienza dell'inconscio, la sua straordinaria presenza, vengono elaborate le resistenze e in particolare il transfert (1), si tende a favorire un migliore funzionamento dell'Io. A partire dal meccanismo difensivo dello spostamento, che approfondiremo più avanti, Freud elabora gradualmente il concetto di transfert come spostamento sull'analista di sentimenti che il paziente ha vissuto durante l'infanzia nei confronti delle figure fondamentali. Il transfert può essere positivo o negativo, in relazione alla qualità del sentimento, affettuoso oppure ostile: «Poiché la traslazione riproduce la relazione con i genitoriHotwordStyle=BookDefault; , è chiaro che ne assume anche l'ambivalenza. È quasi inevitabile che l'atteggiamento positivo verso l'analista si converta prima o poi, repentinamente, in un atteggiamento negativo e ostile. Anche questo rappresenta di norma una ripetizione del passato. L'arrendevolezza verso il padreHotwordStyle=BookDefault;  (se si trattava del padre), il tentativo di accattivarsi il suo favore, era radicato in un desiderioHotwordStyle=BookDefault;  erotico a lui diretto. Prima o poi questa pretesa si manifesterà prepotentemente anche nella traslazione reclamando soddisfazione. Nella situazione analitica, però, essa dovrà essere immancabilmente frustrata» (Compendio di psicoanalisi, 1938, p. 603). Non dobbiamo confondere la positività o negatività del transfert, che dipende dalla qualità dell'affetto manifestato, con la sua manifestazione nella terapia: ad esempio un transfert negativo può consentire lo sbloccarsi di una situazione.

 

 

 

 

 

Teoria Psicoanalitica

 

 

Come in tutte le discipline scientifiche, le diverse ipotesi della teoria psicoanaliticaHotwordStyle=BookDefault;  sono tra loro correlate. Due di esse in particolare hanno avuto molte conferme, e per questo vengono definite le due «ipotesi fondamentali» della psicoanalisiHotwordStyle=BookDefault; :

  1. a) il principio del determinismo psichicoHotwordStyle=BookDefault; o causalità;
  2. b) il principio che la coscienzaHotwordStyle=BookDefault; un attributo eccezionale piuttosto che regolare dei processi psichici.

 

Il determinismo psichico

Secondo questo principio, nella nostra mente nulla avviene per caso: ogni evento psichico è determinato da quelli che lo hanno preceduto e influenza quelli che lo seguono. Tutti i fenomeni mentali sono tra loro in connessione causale, proprio come accade per i fenomeni fisici: la non-connessione tra i fatti non esiste nella vita mentale.

L'applicazione di questo principio implica che non bisogna mai trascurare alcun fenomeno psichico e ci si deve sempre chiedere che cosa lo ha causato e perché è avvenuto in un dato modo. Naturalmente la spiegazione non è immediata, né facile, ma se ci poniamo queste domande è perché confidiamo nel fatto che una risposta esista.

I sintomiHotwordStyle=BookDefault;  e i comportamenti non sono che manifestazioni esterne di processi inconsci: «In realtà noi non siamo altro che personaggi che mettono in atto un copione scritto dall'inconscio» (Gabbard, 1990, p. 7). Fa eccezione solo il caso in cui nel paziente sono presenti gravi patologie organiche, e dunque il sintomoHotwordStyle=BookDefault;  può essere attribuito a esse prima che a fattori dinamici.

 

La coscienza :

è un attributo eccezionale, piuttosto che regolare, dei processi psichici.

 In realtà, questo principio è così collegato al precedente che è difficile parlare del primo senza includere anche il secondo. «Molto di ciò che passa nella nostra mente è inconscioHotwordStyle=BookDefault;  e sconosciuto», e questo ci spiega le apparenti discontinuità nella nostra vita mentale: se un pensiero, un sognoHotwordStyle=BookDefault;  o un sintomo patologico sembrano non essere in rapporto con l'attività mentale in corso, lo si deve al fatto che la connessione causale va ricercata con qualche processo mentale inconscio, piuttosto che cosciente. La coscienza si annulla o si affievolisce molto durante certi momenti dell'esistenza quali il sonnoHotwordStyle=BookDefault;  o l'ipnosi  tanto che tali condizioni vengono spesso definite «stati alterati» di coscienzaHotwordStyle=BookDefault;    ed è proprio in queste circostanze che l'inconscio si manifesta nel modo più chiaro, anche se l'individuo non ne è consapevole. L'inconscio emerge, quindi, come un fenomeno stabile e permanente, sede di forze dinamiche che cercano di esprimersi e di manifestarsi nei comportamenti coscienti. Le idee che rappresentano queste forze non sono evocabili volontariamente e sono accessibili all'introspezione non senza difficoltà.

 

IL FUNZIONAMENTO DELLA MENTE

Prima di descrivere il funzionamento della mente, è importante chiarire che cosa si intende per stimoloHotwordStyle=BookDefault; , per istintoHotwordStyle=BookDefault;  e per pulsioneHotwordStyle=BookDefault; .

Lo stimolo:

è un evento che appartiene al mondo esterno, induce un'esperienza sensoriale e suscita una risposta. Come ha evidenziato Freud, lo stimolo si differenzia dalla pulsione, in quanto quest'ultima trae origine da fonti di stimolazione interne al corpo e agisce come una forza costante alla quale l'individuo non si può sottrarre, come invece può fare di fronte a uno stimolo esterno.

Il termine istinto :

si riferisce a un comportamento animale fissato dall'ereditarietà, caratteristico della specie, che si svolge secondo una sequenza temporale e non è soggetto a profonde alterazioni, che varia poco da un individuo all'altro e sembra rispondere a una finalità (vedi Laplanche e Pontalis, 1967). L'istinto comporta una risposta rigida e stereotipata a uno stimolo o a un complesso di stimoli: è una modalità di risposta a una situazione scatenante che fa parte del patrimonio genetico.

La pulsione :

per Freud è un concetto limite tra lo psichico e il somatico; è il rappresentante psichico degli stimoli, i quali costituiscono una forza che trae origine dall'interno del corpo e fornisce energia alla mente, spingendola all'attività, a compiere cioè delle azioni tese al soddisfacimento del bisogno. La pulsione non include la risposta motoria, ma comprende solo lo stato di eccitazione centrale in risposta alla stimolazione ( Brenner, 1955, p. 72).

 

L'attività motoria che viene eseguita non è completamente predeterminata, ma è mediata da fattori sociali e culturali e dall'esperienza. La pulsione spinge l'individuo ad agire, al fine di far cessare lo stato di eccitazione somatica prodotto dalla pulsione stessa. È una forza mutevole e plasmabile, i cui oggetti e le cui mete sono variabili, e questo consente l'allontanamento dai normali percorsi di gratificazione e la ricerca di soluzioni alternative. Un elemento che distingue lo stimolo dalla pulsione è il fatto che il primo lo si può controllare, mentre la seconda, dato che ha origine inconscia, no.

Nella pulsione, secondo Freud, è possibile individuare una fonte, una spinta, una meta e un oggetto.

La fonteHotwordStyle=BookDefault;  :

è «il luogo in cui appare l'eccitazione (zona erogena, organo, apparato) o il processo somatico che si attua in quella parte del corpo e viene percepito come eccitazione» (Laplanche e Pontalis, 1967, p. 444; vedi anche Freud, Tre saggi sulla teoria sessuale, 1905a; Pulsioni e loro destini, 1915a). Ogni pulsione è dotata di una quantità di energia detta impulso o spintaHotwordStyle=BookDefault;  che, stimolando l'azione, crea le condizioni per ottenere il soddisfacimento. Anche quando il soddisfacimento è passivo (essere visto, essere aggredito, essere picchiato), la pulsione è sempre attiva, in quanto esercita una spinta. In Pulsioni e loro destini Freud definisce la spinta in questi termini: «Con spinta di una pulsione si intende il suo aspetto motorio, la somma di forza o la quantità di esigenza di lavoro che essa rappresenta. Ogni pulsione è un pezzo di attività; quando si parla di pulsioni passive non si può intendere altro che pulsioni con meta passiva.»

La metaHotwordStyle=BookDefault;  :

«l'attività a cui spinge la pulsione e che porta a una risoluzione della tensione interna; tale attività è sostenuta e orientata da fantasmi» (Freud, 1905a) (ad esempio il rapporto sessuale può essere considerato la meta esterna della pulsione sessuale). La meta primaria di ogni pulsione è comunque la riduzione dell'eccitamento.

L'oggetto :

ciò in cui e con cui la pulsione cerca di raggiungere la sua meta, cioè un certo tipo di soddisfacimento. L'oggetto può essere esterno, nel senso che può appartenere al mondo reale o al corpo stesso dell'individuo, oppure interno, ed essere la rappresentazione dell'oggetto interiorizzato. Possiamo ritenere che Freud faccia un'ulteriore distinzione. Egli sembra intendere per oggetto parzialeHotwordStyle=BookDefault;  una parte del corpo (come il seno, le feciHotwordStyle=BookDefault;  o il peneHotwordStyle=BookDefault; ) o un suo equivalente simbolico, che può essere anche la madreHotwordStyle=BookDefault; , ma vista solo come oggettoHotwordStyle=BookDefault;  che soddisfa i bisogni del bambino e non come persona intera. L'oggetto totale sarebbe invece la persona con cui l'individuo entra in relazione, qualcuno di «diverso da sé» con il quale è possibile stabilire una relazione affettiva. All'oggetto parziale si rivolgono le pulsioni parzialiHotwordStyle=BookDefault; , tipiche delle prime fasi dello sviluppo, mentre l'oggetto totale è caratteristico delle fasi evolutive più mature (2).

Quando il soddisfacimento pulsionale si esaurisce nella mera stimolazione di una zona erogena, senza la presenza di un oggetto esterno, possiamo parlare di attività autoeroticaHotwordStyle=BookDefault;  (tipica della prima infanzia) e di pulsioni parziali, che precedono l'organizzazione pulsionale matura (o genitale) e ne sono le componenti. L'attività autoerotica cede, a poco a poco, il passo al narcisismo (3), che si caratterizza per l'investimento dell'Io, il quale diventa esso stesso oggetto per mezzo del quale la meta può essere raggiunta. A poco a poco gli oggetti pulsionali vengono ricercati sempre di più nella realtà esterna.

Circa la natura delle pulsioni, le ultime formulazioni freudiane (Al di là del principio di piacere, 1920a) postulano l'esistenza di due pulsioni fondamentali, l'una di natura sessuale e l'altra di natura aggressiva. La prima dà origine alla componente erotica dell'attività mentale e viene detta libidoHotwordStyle=BookDefault; , la seconda alimenta le componenti aggressive e distruttive della mente.

Pulsioni allo stato puro si presentano soltanto nei primi tempi dello sviluppo, oppure in situazioni patologiche particolari. Abitualmente le pulsioni erotiche e quelle aggressive operano fuse, intrecciate, sebbene con la prevalenza dell'una o dell'altra a seconda delle circostanze (ad esempio, la pulsione erotica utilizza una componente aggressiva per appropriarsi dell'oggetto d'amore). Non bisogna, infatti, confondere l'aggressività con la distruttività; la pulsione aggressiva non si presenta necessariamente come distruttiva. Ad esempio, quando si deve affrontare un problema, non si opera distruttivamente anche se si agisce in modo aggressivo; in questo caso la distruttività è come «frenata» dall'impasto con la pulsione erotica.

 

LA METAPSICOLOGIA

 

Nelle lettere a Wilhelm Fliess, Freud definisce metapsicologiaHotwordStyle=BookDefault;  la dimensione teorica della sua impostazione psicologica generale, cioè le spiegazioni del comportamento umano che vanno oltre la psicologiaHotwordStyle=BookDefault;  della coscienzaHotwordStyle=BookDefault; . Questa prima definizione della metapsicologia viene successivamente modificata: Per metapsicologia Freud intende in particolare un sistema di osservazione in base al quale ogni processo psichico possa essere esaminato secondo coordinate dinamiche, economiche e topologiche. Ricordando che Freud non ha mai perso di vista che la mente (psiche) è sempre in movimento, è cioè qualcosa di vivo, e come tale conflittuale, ne segue che una vera scienza psicologica deve dare ragione di questa conflittualità, sia essa prevalentemente intrapsichica oppure interpersonale.

Non dobbiamo dimenticare che i tre punti di vista ( Topico, Economico, Dinamico) sono strettamente connessi; tuttavia, analizzare un fenomeno dal punto di vista dinamicoHotwordStyle=BookDefault;  significa considerare che tutti i processi psichici (a prescindere dalla percezione di stimoli esterni) sono riconducibili a un gioco di forze (di provenienza organica), che si associano o si inibiscono a vicenda, entrano in compromesso o in conflitto le une con le altre, e vengono psichicamente rappresentate in immagini o rappresentazioni affettivamente investite. Le forze dinamiche contrastanti danno origine ai conflittiHotwordStyle=BookDefault; , i quali possono essere definiti come una lotta tra energie pulsionali che hanno fini (mete) reciprocamente incompatibili.

 

 

 

Il punto di vista economicoHotwordStyle=BookDefault;  presuppone l'esistenza all'interno della mente di una forza, di un'energia psichica che possiede tre caratteristiche: può essere orientata verso un oggettoHotwordStyle=BookDefault;  per giungere a una sua scaricaHotwordStyle=BookDefault;  (metaHotwordStyle=BookDefault; ), ha un'origine specifica (fonteHotwordStyle=BookDefault; ) e una grandezza o intensità (cioè una dimensione quantitativa).

L'energia pulsionale che è in gioco nel funzionamento psichico deve essere considerata anche nella sua dimensione quantitativa (spintaHotwordStyle=BookDefault;  o impulso); il punto di vista economico presuppone che le rappresentazioni psichiche delle pulsioni siano investite di una determinata quantità di energia, e che l'apparato psichico tenda a prevenire un ingorgo di energia mantenendo possibilmente bassa la somma totale degli eccitamenti che lo colpiscono. L'aumento dell'eccitamento, e cioè la maggior pressione del bisogno pulsionale, è connesso con il dispiacereHotwordStyle=BookDefault; , la diminuzione dell'eccitamento con il piacereHotwordStyle=BookDefault; .

Infine, il punto di vista topicoHotwordStyle=BookDefault;  tende alla comprensione del conflitto, considerando il sistema o i sistemi nei quali e fra i quali ha luogo ogni atto psichico. Ciò comporta la divisione della psiche in tre sistemi  inconscioHotwordStyle=BookDefault; , preconscioHotwordStyle=BookDefault;  e conscioHotwordStyle=BookDefault;   e implica il riconoscimento che il mondo della psiche non è limitato a ciò che può essere oggetto della nostra osservazione diretta, ma che esistono altre e più profonde modalità di funzionamento dell'apparato psichico, estremamente complesse e articolate. Non dobbiamo dimenticare che ancora alla fine dell'Ottocento era diffusa la convinzione che non vi fossero processi mentali se non quelli coscienti; e ancora vi è chi ha difficoltà a riconoscere che i comportamenti umani sono, in larga misura, indotti da processi profondi, inconsci. Come diceva Freud, ciò che appare come vita psichica cosciente non è che «la punta di un iceberg».

 

L'individuo è continuamente soggetto alla formazione di cariche psichiche che sono connesse a rappresentazioni. Tali cariche hanno origine dagli stimoli che pervengono all'organismo tanto dall'interno quanto dall'esterno, e danno luogo alla formazione di un desiderioHotwordStyle=BookDefault;  di scaricaHotwordStyle=BookDefault; .

L'apparato psichico cerca di mantenere al minimo livello possibile di tensione la caricaHotwordStyle=BookDefault;  energetica che proviene dai bisogni pulsionali, e che varia in quantità e qualità. Quando però tale carica non può immediatamente sfogarsi, tende a spostarsi da una rappresentazione all'altra. Poiché l'aumento del livello di eccitamento causa dispiacereHotwordStyle=BookDefault; , la tendenza dell'apparato psichico , che secondo Freud mira a ricercare il piacere,HotwordStyle=BookDefault;   è quella di ridurre al minimo la tensione energetica. Per Freud l'aspetto quantitativo e quello qualitativo del piacere e del dispiacere sono fra loro legati: il problema è il livello di energia, e il piacere è legato alla riduzione al minimo della tensione energetica.

Il principio di piacereHotwordStyle=BookDefault; , quindi, è uno dei princìpi che regolano le funzioni mentali; soddisfa il bisogno attraverso l'azione, la fantasia, o qualsiasi situazione che permetta l'eliminazione della tensione pulsionale. La diminuzione del livello di eccitamento è ottenuta attraverso la scarica dell'energia pulsionale. A livello inconscioHotwordStyle=BookDefault; , tale scarica viene ricercata per la via più breve; in altri termini, le pulsioni premono per un soddisfacimento immediato.

Il principio di piacere domina nel primo periodo evolutivo; in seguito il bambino, di fronte a una situazione di bisogno (per esempio la fame), se non dispone immediatamente di un oggettoHotwordStyle=BookDefault;  per soddisfare la pulsioneHotwordStyle=BookDefault;  (il cibo) produce un fenomeno allucinatorio: si costruisce una fantasia del cibo, collegata alle precedenti esperienze di soddisfacimento.

Crescendo, il bambino si rende conto che i desideri non sempre possono essere subito soddisfatti, in quanto si deve tenere conto dell'ambiente esterno: il principio di piacere, a poco a poco, si trasforma nel principio di realtàHotwordStyle=BookDefault; . Questo processo è reso possibile dallo sviluppo delle funzioni coscienti: memoria, attenzioneHotwordStyle=BookDefault; , giudizio e controllo motorio. In virtù del principio di realtà la ricerca del soddisfacimento pulsionale non si attua nel più breve tempo possibile, ma passa per vie indirette e più complesse, rinviando la conclusione in funzione delle condizioni imposte dal mondo esterno. Attraverso esperienze ripetute, il bambino si rende conto che a volte i desideri non possono essere realizzati, oppure che il loro soddisfacimento comporta una sofferenza perché in contrasto con le condizioni del mondo esterno, oppure ancora che la loro realizzazione allucinatoria è deludente. A poco a poco il bambino impara, da un lato, a trovare una soluzione appropriata, dall'altro a tollerare la frustrazione.

Secondo Freud, tanto il principio di piacere quanto quello di realtà operano con lo stesso scopo: ottenere il piacere ed evitare il dolore. Con l'acquisizione del principio di realtà si sviluppa la capacità di dilazionare il soddisfacimento, cosicché l'energia pulsionale non ancora scaricata può essere utilizzata per compiere una serie di operazioni di pensiero mediante le quali, tenendo conto dell'esperienza passata e dell'esame della realtà presente, si tenta di prevedere il risultato dell'azione progettata. In questo modo, ciascun individuo potrà decidere se il soddisfacimento del bisogno debba avvenire immediatamente o debba essere differito, oppure se è opportuno reprimere la pulsione perché pericolosa.

Nell'adulto il principio di piacere e il principio di realtà coesistono, in quanto, come vedremo, i processi inconsci continuano a essere regolati dal principio di piacere.

 

APPARATO   PSICHICO

 

La teoria psicoanaliticaHotwordStyle=BookDefault;  ha delineato un quadro dinamico delle attività psichiche e si è preoccupata di raggruppare i processi e i contenuti mentali da un punto di vista funzionale; ha cercato di comprendere le finalità cui essi tendono e come interagiscono fra loro, concorrendo allo sviluppo dell'individuo attraverso conflittiHotwordStyle=BookDefault;  ed equilibri.

La prima proposta descrittiva dell'apparato psichico la possiamo trovare nell'ultimo capitolo dell'Interpretazione dei sogni (1899), dove la mente viene descritta da Freud come uno strumento ottico complesso, fatto di molti elementi disposti in sequenza. Le componenti psichiche sono viste come funzionalmente collegate le une alle altre. Un'estremità dell'apparato reagisce agli stimoli sensoriali, e all'altra estremità vi è la coscienzaHotwordStyle=BookDefault; ; le varie parti intermedie  la memoria, le associazioni  sono collegate fra loro da un'energia che si propaga dall'una all'altra.

In questo primo modello le divisioni sono funzionali; vi è già l'idea dell'esistenza di tre strutture topograficamente vicine ai sistemi della memoria e delle associazioni.

 

Il processo primarioHotwordStyle=BookDefault;  e il processo secondarioHotwordStyle=BookDefault;  sono le modalità di funzionamento dell'apparato psichico (Freud, Precisazioni sui due princìpi dell'accadere psichico, 1911) e si basano rispettivamente sul principio di piacereHotwordStyle=BookDefault;  e sul principio di realtàHotwordStyle=BookDefault; .

 

  1. a) ll processo primario è la forma di pensiero più arcaica e primitiva, ed è associato all'inconscio. Possiamo dire, quindi, che l'EsHotwordStyle=BookDefault; funziona in conformità con questo processo per tutta la vita e che l'IoHotwordStyle=BookDefault; lo utilizza nella prima infanzia, quando la sua organizzazione è ancora labile e appena differenziata da quella dell'Es. Il processo primario è caratterizzato dal fatto che l'energia è allo stato libero. L'energia, cioè, può non solo scaricarsi facilmente, ma spostarsi su rappresentazioni diverse; tende a reinvestire le rappresentazioni legate a esperienze di soddisfacimento del desiderioHotwordStyle=BookDefault;  (desiderio allucinatorio soddisfatto), e ubbidisce al principio di piacere. Il processo primario è evidenziabile nell'attività onirica, dove non vi è linguaggio, manca la nozione di tempo e coesistono gli opposti, in quanto non vi è riconoscimento della realtà. Il pensiero del processo primario è quello caratteristico del bambino, quando l'Io è ancora immaturo. Il processo primario, infine, è presente in molte patologie.

 

  1. b) l processo secondario si sviluppa gradualmente e progressivamente durante i primi anni di vita ed è caratteristico delle operazioni dell'Io maturo. L'energia psichicaHotwordStyle=BookDefault; viene «legata», prima di scorrere in modo controllato. Le rappresentazioni sono investite più stabilmente; il soddisfacimento viene differito, consentendo la valutazione delle diverse soluzioni possibili. L'attività mentale si esprime nel pensiero vigile, nell'attenzione, nel ragionamento e nel giudizio. L'azione è controllata dall'Io, che ha anche il compito di controllare, inibendolo, il processo primario, a cui tuttavia soggiace nei meccanismi di difesaHotwordStyle=BookDefault; Vi sono una maggiore capacità di tollerare la frustrazione e un incremento dell'uso del pensiero logico.

Il processo primario e il processo secondario si collocano lungo un continuum: il passaggio dall'uno all'altro è graduale, sia dal punto di vista temporale, sia dal punto di vista descrittivo. Non è difficile differenziare le modalità di pensiero o di comportamento dell'uno da quelle dell'altro, tuttavia non possiamo definire nettamente dove finisca l'uno e dove abbia inizio l'altro. Freud ritiene che i processi primari siano ontogeneticamente e filogeneticamente anteriori a quelli secondari. La trasformazione del processo primario in processo secondario è un'evoluzione lenta che fa parte dello sviluppo dell'Io.

 

PRIMA TOPICA

 

L'idea dell'organizzazione dell'apparato psichico in tre strutture verrà sviluppata nel 1915 (L'inconscio, 1915b), quando Freud propone il modello topografico, la cui ipotesi fondante è che l'apparato psichico sia costituito da tre sistemi, identificati in relazione alla loro accessibilità alla coscienzaHotwordStyle=BookDefault;  e al loro utilizzo dell'energia pulsionale legata o libera: il sistema inconscioHotwordStyle=BookDefault;  (Ucs), quello preconscioHotwordStyle=BookDefault;  (Pcs) e quello conscioHotwordStyle=BookDefault;  (Cs).

 

L'inconscio Nel suo significato descrittivo, l'inconscio qualifica i contenuti psichici che non sono presenti nel campo della coscienza (desideri inconsciHotwordStyle=BookDefault; , odi o amori inconsci ecc.). Nel suo significato topico, è la parte più arcaica dell'apparato psichico, la più vicina alla sorgente delle pulsioni, i cui rappresentanti psichici ne costituiscono il contenuto. Nel suo significato dinamico, il funzionamento di questi ultimi è caratterizzato dal processo primarioHotwordStyle=BookDefault; , secondo il quale l'energia pulsionale è in grado di fluire liberamente passando da una rappresentazione all'altra (per mezzo dei meccanismi dello spostamentoHotwordStyle=BookDefault;  e della condensazioneHotwordStyle=BookDefault; , come vedremo più avanti).

Nel sistema inconscio l'energia è quindi mobile e tende a reinvestire le rappresentazioni legate a esperienze di soddisfacimento. Come abbiamo visto, quando il bambino (e l'adulto in situazioni patologiche) subisce la frustrazione di un bisogno, l'energia psichicaHotwordStyle=BookDefault;  mobilizzata dall'eccitazione tende a reinvestire le tracce mnestiche  il ricordoHotwordStyle=BookDefault;   dell'oggetto che precedentemente aveva soddisfatto il bisogno. L'oggetto viene allora ricercato percettivamente come se fosse reale, inducendo il soddisfacimento allucinatorio del bisognoHotwordStyle=BookDefault; . Il bambino che si succhia il pollice quando ha fame è un esempio di appagamento del bisogno mediante l'allucinazione del seno.

Tale mobilità è dovuta al fatto che ciò che regola il funzionamento dell'inconscio è il principio di piacereHotwordStyle=BookDefault; , per cui l'energia pulsionale, in quanto libera, può spostarsi da una rappresentazione all'altra, cercando il punto di minor resistenza per raggiungere il soddisfacimento. I contenuti inconsci, caricati di energia pulsionale, cercano di emergere alla coscienza, perché questa è la sola via attraverso la quale possono essere compiute le azioni necessarie al soddisfacimento dei bisogni pulsionali.

Tuttavia, i contenuti inconsci non possono accedere alla coscienza, in quanto non verrebbero tollerati, poiché sono costituiti da pulsioni e desideri inaccettabili. Esiste uno sbarramento selettivo, che prende il nome di censuraHotwordStyle=BookDefault; : una sorta di guardiano, che ha il compito di impedire ai contenuti inconsci di raggiungere la coscienza a meno che non siano stati debitamente deformati sino a essere irriconoscibili. Due esempi di come contenuti inconsci possono essere resi irriconoscibili sono il sognoHotwordStyle=BookDefault;  e i sintomiHotwordStyle=BookDefault; ; possiamo dire che sono delle formazioni di compromessoHotwordStyle=BookDefault;  fra i desideri inconsci e quelle forze che si oppongono all'esaudimento dei desideri stessi.

Con il termine «formazione di compromesso» Freud intende la soluzione di un conflitto tra due esigenze contrastanti, che porta a un parziale soddisfacimento di entrambe. Quando vi è «un antagonismo tra due tendenze, una inconscia, solitamente rimossa, che tende al soddisfacimento  appagamento di un desiderioHotwordStyle=BookDefault;   e una appartenente con ogni probabilità all'Io cosciente, rifiutante e rimovente, il risultato di questo conflitto è il formarsi di un compromesso  come lo sono il sogno e il sintomoHotwordStyle=BookDefault;   in cui entrambe le tendenze trovano espressione, sia pure incompleta» (Due voci di enciclopedia, 1922a, p. 445).

 

SISTEMA  INCONSCIO

Il sistema inconscio appare così essere la sede del proibito, del vietato, e i suoi contenuti lottano continuamente per raggiungere il soddisfacimento, attraverso il comportamento o il pensiero. Questa lotta innesca un conflitto intrapsichico che può dare origine ad ansiaHotwordStyle=BookDefault;  o sensi di colpa. Quando la repressioneHotwordStyle=BookDefault;  non è efficace, possono nascere sintomi nevrotici.

I contenuti dell'inconscio sono essenzialmente costituiti da un nucleo primitivo popolato dalle fantasieHotwordStyle=BookDefault;  originarie, cioè dalle formazioni psichiche profonde, depositate filogeneticamente: una sorta di eredità di esperienze dell'umanità che supplisce all'insufficienza di esperienze personali dell'individuo e fa parte del patrimonio genetico. Le rappresentazioni inconsce sono organizzate in fantasie, a cui si fissa la pulsioneHotwordStyle=BookDefault; , e che possiamo immaginare come vere messe in scena del desiderio. Freud ritiene che la possibilità di parlare di fantasie originarie sia limitata a pochi temi  il rapporto fra i genitoriHotwordStyle=BookDefault; , la seduzione, la castrazione  e che esista indipendentemente dalla rimozioneHotwordStyle=BookDefault;  (dal fatto, cioè, che siano stati respinti dalla coscienza). Queste fantasie sarebbero prodotti depositati nella psiche umana geneticamente e senza alcun rapporto con l'esperienza: di qui la loro universalità.

Accanto a questi pochi contenuti, presenti sin dall'inizio, nell'inconscio si ritrovano tutti quei prodotti che sono stati respinti dalla coscienza perché divenuti, per ragioni diverse, intollerabili. Sono forze che si costituiscono progressivamente durante la vita dell'individuo, e particolarmente durante la prima infanzia. Si formano sotto la pressione dell'educazione, e quindi dei genitori e dell'ambiente in cui il bambino vive; coscienti prima, spesso si trasformano a poco a poco in forze inconsce. La loro funzione è di opporsi alle pulsioni  cioè al principio di piacere  e di rappresentare le esigenze della realtà, quindi del mondo esterno.

Le caratteristiche dei contenuti inconsci sono le seguenti:

  1. a) si regolano in base al puro principio di piacere;
  2. b) non tengono conto della realtà;
  3. c) godono dell'assenza del principio di non-contraddizione (per cui possono coesistere contenuti di significato opposto);
  4. d) sono soggetti all'assenza di negazioneHotwordStyle=BookDefault; , di dubbioHotwordStyle=BookDefault; , di gradualità;
  5. e) non conoscono sfumature, essendo «impregnati di pulsioni allo stato puro»: vi è amore o odio, non una via di mezzo; non vi è il dubbio, quindi l'alternativa è «essere o non essere»;
  6. f) la negazione non esiste, esiste l'assenza.

Le idee inconsce sono il progetto, l'idea fondamentale che è la base perché si possa produrre un atto esterno: se potrà esprimersi liberamente, il progetto darà luogo all'azione.

 

IL SISTEMA  PRECONSCIO

Il preconscio È un sistema dell'apparato psichico nettamente distinto dall'inconscio e da esso separato dalla barriera della censura, che non consente ai contenuti dell'inconscio di passare nel preconscio senza subire una trasformazione. I contenuti del preconscio sono in parte derivati dai contenuti inconsci, in parte sono contenuti che, prima coscienti, vengono temporaneamente espulsi dalla coscienza, ma possono esservi richiamati in qualsiasi momento.

Esiste, fra preconscio e coscienza, una barriera che tuttavia è permeabile e si differenzia dalla censura in quanto, più che deformare, seleziona, e ha essenzialmente la funzione di evitare l'ingresso nella coscienza di contenuti perturbanti, favorendo così l'esercizio dell'attenzione. Il pensiero preconscio diventa conscio attraverso la formazione di immagini mentali quali i pensieri intenzionali, orientati verso la soluzione di problemi, i pensieri fantastici, i sogni a occhi apertiHotwordStyle=BookDefault; , le immagini oniriche e il collegamento con il linguaggio, in quanto i contenuti preconsci sono rappresentazioni di parole.

Evolutivamente, il preconscio si differenzia dal sistema inconscio quando il soggetto acquisisce il linguaggio, cioè quando raggiunge la capacità di rievocare le tracce mnestiche, di organizzarle, di attribuire loro termini, cioè nomi, che le sintetizzano.

Gli stimoli esterni o interni vengono registrati dall'apparato psichico; tale registrazione non può avvenire nella coscienza, che sarebbe invasa da ricordi tutti contemporaneamente presenti. La registrazione avviene invece nel preconscio e, con uno sforzo attentivo, le tracce degli stimoli, dette tracce mnestiche, possono risalire alla coscienza. La costante ripetizione di queste esperienze porta a poco a poco all'organizzazione delle immagini mentali.

 

IL  SISTEMA  CONSCIO ( COSCIENZA)

La coscienza È il terzo sistema psichico del modello topografico ed è detto anche sistema percezione-coscienza.

Dal punto di vista topicoHotwordStyle=BookDefault; , tale sistema è situato alla periferia dell'apparato psichico, e riceve le informazioni dal mondo esterno e dal mondo interno: cioè da un lato percepisce gli stimoli dell'apparato percettivo, dall'altro rievoca i ricordi e le sensazioni di piacere-dispiacere.

Dal punto di vista funzionale, il sistema percezione-coscienza si contrappone al preconscio e all'inconscio, in quanto su di esso non viene registrata alcuna traccia durevole degli eccitamenti, cosa che accade invece nei sistemi inconscio e preconscio.

Dal punto di vista economicoHotwordStyle=BookDefault; , la coscienza è caratterizzata dalla disponibilità di una certa quantità di energia mobile, che consente di investire in modo particolare questo o quel contenuto attraverso il meccanismo dell'attenzione. L'attenzione consiste nel dirigere una certa quantità di energia pulsionale su un contenuto, che in tal modo viene intensamente investito e assume una posizione privilegiata rispetto ad altri contenuti.

Il passaggio di contenuti dal sistema preconscio a quello conscio è possibile attraverso un forte investimentoHotwordStyle=BookDefault; , che consente ai contenuti preconsci di superare la debole barriera della censura che separa l'inconscio dal conscio e ha la specifica funzione di impedire l'affollarsi confusivo e paralizzante di contenuti all'interno della coscienza.

 

La coscienza dipende ed è influenzata dalla situazione attuale e dalla storia passata dell'individuo, e include anche fattori quali: motivazione, affetto, memoria e conoscenza. I fenomeni che possono diventare coscienti variano quindi da persona a persona e da un momento all'altro. La coscienza rappresenta un più alto livello di organizzazione mentale soggetto alle stimolazioni provenienti dagli eventi registrati a livello di sistema nervoso centrale. Il sistema conscio comprende la consapevolezza e l'integrazione di percezioni esterne e di sensazioni interne, osservazioni sui propri desideri, memorie, fantasie, processi del pensiero.

 

 

La teoria psicoanaliticaHotwordStyle=BookDefault;  ha delineato un quadro dinamico delle attività psichiche e si è preoccupata di raggruppare i processi e i contenuti mentali da un punto di vista funzionale; ha cercato di comprendere le finalità cui essi tendono e come interagiscono fra loro, concorrendo allo sviluppo dell'individuo attraverso conflittiHotwordStyle=BookDefault;  ed equilibri.

La prima proposta descrittiva dell'apparato psichico la possiamo trovare nell'ultimo capitolo dell'Interpretazione dei sogni (1899), dove la mente viene descritta da Freud come uno strumento ottico complesso, fatto di molti elementi disposti in sequenza. Le componenti psichiche sono viste come funzionalmente collegate le une alle altre. Un'estremità dell'apparato reagisce agli stimoli sensoriali, e all'altra estremità vi è la coscienzaHotwordStyle=BookDefault; ; le varie parti intermedie  la memoria, le associazioni  sono collegate fra loro da un'energia che si propaga dall'una all'altra.

In questo primo modello le divisioni sono funzionali; vi è già l'idea dell'esistenza di tre strutture topograficamente vicine ai sistemi della memoria e delle associazioni.

 

SECONDA  TOPICA

 

Il modello topografico offre una visione della mente in cui i processi psichici vengono distinti in ragione delle modalità di funzionamento. Nella seconda topica, detta anche ipotesi strutturale, il funzionamento psichico è il risultato di un gioco di forze contrapposte: da una parte i desideri pulsionali, dall'altra la consapevolezza delle esigenze della realtà e delle regole morali. Freud raggruppa i contenuti e i processi mentali, funzionalmente collegati fra loro, e distingue le strutture mentali in base alle differenze funzionali. Si delineano così tre strutture, dette anche istanze: l'EsHotwordStyle=BookDefault; , l'Io HotwordStyle=BookDefault; e il Super-ioHotwordStyle=BookDefault; .

 

L’ES

L'Es L'Es costituisce la parte pulsionale della personalità. I suoi contenuti, i rappresentanti psichici delle pulsioni, sono inconsci, per una parte ereditari e innati, per un'altra acquisiti, in quanto respinti dalla coscienzaHotwordStyle=BookDefault;  come intollerabili. Come scrive Freud, l'Es contiene «tutto ciò che è ereditato, presente sin dalla nascitaHotwordStyle=BookDefault; , stabilito per costituzione, innanzitutto dunque le pulsioni che traggono origine dall'organizzazione corporea e che trovano qui, in forme che non conosciamo, una prima espressione psichica» (Compendio di psicoanalisi, 1938, p. 573). Ai contenuti originari si aggiungono, nel corso dell'esistenza, i contenuti psichici rimossi.

L'Es può essere considerato quindi, dal punto di vista economicoHotwordStyle=BookDefault; , il serbatoio dell'energia pulsionale, di tutti gli investimenti pulsionali che esigono soddisfacimento. I suoi contenuti, in quanto inconsci, sono disorganizzati, hanno le caratteristiche della contraddittorietà e dell'acronicità, e funzionano secondo il principio di piacereHotwordStyle=BookDefault;  (e con il processo primarioHotwordStyle=BookDefault; , come vedremo).

L'Es è la parte costitutiva originaria della psiche. All'inizio, tutta la psiche è Es; poi, attraverso il processo evolutivo, si differenziano le altre istanze, prima l'Io e poi il Super-io; e entrambi si porranno in una situazione conflittuale con l'Es.

L'Es non si differenzia molto dall'inconscio. Gli si attribuiscono gli stessi caratteri e molte delle stesse funzioni. Secondo Freud l'Es è alimentato da un'energia propria, la libidoHotwordStyle=BookDefault; , di natura essenzialmente sessuale.

In sintesi, l'Es:

  1. a) è il serbatoio dell'energia pulsionale;
  2. b) contiene i rappresentanti psichici delle pulsioni, del tutto disorganizzati e completamente inconsci;
  3. c) tali contenuti sono in parte ereditari, e in parte elementi psichici allontanati dalla coscienza in quanto ritenuti inaccettabili (contenuti rimossi);
  4. d) funziona secondo il principio di piacere;
  5. e) è la parte originaria e costitutiva, dalla quale si evolvono le altre istanze.

 

L’IO

L'Io L'Io è l'istanza psichica che si va differenziando dall'Es, e alla quale competono i rapporti con la realtà esterna. Il suo compito, tuttavia, è più complesso perché deve cercare di soddisfare il più possibile le richieste di gratificazione provenienti dall'Es, ma al contempo mantenere buoni rapporti con il mondo esterno e con il Super-io.

La struttura dell'Io si basa su fattori costituzionali geneticamente determinati, ma comincia a organizzarsi solo alla nascita, a partire dal primo contatto con il mondo esterno, attraverso una serie di identificazioni che portano l'individuo alla formazione, all'interno della struttura psichica, di un oggetto d'amore investito di energia pulsionale. A poco a poco il bambino dovrà imparare a sviluppare la capacità di mantenere relazioni stabili con gli oggetti, indipendentemente dai bisogni pulsionali. I primi contatti dell'Io del bambino con l'ambiente sono legati alla maturazione di alcune funzioni  quali il controllo motorio e la percezione sensoriale  nonché alla memorizzazione delle esperienze con sé stesso e con il proprio corpo, e delle sensazioni piacevoli o spiacevoli a queste collegate.

Un altro aspetto importantissimo per la strutturazione dell'Io sono i primi rapporti con le persone che si prendono cura del neonato. A esse viene affidata la mediazione con l'ambiente, cioè la qualità del rapporto che il piccolo stabilirà con la realtà esterna. Queste persone saranno oggetto privilegiato di identificazioneHotwordStyle=BookDefault;  e costituiranno i primi fondamentali oggetti d'amore interiorizzati.

Dal punto di vista topicoHotwordStyle=BookDefault; , l'Io è in relazione di dipendenza nei confronti sia delle rivendicazioni dell'Es, sia degli imperativi del Super-io, sia delle esigenze della realtà; l'Io si pone perciò come mediatore tra le esigenze pulsionali, i precetti morali e la realtà esterna.

Dal punto di vista dinamicoHotwordStyle=BookDefault; , l'Io è essenzialmente impegnato a fronteggiare e a difendersi dalle richieste dell'Es e a compiere l'esame di realtà, distinguendo i messaggi provenienti dalla realtà esterna da quelli prodotti dai processi interni. Per assolvere ai suoi compiti, l'Io deve mettere in moto alcune strategie che prendono il nome di meccanismi di difesaHotwordStyle=BookDefault;  (vedremo più avanti in che cosa consistono), per impedire che le esigenze pulsionali vengano soddisfatte senza tener conto dei dati di realtà e dei divieti morali. Inoltre, deve inibire i processi primari, affinché l'allucinazione non prenda il posto dell'oggetto reale: l'Io funziona pertanto secondo il principio di realtàHotwordStyle=BookDefault; .

L'Es, come si è visto, è completamente ed essenzialmente inconscio, mentre l'Io è la sede della coscienza, e le funzioni consce gli appartengono. Tuttavia, parte dell'Io è inconscia, ed è questa la parte che, come vedremo meglio, agisce le difese nei confronti delle esigenze pulsionali dell'Es, costituendo quella censuraHotwordStyle=BookDefault;  fra inconscioHotwordStyle=BookDefault;  e preconscioHotwordStyle=BookDefault;  di cui abbiamo parlato. Freud cerca di chiarire, nel corso degli anni successivi alla formulazione della seconda topica, i rapporti esistenti tra il modello topografico e quello strutturale; in particolare, grazie ad alcune rappresentazioni grafiche, si propone di esplicitare quali parti di ogni istanza appartengano al conscioHotwordStyle=BookDefault; , al preconscio e all'inconscio. Per quanto riguarda l'Io, se appare chiaro che parte di esso è conscia e che una certa porzione è invece inconscia, non sembrano esistere riferimenti espliciti a una sua appartenenza anche al sistema preconscio; tuttavia, nella ridefinizione dell'Io della seconda topica, sebbene il sistema preconscio non sia confuso con l'Io che è in parte inconscio, esso è naturalmente incluso nell'Io. Da ciò può dipendere una certa difficoltà di rappresentazione e di coordinamento delle due topiche, riconosciuta peraltro esplicitamente anche da Freud nel 1932 (Introduzione alla psicoanalisi, nuova serie di lezioni, pp. 188-90).

Si è accennato che l'Io si costituisce per differenziazione dall'Es. Due modalità evolutive concorrono a questa differenziazione. La prima consiste nel fatto che la struttura psichica arcaica, per quanto scarsamente differenziata, possiede tuttavia un apparato percettivo in grado di stabilire un rapporto, anche se poco organizzato, con la realtà esterna. Tale apparato costituisce una sorta di nucleo primitivo intorno al quale gradualmente si differenzia l'Io, come istanza organizzatrice della relazione con il mondo esterno, tesa a rendere compatibili le esigenze pulsionali e quelle dell'ambiente, e a sostituire quindi il principio di realtà al principio di piacere. La seconda modalità genetica dell'Io consiste invece nel fatto che la sua struttura si organizza attraverso una serie di processi di identificazione, che ne fanno l'oggetto di investimenti narcisistici: l'Io si costituirebbe allora come una sommatoria di tratti, di immagini e di forme, mutuati dalle persone con le quali il bambino entra in rapporto (4).

In sintesi, le funzioni dell'Io possono essere così individuate:

  1. a) capacità di raccogliere le informazioni dell'ambiente interno e di quello esterno;
  2. b) controllo della scaricaHotwordStyle=BookDefault; dell'eccitamento pulsionale attraverso la motilità;
  3. c) elaborazione del pensiero e trasformazione in azioni concrete;
  4. d) capacità di formare concettiHotwordStyle=BookDefault; generali astratti, riconoscendo le somiglianze in presenza di differenze apparenti, e le differenze in presenza di somiglianze apparenti;
  5. e) capacità di organizzare l'esperienza integrando gli apprendimenti e correggendo gli errori;
  6. f) capacità di rappresentarsi i concetti, cioè le rappresentazioni verbali, che danno origine al linguaggio;
  7. g) capacità di differire il soddisfacimento immediato dei bisogni, che consente di cercare la risposta più idonea;
  8. h) capacità di sopportare la frustrazione, tenendo a freno le esigenze pulsionali.

 

IL  SUPER - IO

Il Super-io Il Super-io è quel complesso di funzioni, miranti a contrastare la scarica pulsionale in virtù di un sistema di norme morali e sociali, che possiamo definire «coscienza morale». Questa istanza si contrappone all'Io, «lo giudica criticamente», esercita funzioni prevalentemente di censura, esercita l'autosservazione e propone elevati modelli ideali, controlla e modifica le tendenze antisociali provenienti dall'Es per adeguarle alle richieste dell'ambiente. Consente la sostituzione dei divieti esterni con un sistema di norme interne, che dipendono, oltre che dalle norme educative interiorizzate, anche dall'intensità degli impulsi dell'Es. Pertanto il Super-io sarà tanto più severo e punitivo quanto più intense e temibili sono le spinte pulsionali che il bambino avverte.

Nella sua forma matura, il Super-io si costituisce, come vedremo, con il tramonto del complesso edipicoHotwordStyle=BookDefault; : il superamento di tale complesso consiste nella rinuncia al soddisfacimento dei desideri nei confronti dei genitoriHotwordStyle=BookDefault;  e nella contemporanea trasformazione degli investimenti pulsionali «sui genitori» in identificazione «con i genitori». Tale identificazione consente al soggetto di interiorizzare i divieti e i modelli, e le successive esperienze di rapporto con figure che rappresentano l'autorità arricchiranno ulteriormente il Super-io. L'educazione, la religione, la moralità si integreranno tanto più nell'istanza del Super-io, quanto più la persona riuscirà a sentire come propri i vari precetti e ideali, che diverranno così parte della personalità e non saranno più vissuti come esterni. Le identificazioni che vanno a costituire il Super-io devono essere intese come identificazioni non con le persone nella loro globalità, bensì con quei tratti della personalità dei genitori che si pongono come proibizioni e come ideali da imitare.

Il Super-io è dunque una struttura della mente che si organizza progressivamente durante l'infanzia; non è né innato, né ereditario. Comprende le regole, i princìpi, le proibizioni, i tabù, gli ideali imposti dal mondo esterno e le norme sociali interiorizzate.

Per capire come si struttura il Super-io, dobbiamo considerare il rapporto che il bambino ha con i genitori. Da un lato essi sono la fonte principale di sanzioni, di minacce e di autorità, dall'altro offrono al bambino la sicurezza e si propongono come modello perfetto e onnipotente in grado di soddisfare le esigenze pulsionali. Per questo il Super-io è all'origine della sicurezza e quindi anche dell'insicurezza dell'individuo, che si tradurrà in sentimenti di colpa e di inferiorità, e costituisce un sistema difensivo che funziona all'insaputa del soggetto e ha lo scopo di impedire il soddisfacimento incontrollato, e quindi potenzialmente pericoloso, degli impulsi.

Non dobbiamo dimenticare che il bambino ha riposto nelle figure genitoriali la propria onnipotenza, nel tentativo di preservarla dalle delusioni che la realtà gli ha fatto subire. Ora, con l'identificazione con i genitori, può riportare in sé quella quantità di energia pulsionale che aveva investito sugli oggetti genitoriali, rafforzando il proprio narcisismoHotwordStyle=BookDefault;  e, contemporaneamente, integrando nella propria struttura psichica tali oggetti che, attraverso l'identificazione, vengono interiorizzati. Ma tali oggetti genitoriali, proprio in quanto rappresentanti di divieti e di modelli, portano con sé, nell'interiorizzazione, le proibizioni e gli ideali da imitare, i quali vengono a costituirsi come l'interna voce della coscienza.

Sappiamo peraltro che ogni investimentoHotwordStyle=BookDefault;  pulsionale è frutto di un impasto fra le due pulsioni, libidica e aggressiva: anche i genitori, come oggetti investiti, sono destinatari di entrambe le polarità. Quando si opera l'introiezioneHotwordStyle=BookDefault;  delle figure parentali, sia l'aggressività che l'amore vengono interiorizzati. Il Super-io si sdoppia in un'istanza aggressiva-vietante e un'istanza libidico-narcisistica. Questo secondo aspetto del Super-io, che viene più propriamente inteso come ideale dell'IoHotwordStyle=BookDefault; , è quello a cui il soggetto cerca di conformarsi. L'esistenza di tali sentimenti, che spesso operano a livello inconscio, dimostra assai bene il rapporto duplice dell'Io con il Super-io: nel confronto con il Super-io vietante, l'Io si sente giudicato e, spesso, condannato, e questo genera il senso di colpaHotwordStyle=BookDefault; ; nel rapporto con il Super-io quale ideale dell'Io, l'Io si sente lontano dalla perfezione del modello e, sperimentando vergogna o sentimenti di inadeguatezza, sviluppa il senso di inferiorità.

Freud ha coniato anche il termine «Io ideale» (Introduzione al narcisismo, 1914a; L'Io e l'Es, 1922b); tuttavia nei suoi lavori non troviamo una distinzione concettuale tra «Io ideale» e «ideale dell'Io». Autori successivi hanno invece precisato tale distinzione (vedi Nunberg, 1932; Lagache, 1958). L'Io ideale sarebbe una formazione molto arcaica, basata sulle identificazioni primarie con le figure genitoriali idealizzate del periodo del narcisismo primarioHotwordStyle=BookDefault; . Sulla base dell'Io ideale si andrà strutturando il Super-io.

È importante sottolineare che, se teniamo conto del processo di formazione del Super-io, emerge che la sua severità o la sua permissività non sono direttamente correlate al reale atteggiamento educativo dei genitori: severità o permissività, rigidità o elasticità del Super-io sono piuttosto il risultato della quantità e qualità di energia pulsionale, libidica o aggressiva, utilizzata nell'investimento sulle figure genitoriali e successivamente introiettata attraverso l'identificazione con tali figure. Se così non fosse, non si comprenderebbe come genitori severi, che hanno impartito un'educazione rigida e rigorosa, abbiano talvolta figli di moralità molto elastica e viceversa. In realtà, rigidità o flessibilità del Super-io dipendono non dall'educazione (che è invece responsabile dei contenuti del Super-io, cioè delle regole di comportamento che vengono trasmesse da una generazione all'altra attraverso l'educazione), bensì dall'aggressività più o meno intensa che ha caratterizzato l'investimento delle figure genitoriali. È evidente che tanto più queste sono state vissute come aggressive, tanto più sono state investite aggressivamente, e quindi introiettate come sadiche, dando origine a un Super-io spietato e rigido.

Il Super-io, come modalità di funzionamento, si pone in rapporto sia con l'Es che con l'Io. Con il primo ha una relazione positiva, in quanto l'Es è il serbatoio delle pulsioni, e il Super-io è costituito come risultato dell'identificazione con le figure genitoriali amate; più precisamente, in quanto ideale dell'Io, il Super-io è alleato dell'Es nel raggiungere il modello da imitare, ma si troverà in contrasto quando, come istanza vietante, dovrà opporsi all'esaudimento dei desideri pulsionali contrastanti con i precetti che lo costituiscono.

Il mediatore dei contrasti fra Es e Super-io è, come già abbiamo accennato, l'Io, che quindi da un lato viene pressato dall'Es (cioè dalla spintaHotwordStyle=BookDefault;  pulsionale), dall'altro dal Super-io vietante, e infine dalla realtà, di cui pure deve tenere conto quale fonte di limiti e di pericoli.

Una debolezza dell'Io può comportare perciò due differenti conseguenze: la perdita del corretto esame di realtà se prevale l'Es, che funziona con il processo primario; il predominio di sensi di colpa distruttivi se prevale il Super-io; oppure il verificarsi di entrambe queste situazioni.

In sintesi:

  1. a) il Super-io contrasta la caricaHotwordStyle=BookDefault; pulsionale (Es) attraverso un sistema di norme sociali e morali;
  2. b) consente di sostituire i divieti esterni con un sistema di norme interne;
  3. c) i suoi contenuti hanno origine con il superamento del complesso edipico e con l'educazione;
  4. d) il suo livello di rigidità o flessibilità dipende dall'aggressività dell'investimento sulle figure genitoriali;
  5. e) si contrappone all'Io e lo giudica criticamente;
  6. f) il suo rapporto con l'Io è all'origine della sicurezza, dell'insicurezza, dei sensi di colpa e di inferiorità.

 

 

IL  CONFLITTO

 

Ancora agli inizi del xx secolo era diffusa negli ambienti scientifici la teoria che i disturbi psichici, e in specie le nevrosiHotwordStyle=BookDefault; , fossero il risultato di una «degenerazione ereditaria»; è stato uno dei maggiori contributi della psicoanalisiHotwordStyle=BookDefault;  alla comprensione della vita psichica, e dei processi psicopatologici in particolare, l'avere scoperto l'esistenza di forze psichiche che possono entrare in conflitto fra di loro.

 

Il conflitto

 

Parliamo di conflitto, o più precisamente di conflitto interno, quando nel soggetto si contrappongono esigenze interne contrastanti che scatenano una lotta tra o nelle strutture mentali all'interno della personalità. Il conflitto, tuttavia, può anche essere:

  1. a) esterno, quando si verifica tra l'individuo e aspetti dell'ambiente in cui vive;
  2. b) manifesto, quando il contrasto esiste a livello di coscienzaHotwordStyle=BookDefault; , per esempio fra un desiderioHotwordStyle=BookDefault; e un precetto morale che ne vieta il soddisfacimento, o fra due sentimenti contrastanti;
  3. c) latente, quando ha luogo sotto il livello della coscienza, e può allora esprimersi in un conflitto manifesto in modo deformato, o concretizzarsi in un sintomoHotwordStyle=BookDefault; . Nei suoi primi scritti Freud affermò che il conflitto avveniva tra i desideri inconsciHotwordStyle=BookDefault; e le norme morali consce, ma successivamente scoprì che il conflitto poteva essere totalmente inconscioHotwordStyle=BookDefault; e, per poter spiegare ciò, formulò il suo modello strutturale tripartito. Il conflitto latente esiste dunque, in termini topici, tra l'EsHotwordStyle=BookDefault;  e l'IoHotwordStyle=BookDefault; , cioè tra rappresentazioni pulsionali che premono per trovare soddisfacimento attraverso l'accesso alla coscienza, e l'attività della censuraHotwordStyle=BookDefault; , gestita dall'Io sotto la pressione del Super-ioHotwordStyle=BookDefault;  o delle esigenze della realtà, che ostacola o impedisce tale accesso.

L'opposizione, il conflitto fra Es e Io è una costante della vita psichica, pur senza che necessariamente sia in atto una condizione patologica. Dobbiamo valutare non solo l'aspetto dinamico, ma anche quello economico, cioè l'intensità delle cariche pulsionali, la quantità di energia impiegata nella situazione conflittuale. Il passaggio da una situazione conflittuale a un conflitto vero e proprio, e quindi alla produzione di sintomiHotwordStyle=BookDefault; , si ha quando la rappresentazione pulsionale intollerabile assume maggiore intensità ed esercita una pressione più forte, eccessiva, contro la barriera della censura, oppure quando l'Io si presenta indebolito, fragile, non in grado di fronteggiare la pressione stessa.

Il conflitto può essere intersistemico o intrasistemico a seconda che si riferisca allo scontro fra desideri e forze che hanno origine in sistemi psichici separati (l'Es e l'Io; l'Io e il Super-io) o all'interno della stessa struttura psichica (nell'Es tra pulsioni; nell'Io tra scelte alternative; nel Super-io tra ideali incompatibili).

 

ANGOSCIA (nota percorso di Freud)

 

È opportuno, innanzitutto, differenziare l'ansia, l'angosciaHotwordStyle=BookDefault;  e la paura. Si ritiene che l'ansia sia un malessere più generale, meno definito, un'angoscia non particolarmente intensa, mentre l'angoscia sarebbe un'ansia spintaHotwordStyle=BookDefault;  a un grado più elevato. La letteratura psicoanalitica non è particolarmente chiara in proposito. La paura invece si differenzia dalle prime due, in quanto l'oggetto è noto e identificabile.

L'angoscia è una reazione emotiva spiacevole di fronte a una situazione traumatizzante o all'attesa di un pericolo che proviene da oggetti o situazioni indefinibili, e che provoca frustrazione e insicurezza. È spesso accompagnata da fenomeni fisiologici come tensione, rossori, pallori, palpitazioni cardiache, disturbi respiratori, digestivi e così via, che inducono a diagnosticare problemi organici, anche perché possono essere colpiti tutti gli organi. Sappiamo invece che è un fenomeno psicologico che provoca disturbi organici.

L'angoscia è provocata da uno shock o da un trauma fisico o psicologico; nasce da minacce contro l'integrità fisica, ma anche da turbamenti psicologici. L'angoscia è quindi una reazione dell'Io a un insieme di eccitazioni interne ed esterne, da una parte per impedire che la situazione diventi traumatizzante, dall'altra per organizzare le misure difensive. Alla base dell'angoscia c'è un sentimento di pericolo, di insicurezza che, non dobbiamo dimenticare, spesso è del tutto soggettivo e legato all'emozione che l'individuo sta vivendo in quel momento.

Si possono distinguere due tipi di angoscia: «Nella prima teorizzazione freudiana l'angoscia è considerata il risultato di un processo interamente biologico in cui qualsiasi interferenza nella scaricaHotwordStyle=BookDefault;  della tensione libidico-sessuale causa un accumulo di eccitamento che trova sfogo sotto forma di angoscia (5). Nella seconda teorizzazione, successiva a quella del modello strutturale delle funzioni psichiche, Freud considera l'angoscia come una risposta dell'individuo a una situazione di pericolo o traumatica, sostenendo che la libidoHotwordStyle=BookDefault;  non si trasforma in angoscia, ma che questa nasce ed è esperita dall'IoHotwordStyle=BookDefault; , il quale può provare angoscia in relazione al mondo esterno (angoscia del realeHotwordStyle=BookDefault; ), in relazione all'EsHotwordStyle=BookDefault;  e agli impulsi libidici avvertiti come pericolo interno (angoscia nevroticaHotwordStyle=BookDefault; ) e in relazione al Super-ioHotwordStyle=BookDefault;  (angoscia morale.HotwordStyle=BookDefault;

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Abbiamo visto che quando un rappresentante pulsionale intensamente caricato di energia aggredisce la barriera della censuraHotwordStyle=BookDefault;  che separa l'inconscio dal preconscioHotwordStyle=BookDefault; , l'Io (nella sua parte inconscia) appresta delle opportune difese per fronteggiare il pericolo dell'emergere nel preconscio  e da questo nel conscioHotwordStyle=BookDefault;   del rappresentante pulsionale intollerabile. Ma prima ancora di far fronte al rischio di essere sopraffatto dall'Es, l'Io sperimenta un segnale di angoscia, il quale riproduce in forma attenuata la reazione vissuta originariamente in una situazione traumatica. Il bambino piccolo, davanti a un eccesso di stimolazioni troppo intense, sperimenta l'incapacità a dominarle: l'eccitazione diviene allora traumatica, e la reazione psichica di fronte a essa è quella dell'angoscia. Nello stesso modo l'Io, a fronte dell'eccesso di energia pulsionale che proviene dall'Es e che costituisce una minaccia all'integrità dell'Io stesso, ripete la reazione di angoscia, che costituisce qui un segnale di allarme a contenuto spiacevole.

L'Io inconscio, però, funziona secondo il principio di piacereHotwordStyle=BookDefault; , e quindi di fronte a una condizione di dispiacereHotwordStyle=BookDefault;  tende a eliminarla immediatamente. L'eliminazione del segnale d'angoscia comporta la messa in atto di idonei dispositivi per fronteggiare efficacemente l'Es divenuto invadente e minaccioso. Tali dispositivi, agiti dalla parte inconscia dell'Io, sono i meccanismi di difesaHotwordStyle=BookDefault; .

 

I  MECCANISMI  DI  DIFESA

 

I meccanismi di difesaHotwordStyle=BookDefault;  sono processi volti a preservare l'equilibrio e l'integrità dell'apparato psichico, a proteggere cioè l'individuo dalle richieste istintuali dell'EsHotwordStyle=BookDefault;  o da esperienze pulsionali troppo intense, sentite come pericolose. Si vanno organizzando durante lo sviluppo, quando si presenta una situazione di pericolo interno o esterno che induce l'individuo a utilizzare strategie per evitare l'emergere dell'ansia. In particolare, nel primo periodo di vita (fase oraleHotwordStyle=BookDefault; ) prevarranno difese quali la proiezioneHotwordStyle=BookDefault;  e la conversione nell'oppostoHotwordStyle=BookDefault; ; in un secondo momento (fase analeHotwordStyle=BookDefault; ) troveremo in funzione la negazioneHotwordStyle=BookDefault; , l'isolamento e l'annullamento retroattivo; successivamente (fase fallicaHotwordStyle=BookDefault; ) verranno messe in atto la sublimazioneHotwordStyle=BookDefault;  e la rimozioneHotwordStyle=BookDefault; .

Questa classificazione cronologica dei meccanismi di difesa è orientativa, in quanto Freud ne descrive solo alcuni e in modo non sistematico. Il concetto di difesa viene enunciato per la prima volta in Le neuropsicosi da difesa (1894a), dove Freud descrive tre diversi tipi di difesa relativi a tre patologie: la rimozione, caratteristica dell'isteria, la formazione reattivaHotwordStyle=BookDefault;  nei casi di nevrosi ossessivaHotwordStyle=BookDefault;  e l'elusione tipica della fobiaHotwordStyle=BookDefault; .

Successivamente, in Inibizione, sintomoHotwordStyle=BookDefault;  e angosciaHotwordStyle=BookDefault;  (1925) Freud riprende a usare il termine processo di difesa, che aveva in un primo tempo abbandonato a favore di rimozione, termine che è andato assumendo un significato specifico come meccanismo a sé stante. In questo lavoro egli riformula il concetto di angoscia come una funzione particolare dell'IoHotwordStyle=BookDefault; , strettamente correlata agli stimoli provenienti dall'inconscio e dal mondo esterno. L'Io, in tale riformulazione, rappresenta il punto d'incontro del mondo interno con la realtà, e tra i suoi compiti vi è quello di far sì che le esigenze degli istinti si adattino alle leggi e ai princìpi imposti dal mondo esterno. In Inibizione, sintomo e angoscia Freud considera la rimozione come il meccanismo di difesa più efficace e più pericoloso, in quanto richiede, per il suo mantenimento, un costante impiego di energia.

Altri meccanismi di difesa sono descritti da Freud in diverse opere. Anna Freud, in L'Io e i meccanismi di difesa (1936), li raccoglierà in una sintesi coerente e vi aggiungerà nuovi elementi, definendo o ridefinendo la rimozione, la sublimazione, la negazione, la formazione reattiva o trasformazione nel contrario, la limitazione dell'IoHotwordStyle=BookDefault; , l'introiezioneHotwordStyle=BookDefault; , la proiezione, l'identificazione con l'aggressoreHotwordStyle=BookDefault; , la rinuncia altruisticaHotwordStyle=BookDefault; , l'ascetismoHotwordStyle=BookDefault;  e l'intellettualizzazioneHotwordStyle=BookDefault;  (6). La psicoanalisiHotwordStyle=BookDefault;  è nata come una psicologiaHotwordStyle=BookDefault;  dell'inconscio, ma Anna Freud sposterà l'attenzione sull'Io. L'Io e i meccanismi di difesa è infatti uno dei più importanti contributi della psicoanalisi post-freudiana e, a detta dell'autrice stessa, «si occupa dei modi e dei mezzi con i quali l'Io respinge il dispiacereHotwordStyle=BookDefault;  e l'angoscia, ed esercita un controllo sul comportamento impulsivo, sugli affetti e sui moti pulsionali». I meccanismi di difesa sono messi in moto dai tre tipi di angoscia che colpiscono l'Io: di fronte ai precetti morali, alla realtà, alle pulsioni. In generale, il conflitto è endopsichico ed è costituito da un eccesso di angoscia indotta dal Super-ioHotwordStyle=BookDefault; , contro la quale l'Io si difende inibendo i rappresentanti pulsionali e i loro investimenti affettivi (7).

 

ALCUNI TIPI DI  MECCANISMI DI  DIFESA

 

Considereremo ora alcuni fra i principali meccanismi di difesa, non senza aver prima sottolineato che, avendo essi luogo per opera della parte profonda dell'Io contro le esigenze pulsionali dell'Es, non possono che essere, a loro volta, inconsci.

 

La rimozione

 La rimozione è il primo meccanismo scoperto da Freud (La rimozione, 1915c, p. 36). Possiamo definirla come l'operazione con la quale l'Io cerca di respingere o di mantenere nell'inconscio rappresentazioni legate a una pulsioneHotwordStyle=BookDefault; , in quanto il soddisfacimento della pulsione stessa rischierebbe di provocare una situazione di dispiacere. La rimozione opera inconsciamente nell'intento di mantenere fuori dalla consapevolezza desideri, fantasieHotwordStyle=BookDefault;  o sentimenti inaccettabili, aspetti della vita affettiva percepiti come pericolosi. Può escludere dalla consapevolezza ciò che è stato già sperimentato a livello cosciente o può esercitare un controllo su idee e sentimenti affinché non raggiungano la consapevolezza. In tal modo questi contenuti non diventeranno mai consci, se non attraverso il lavoro psicoanalitico.

Dal punto di vista topicoHotwordStyle=BookDefault; , la rimozione si pone come un'operazione difensiva promossa dall'Io inconscioHotwordStyle=BookDefault; ; dal punto di vista economicoHotwordStyle=BookDefault; , suppone un gioco complesso di disinvestimenti, reinvestimenti e controinvestimenti nei confronti di rappresentanti pulsionali; dal punto di vista dinamicoHotwordStyle=BookDefault; , il soddisfacimento pulsionale, come abbiamo visto, può essere in contrasto con altre esigenze dell'Io, esigenze dettate o da differenti rappresentanti pulsionali, o dai precetti e dai modelli del Super-io, o dalla realtà; la prevalenza delle forze in gioco determinerà allora il successo o l'insuccesso della rimozione.

Il meccanismo difensivo della rimozione comporta un controinvestimentoHotwordStyle=BookDefault;  dell'energia pulsionale disponibile, con un dispendio energetico costante, indispensabile per evitare il riemergere del rimosso. Per meglio comprendere questo meccanismo, dobbiamo prima chiarire i concettiHotwordStyle=BookDefault;  di investimentoHotwordStyle=BookDefault; , disinvestimentoHotwordStyle=BookDefault;  e controinvestimento.

Per investimento o caricaHotwordStyle=BookDefault;  si intende l'adesione di una certa quantità di energia pulsionale (libidica o aggressiva) alla rappresentazione di un oggettoHotwordStyle=BookDefault;  interno o esterno, cioè al rappresentante pulsionale di un elemento reale o immaginario. Gli oggetti esterni sono quelli esistenti nella realtà; gli oggetti interni sono le immagini, deformate, degli oggetti reali. Tale deformazioneHotwordStyle=BookDefault;  dipende sia dalla quantità di gratificazione o di frustrazione che viene fornita dagli oggetti stessi, sia dal gioco delle proiezioni: l'aggressività proiettata su un oggetto lo rende cattivo, la libidoHotwordStyle=BookDefault;  lo rende buono (8). Il disinvestimento è, di conseguenza, l'operazione con la quale viene sottratta una carica precedentemente legata a una rappresentazione; questo consente di disporre di una certa quantità di energia libera. Il controinvestimento è il processo mediante il quale l'Io affida ad alcune rappresentazioni, caricate di energia pulsionale, il compito di ostacolare l'accesso alla coscienzaHotwordStyle=BookDefault;  di altre rappresentazioni inconsce. Tali operazioni possono avere luogo a tutti i livelli (inconscio, preconscioHotwordStyle=BookDefault;  e conscioHotwordStyle=BookDefault; ).

La rimozione dunque è un meccanismo abbastanza evoluto, in quanto, avendo origine dalla risoluzione del complesso edipicoHotwordStyle=BookDefault;  e dalla costituzione del Super-io, presuppone la presenza di capacità simbolicheHotwordStyle=BookDefault;  (9). Può verificarsi in qualsiasi momento della vita, e a volte è indispensabile per migliorare la qualità della vita stessa; non implica obbligatoriamente un presupposto patologico, tuttavia è considerata il meccanismo di base delle nevrosi: dal suo fallimento e dalla sua sostituzione parziale con altre difese evolute possono emergere diversi disturbi nevrotici.

Vi sono due tipi di rimozione: la rimozione primaria e quella secondaria.

Per rimozione primaria o originaria si intende un processo arcaico che impedisce l'accesso alla coscienza dei rappresentanti ideativi (pensieri, immagini, ricordi) della pulsione ed è responsabile delle prime formazioni inconsce (accanto a quelle originarie); la rimozione primaria opera nella prima infanzia, nel delicato periodo dei primi sei anni di età. Freud la descrive come prima fase dell'operazione di rimozione, che ha come effetto la formazione di un certo numero di rappresentazioni inconsce o rimosso originario. I nuclei inconsci così costituiti partecipano poi alla rimozione propriamente detta mediante l'attrazione che esercitano sui contenuti da rimuovere, unitamente alla repulsione verso tali contenuti proveniente dalle istanze superiori (Io e Super-io).

La rimozione secondaria è un meccanismo più complesso: è la repulsione da parte dell'Io o del Super-io di rappresentazioni incompatibili con le loro esigenze. Come scrive Freud, «colpisce i derivati psichici della rappresentanza rimossa, oppure quei processi di pensiero che pur avendo una qualsiasi altra origine sono incorsi in una relazione associativa con la rappresentanza rimossa. In forza di tale relazione queste rappresentazioni incorrono nello stesso destino di ciò che è stato originariamente rimosso».

La rimozione secondaria, pertanto, non può aver luogo prima che si sia costituito il preconscio, prima cioè che si sia sviluppata la rappresentazione verbale delle esperienze, il linguaggio, in modo tale che il significato delle parole possa essere espresso nel pensiero. Prima di allora, la sola rimozione che può aver luogo è quella primaria.

La rimozione non agisce sulla pulsione, ma sui suoi rappresentanti ideativi. Il rimosso, in una concezione dinamica, tende a riemergere, e ciò implica un dispendio energetico: ove la rimozione parzialmente fallisca, i contenuti rimossi riaffiorano sotto forma di derivati più innocui e perciò più tollerabili, come ad esempio nel caso dei sintomiHotwordStyle=BookDefault; .

 

La repressioneHotwordStyle=BookDefault;  

La rimozione non dev'essere confusa con la repressione, che è un processo cosciente con il quale l'individuo decide di rinunciare a qualcosa che desidera, di dimenticare qualcosa o di non pensarci più. La repressione agisce a livello della censuraHotwordStyle=BookDefault; , cioè tra conscio e preconscio.

 

La formazione reattiva

La formazione reattiva è un meccanismo inconscio che induce un comportamento cosciente esattamente opposto al desiderioHotwordStyle=BookDefault;  inconscio intollerabile; il controinvestimento, quindi, ha per oggetto un elemento che opera a livello conscio.

La formazione reattiva può manifestarsi in una condotta particolare o costituire un tratto di carattere; in ogni caso, si concretizza in un atteggiamento mentale di senso opposto al desiderio rimosso e costituito in reazione a esso. Fa parte quindi della normale evoluzione dell'individuo e ne influenza il carattere: la ripugnanza, il senso del pudoreHotwordStyle=BookDefault; , gli scrupoli morali sono manifestazioni proprie di questo meccanismo di difesa.

La stessa costituzione del Super-io è in gran parte dovuta alla formazione reattiva. La condotta cosciente del soggetto che attua tale difesa è conforme alle prescrizioni del suo Super-io, che si oppone all'appagamento della pulsione: con la formazione reattiva si stabilisce una sorta di alleanza fra Io e Super-io, concordi nel reprimere il soddisfacimento pulsionale.

La formazione reattiva viene invece considerata sintomatica quando presenta i caratteri della rigidità e della coazioneHotwordStyle=BookDefault; . Ad esempio, nella nevrosi ossessiva le formazioni reattive assumono la forma di vere modificazioni caratteriali dell'Io, sì da costituire dispositivi difensivi in cui scompare l'individualità delle rappresentazioni implicate: per esempio, a un generalizzato amore verso l'umanità intera corrisponderà una forte aggressivitàHotwordStyle=BookDefault;  inconscia verso certe persone; qui il controinvestimento è stabile, permanente, come se la struttura della personalità si fosse modificata per essere sempre pronta a far fronte alla minaccia pulsionale, anche quando questa non è presente. Nella nevrosi isterica, invece, la formazione reattiva non ha un carattere di globalità, ma si limita a relazioni con specifici oggetti: per esempio, la madreHotwordStyle=BookDefault;  isterica che tratta i figli, inconsciamente odiati, con eccessiva tenerezza, non è dolce verso gli altri bambini.

 

Lo spostamento

HotwordStyle=BookDefault;  Lo spostamento è il meccanismo mediante il quale l'energia pulsionale viene trasferita da una rappresentazione all'altra: sentimenti inaccettabili vengono spostati e vanno a investire un oggetto sostitutivo. Il processo avviene nell'inconscio, dove l'energia è libera, e lo spostamento è l'espressione della mobilità delle cariche nel processo primarioHotwordStyle=BookDefault; .

Attraverso lo spostamento, rappresentazioni pulsionali conflittuali, e quindi rimosse, vengono disinvestite a favore di altre tollerabili, perché lontane dal conflitto. La rappresentazione disturbante viene separata dal suo affetto, che viene spostato su un'altra rappresentazione meno disturbante, ma legata alla prima da una catena associativa. Tale catena è costituita da rappresentazioni che hanno fra loro elementi di contiguità riguardanti la fonteHotwordStyle=BookDefault; , la metaHotwordStyle=BookDefault;  o l'oggetto pulsionale. Ad esempio, l'interesse orale può essere spostato dal capezzolo al succhiotto o al pollice: in tal caso sono simili la fonte (pulsione orale), gli oggetti (capezzolo, succhiotto, pollice) e la meta (eliminazione dell'eccitazione orale attraverso il piacereHotwordStyle=BookDefault;  di succhiare).

In altri casi la contiguità può riguardare uno solo degli elementi considerati, e lo spostamento può aver luogo investendo rappresentazioni che differiscono da quelle rimosse e disinvestite per l'oggetto e per la meta. Nella prima ipotesi (diversità di oggetto) lo spostamento è una difesa tipica della fobia (7). L'ansia associata a una fonte inconscia, di fronte al fallimento della rimozione, viene spostata su un sostituto conscio di per sé innocuo; dall'ansia senza oggetto si passa così alla paura per un oggetto o una situazione. Nella seconda ipotesi (diversità di meta) lo spostamento contribuisce a costituire un differente meccanismo di difesa, la sublimazione.

Lo spostamento, infine, è uno dei meccanismi fondamentali della deformazione onirica, che agisce sostituendo una figura emotivamente significativa con una neutra.

 

L'idealizzazione

 Per idealizzazioneHotwordStyle=BookDefault;  si intende un meccanismo di difesa mediante il quale l'Io investe gli oggetti esterni o il Sé in maniera totalmente e indiscutibilmente positiva. Tali oggetti vengono appunto «idealizzati», con lo scopo di proteggere l'Io da un'aggressività del mondo esterno che il soggetto sente come distruttiva. Inoltre, grazie a questo meccanismo l'individuo può alimentare il proprio soddisfacimento allucinatorio per mezzo di immagini irrealistiche, autentici «sogni a occhi aperti» rivolti prevalentemente a una finalità narcisistica, più che guidati da un reale interesse per l'oggetto.

Quest'ultimo aspetto è particolarmente importante, in quanto ci permette di individuare, nell'idealizzazione, un destinatario privilegiato nell'Io, secondo la logica di un investimento narcisistico. Pertanto, questo meccanismo di difesa non amplia le vedute del soggetto sul mondo, bensì tende a mascherare il mondo stesso secondo le aspettative del soggetto.

 

 

La sublimazione.HotwordStyle=BookDefault;  La sublimazione consiste nella neutralizzazione e nel soddisfacimento delle pulsioni libidiche e aggressive, che vengono deviate verso nuovi scopi o oggetti socialmente e culturalmente più accettabili dall'IoHotwordStyle=BookDefault;  e dal Super-ioHotwordStyle=BookDefault; . La sublimazione consente un ampliamento dei processi mentali e un arricchimento dell'Io. È un processo normale, e viene considerata l'unico meccanismo di difesa realmente riuscito, perché favorisce l'integrazione della personalità.

Le pulsioni parzialiHotwordStyle=BookDefault; , e in particolare quelle che non riescono a integrarsi compiutamente nella genitalità, se conservassero nell'individuo maturo la loro meta originaria darebbero origine alle perversioniHotwordStyle=BookDefault;  (come vedremo più avanti). Nell'individuo normale, le persistenti pulsioni pregenitali vengono in parte integrate nella genitalità, in parte vedono mutata la propria meta, e cioè la modalità di soddisfacimento. Perché ciò avvenga, però, è necessario un preliminare disinvestimento dei primitivi oggetti pulsionali; tale disinvestimento (desessualizzazioneHotwordStyle=BookDefault; ) consente di disporre di quantità di energia libera (8). L'energia così disponibile trova una meta diversa e non conflittuale: ad esempio, l'originaria curiosità infantile per la sessualitàHotwordStyle=BookDefault; , penalizzata dalla riprovazione dell'ambiente e dai sensi di colpa indotti dal Super-io, nell'impossibilità di essere pienamente soddisfatta si trasforma in desiderio di apprendimento e di conoscenza.

Le sublimazioni possono essere disturbate da una difettosa rimozione di contenuti connessi a quelli sublimati; in tal caso, i primi si aggregano ai secondi, e li inibiscono o li trasformano in sintomi. Riprendendo l'esempio precedente, se dalla curiosità sessuale infantile sublimata si passa al desiderio di conoscenza, ma vi è un'imperfetta rimozione della curiosità sessuale, quest'ultima si «aggrega» al desiderio di conoscenza; in tal modo anche questo viene inconsciamente vissuto come illecito: di qui nascono certe difficoltà o, nei casi estremi, un blocco nell'apprendimento, che assumono il valore di sintomi di una situazione conflittuale.

Il meccanismo della sublimazione non va confuso con quello dell'idealizzazioneHotwordStyle=BookDefault; . L'idealizzazione, come abbiamo visto, ha come destinatario privilegiato l'Io; al contrario, nella sublimazione il beneficio sull'Io, in termini di «allargamento dei processi mentali», appare più come una conseguenza positiva del processo che non come uno scopo primario del meccanismo. Inoltre, una sublimazione riuscita consente l'integrazione delle pulsioni arcaiche parziali, e quindi consente all'Io di crescere costruttivamente; al contrario, l'idealizzazione tende sempre a un soddisfacimento perlopiù allucinatorio, tanto che il soggetto che idealizza si sente appagato già pensando all'oggetto, parlandone o «sognando» di esso, fino al punto da preferire un ideale al timore di scontrarsi con la realtà.

 

La proiezioneHotwordStyle=BookDefault;  

La proiezione è un meccanismo arcaico utilizzato come difesa in situazioni di conflitto, e consiste nell'attribuire ad altri desideri, tendenze, rappresentazioni pulsionali che non si vuole  o non si può  riconoscere come propri. La proiezione è attiva sia nei primi anni di vita del bambino, sia in fenomeni non patologici come superstizione, razzismo e gelosia, sia nel transfertHotwordStyle=BookDefault;  della terapia psicoanaliticaHotwordStyle=BookDefault; . Un uso massiccio è riscontrabile nelle personalità paranoidi, dove l'Io, ponendo nella realtà esterna i contenuti minacciosi interni, si difende costruendo un mondo persecutorio, ma più tollerabile di quanto non sia la percezione della propria distruttività. Anche nella fobiaHotwordStyle=BookDefault;  troveremo in atto dei processi proiettivi. Nella costruzione dell'oggetto fobico interviene, ancora prima dello spostamento, la proiezione dell'aggressività del soggetto su un oggetto che verrà così percepito come aggressivo; ma, essendo difficile tollerare di vivere l'oggetto originario come aggressivo e minaccioso, avrà luogo, con lo spostamento appunto, la sostituzione dell'oggetto originario con un altro oggetto, che sarà quello fobico (9).

 

L'isolamentoHotwordStyle=BookDefault;  

L'isolamento è il meccanismo mediante il quale un pensiero o un comportamento vengono privati delle loro connessioni con altri pensieri o comportamenti, oppure vengono svuotati del loro contenuto affettivo. Con l'isolamento l'Io intende prendere le distanze dal contenuto conflittuale, eliminando le connessioni associative con altri contenuti a esso collegabili. L'isolamento si manifesta, ad esempio, con l'interruzione del filo del discorso, la pausa, le formule e i rituali. Queste operazioni hanno lo scopo di separare un certo atto da quelli che lo precedono o che lo seguono, oppure di separare un pensiero dal suo contesto affettivo. In patologia l'isolamento trova la sua espressione nella nevrosi ossessivaHotwordStyle=BookDefault; .

Un tipico caso di isolamento è la separazione fra le componenti sensuali e quelle affettuose nella sessualità; il soggetto, allora, non può desiderare chi ama, né amare chi desidera: è spesso impotente se ha rapporti sessuali con persone con le quali ha legami affettuosi, ed è invece in grado di raggiungere l'orgasmo con prostitute o con partner occasionali, affettivamente indifferenti. Un altro esempio di massiccio funzionamento di tale meccanismo si ha nei casi di doppia personalitàHotwordStyle=BookDefault; : vedi il dottor Jekyll e Mr. Hyde. Ma anche il concentrarsi su problemi intellettuali (studi, esperimenti, ricerche), che richiedono un controllo dell'emotività a favore dell'obiettività, evidenzia il meccanismo dell'isolamento. L'individuo si rivolge ad attività molto intellettualizzate, che gli fanno dimenticare l'aspetto emotivo e spesso traumatico della pulsione. L'isolamento è un meccanismo che ha grande importanza sociale e viene incoraggiato per le potenzialità positive che offre all'individuo sul piano intellettuale: può sviluppare il desiderio e la capacità di concentrarsi su un tema, una grande coscienza professionale e così via.

 

La negazione

HotwordStyle=BookDefault;  La negazione è il procedimento con il quale il soggetto, pur formulando un proprio desiderio, pensiero o sentimento sino a quel momento rimosso, continua a difendersene negando che gli appartenga.

La negazione opera quando la rimozione, prima efficace, fallisce; il contenuto rimosso emerge allora alla coscienza, ma l'individuo erige una seconda barriera difensiva, rinnegando l'appartenenza a sé di tale contenuto. Alla negazione tentano di opporsi la percezione e la memoria. Nell'adulto questa difesa è spesso patologica, a meno che non sia circoscritta e temporanea, perché risulta compromesso l'esame di realtà. Ad esempio, la negazione attraverso la parola e gli atti consente di negare la realtà trasformandola nel suo contrario. Questo comportamento ci mostra che l'individuo può riuscire ad affrontare una situazione difficile da sopportare assumendo un ruolo esattamente opposto a quanto pensa o desidera.

Questa deformazione in senso opposto non va confusa con la formazione reattiva, la quale opera attraverso un controinvestimentoHotwordStyle=BookDefault;  che favorisce la messa in atto di comportamenti di segno contrario rispetto ai desideri rimossi e inconsci; la negazione, invece, trae origine dalla manipolazione della realtà e si riflette solo sul ruolo e sui comportamenti adottati dall'individuo.

 

L'annullamento retroattivo

HotwordStyle=BookDefault;  Possiamo definire l'annullamento retroattivo un meccanismo con cui il soggetto si sforza di fare in modo che pensieri, parole o atti appartenenti al passato non siano avvenuti, utilizzando a tal fine un pensiero, una parola o un atto di significato opposto.

Talora un comportamento è annullato da un successivo comportamento opposto, oppure è lo stesso atto a essere ripetuto, ma con significato opposto: per esempio, un soggetto si rimprovera di avere sprecato del denaro comprando un capo d'abbigliamento, e non osando farsi rimborsare restituendo l'acquisto, si consola comperandone un altro.

Nell'annullamento retroattivo si possono quindi distinguere due momenti: nel primo prevale un tipo di pulsione (erotica o aggressiva), nel secondo domina quella opposta; l'Io si allea con una pulsione opposta a quella legata alla rappresentazione da cui si difende. L'atto o il desiderio disturbante vengono soppressi, e con loro anche la condotta che avevano provocato, come se il tempo non fosse irreversibile, per mezzo di un successivo atto (o pensiero) di segno contrario. Gli atti di riparazione e di espiazione sono tipici dell'annullamento retroattivo: la condotta adottata tende ad annullare a posteriori l'azione ritenuta indesiderabile. Il carattere dell'operazione difensiva tipica della nevrosi ossessiva  «magico». Comportamenti tipici dell'ossessivo possono essere ad esempio: aprire il rubinetto del gas per poterlo chiudere di nuovo, convertirsi moralmente per dimenticare un passato di cui si vergogna, oppure ancora consacrarsi al ricordoHotwordStyle=BookDefault;  di una persona defunta, per poter riparare al fatto che quando era viva non ci si era presi cura di lei.

 

La conversione nell'opposto

HotwordStyle=BookDefault;  È il processo mediante il quale la metaHotwordStyle=BookDefault;  pulsionale si trasforma nel suo opposto, passando dall'attività alla passività o viceversa. Un caso di questo genere lo possiamo vedere in certe forme di passaggio dal sadismoHotwordStyle=BookDefault;  al masochismoHotwordStyle=BookDefault; , nelle quali vi è un mutamento di meta e, insieme, un'inversione dei ruoli tra colui che infligge e colui che subisce la sofferenza.

Ma l'esempio più evidente di trasformazione della meta da passiva ad attiva si ha nell'identificazione con l'aggressoreHotwordStyle=BookDefault;  (Anna Freud). Con tale meccanismo un individuo, soggetto passivo di un'aggressione, rovescia il proprio ruolo e si identifica con colui che lo aggredisce. Un altro oggetto diviene così il nuovo destinatario dell'aggressione stessa.

Un esempio riportato da Anna Freud è quello del bambino che, ogniqualvolta ritornava a casa, suonava con furia il campanello e quindi apostrofava ad alta voce la cameriera, rimproverandole la sua lentezza ad aprire. Nel breve tempo che intercorreva tra il premere il pulsante e l'aggredire la cameriera, il bambino entrava in ansiaHotwordStyle=BookDefault; , temendo di essere rimproverato per aver suonato così a lungo il campanello. Lo sgridare la cameriera aveva il significato di assumere preventivamente un ruolo attivo di fronte al temuto attacco.

In questo caso vi è un capovolgimento di ruolo da attaccato ad attaccante: nel timore di un'aggressione, l'aggressività viene diretta proprio sul temuto aggressore. Vediamo dunque in atto un meccanismo complesso, in cui da un lato vi è l'introiezioneHotwordStyle=BookDefault;  di alcuni elementi dell'oggetto ansiogeno, e dall'altro vi è il rovesciamento del proprio ruolo da passivo in attivo.

Va sottolineato, a questo proposito, che l'identificazione con l'aggressore si riscontra con frequenza nei bambini abusatiHotwordStyle=BookDefault; , i quali tendono a diventare, nella vita adulta, genitoriHotwordStyle=BookDefault;  abusanti nei confronti dei loro piccoli. Questo processo di trasmissione transgenerazionale dell'abuso trova le proprie motivazioni in una scelta «obbligata» del bambino abusato, che interiorizzerà il modello di una realtà violenta e abusante in quanto unico esempio a sua disposizione. All'interno della dinamica familiare, inoltre, i bambini abusati vengono a contatto con due ruoli diametralmente opposti: quello della vittima, che corrisponde alla loro realtà personale, e quello dell'aggressore, cioè il genitore abusante; pertanto, tendenzialmente «scelgono», introiettano e si appropriano del ruolo più forte, che tenderanno a ripetere nel futuro, quando a loro volta saranno genitori.

Ma non tutti i bambini abusati diventano genitori abusanti; al contrario, alcuni soggetti tendono a rimanere invischiati nel meccanismo della coazione a ripetere e finiscono per assumere in maniera definitiva il ruolo della vittima, nell'inconscia speranza di sanare, come adulti, il trauma originariamente subìto da bambini.

Tornando in generale alla conversione nell'opposto, va precisato che, sebbene essa possa essere confusa con il meccanismo della formazione reattiva, i due meccanismi sono tuttavia profondamente differenti. Con la conversione nell'opposto, a essere trasformata è la meta pulsionale; di conseguenza, tutto il processo dinamico che riguarda la pulsione risulta modificato fin dall'inizio. Al contrario, con la formazione reattiva il desiderio inconscio  la meta  non viene convertito nel suo opposto, ma a essere oggetto di una sostituzione con il suo contrario è il comportamento cosciente, secondo le prescrizioni del Super-io. Ad esempio, un inconscio desiderio di morte nei confronti del padreHotwordStyle=BookDefault;  si trasforma in un dogmatico rispetto dei doveri e delle regole, nel caso clinico dell'uomo dei topi (Freud, Osservazioni su un caso di nevrosi ossessiva, 1909b). Al contrario, per rimanere nell'ambito della letteratura clinica freudiana, nel caso del presidente Schreber (Osservazioni psicoanalitiche su un caso di paranoiaHotwordStyle=BookDefault; , 1910a) un paziente paranoide profondamente disturbato da un inconscio desiderio omosessuale presenta alcune osservazioni che possono esemplificare la difesa della conversione nell'opposto: Io (uomo) non amo lui (divieto del Super-io), bensì lei (donna: cambiamento di oggetto), perché è lei ad amare me (proiezione e conversione nell'opposto, cioè mutamento della meta: da «amare» a «essere amato»; da attività a passività).

Per quanto differenziate, la conversione nell'opposto e l'identificazione con l'aggressore vanno comunque considerate estremamente simili, tanto che in un'elaborazione successiva Anna Freud le riunirà in un unico meccanismo di difesa.

 

 

La razionalizzazioneHotwordStyle=BookDefault;  

Possiamo definire la razionalizzazione il procedimento con cui il soggetto cerca di dare una spiegazione coerente dal punto di vista logico, o accettabile dal punto di vista morale, così da giustificare una condotta, un'idea o un sentimento che, a livello inconscio, hanno invece motivazioni inaccettabili. In realtà, benché abbia un'evidente funzione difensiva, la razionalizzazione non è un vero e proprio meccanismo di difesa, non essendo direttamente orientata contro il soddisfacimento pulsionale, ma intervenendo piuttosto a camuffare i vari elementi del conflitto difensivo. Si distingue dall'inganno e dalla menzogna, in quanto il soggetto è inconsapevole di mentire o di ingannare. Il meccanismo della razionalizzazione comporta dunque fondamentalmente un conflitto fra la pulsione e le norme sociali rappresentate dal Super-io: l'individuo sente il bisogno di giustificare sul piano sociale la natura e la forma dei suoi desideri, e di trovare per essi una spiegazione che lo rassicuri, ma deve anche evitare il sentimento di inferiorità che diminuirebbe la sua autostima; la razionalizzazione gli offre inoltre una giustificazione facile e rassicurante per comportamenti negativi e ambigui.

 

L'intellettualizzazioneHotwordStyle=BookDefault;  

È il processo mediante il quale il soggetto, attraverso l'attività intellettuale, cerca di controllare i contenuti affettivi e istintuali, riuscendo a ridurre l'ansia e la tensione, che risultano così controllate.

Apparentemente simile alla razionalizzazione, l'intellettualizzazione consiste invece nel mantenere a distanza e nel neutralizzare gli affetti, ricollegandoli a idee con cui l'Io può giocare coscientemente; mentre, come si è visto, nella razionalizzazione non vi è una fuga dagli affetti, ma un tentativo di dar loro una giustificazione ideale o razionale. Nella razionalizzazione vi è, insomma, una sorta di tentativo di rendere lecito l'illecito: nell'intellettualizzazione si nota invece l'esa- gerazione di un normale atteggiamento dell'Io volto a dominare i processi pulsionali associandoli a idee che possono essere affrontate senza angoscia.

Come preciserà Anna Freud, l'intellettualizzazione viene spesso utilizzata dagli adolescenti, che controllano le intense sensazioni fisiche e i complessi conflittiHotwordStyle=BookDefault;  interni con speculazioni filosofiche e religiose. Ad esempio, un adolescente che si senta confuso di fronte al risveglio della pulsionalità erotica potrebbe cercare di ridurre la propria tensione discutendo animatamente di filosofia, di politica o di religione con i compagni, così da incanalare in un'attività squisitamente intellettuale la pressione di origine pulsionale che, proveniente dall'EsHotwordStyle=BookDefault; , esercita sull'Io tutta la sua forza.

Il meccanismo della razionalizzazione, invece, può ritrovarsi nei casi in cui, ad esempio, un soggetto cerchi di attribuire le ragioni del proprio comportamento o di una propria scelta a fattori non emotivi, bensì contestuali o ambientali.

 

 

ESEMPI

 

1 ) Meccanismo di Difesa della RIMOZIONE

Ci è capitato molte volte di non ricordare il nome di una persona familiare: «So di chi si parla, ma il nome proprio mi sfugge, ce l'ho sulla punta della lingua!», ripetiamo imbarazzati, ma quel nome proprio non salta fuori!

Oppure: appuntamenti importanti, segnati puntualmente sull'agenda, vengono «rimossi», e ce ne ricordiamo quando è ormai troppo tardi!

Sigmund Freud raccontava di un noto chimico che aveva dimenticato l'ora del suo matrimonio e che, invece di recarsi in chiesa, dalla sua promessa sposa, si era recato al lavoro. Ebbene, probabilmente quel chimico, pur desiderando, in maniera cosciente, il matrimonio, ha dimenticato l'appuntamento in chiesa perché l'evento poteva risvegliare nel suo inconscio, oltre alla gioia, anche sentimenti dolorosi di ansia o di incertezza.

Responsabile di tali dimenticanze è la rimozione, il meccanismo di difesa che funziona respingendo nell'inconscio pensieri ed esperienze eccessivamente carichi di ansia per l'Io.

 

2) Meccanismo di Difesa della Formazione Reattiva

Una giovane fanciulla che ha ricevuto dai genitori un'educazione molto rigida non si accorge (o non vuole accorgersi) dei propri interessi sessuali; così incomincia a ritenere che siano i maschi a essere maliziosi e a pensare sempre e solo «a certe cose».

Ecco all'opera la formazione reattiva, il meccanismo inconscio che induce un comportamento cosciente esattamente opposto al desiderio inconscio intollerabile.

Dunque, la condotta cosciente del soggetto che attua tale difesa è conforme alle prescrizioni del Super-io, che si oppone all'appagamento della pulsione: con la formazione reattiva si stabilisce un'alleanza fra Io e Super-io, concordi nel reprimere il soddisfacimento pulsionale.

 

3) Meccanismo di Difesa  dello  Spostamento

Un esempio di spostamento consiste nel fatto che l'interesse orale del bambino può essere spostato dal capezzolo al succhiotto o al pollice: la fonte, gli oggetti e la meta della pulsione rimangono simili, ma risultano «spostati» su altri oggetti.

Un altro esempio riguarda il caso del fumatore incallito, che «sposta» la pulsione orale sulle sigarette.

Dunque, l'energia pulsionale viene trasferita da una rappresentazione a un'altra, e i sentimenti inaccettabili sono così sostituiti e investiti su un oggetto sostitutivo.

 

4) Meccanismo di difesa  della Sublimazione

La donna che non riesce ad appagare il suo desiderio sessuale, per evitare la frustrazione potrà «sublimare» quel desiderio e trovare la realizzazione personale dedicandosi all'insegnamento o alla cura degli ammalati.

È un esempio di sublimazione, il meccanismo di difesa con il quale il soggetto orienta gli impulsi inaccettabili provenienti dall'inconscio verso impulsi accettabili e socialmente apprezzati.

L'uso stesso del termine «sublimazione» appare indicato per la descrizione di tali fenomeni, se si pensa al fatto che deriva dal latino sublimare, cioè, «porre in alto», «purificare», «esaltare».

 

5) Meccanismo di Difesa della Proiezione

Un automobilista distratto urta con la macchina contro un albero e se la prende con l'albero che gli «sta tra i piedi».

Nei rapporti con gli altri, capita spesso di sentir dire e di dire: «Non sono io che non capisco te, sei tu che non comprendi me!»

Questa modalità di pensiero rispecchia il funzionamento della proiezione, il meccanismo di difesa con il quale l'individuo rifiuta gli aspetti negativi di sé e li rivolge all'esterno, attribuendoli agli altri.

In genere, siamo portati ad attribuire all'altro i nostri errori e le nostre debolezze: la proiezione facilita questo comportamento.

Il meccanismo della proiezione trae origine dalla diffusa tendenza del bambino ad attribuire tutto ciò che è «cattivo» al mondo esterno, e ad attribuire a sé stesso tutto ciò che è «buono e desiderabile».

 

6) Meccanismo di Difesa dell’Isolamento

La concentrazione intensa e costante su problemi «intellettuali» (studi, esperimenti, ricerche) richiede il controllo dell'emotività a favore di una razionalità assoluta: quando ciò si verifica, l'individuo si trova in balia dell'isolamento, il meccanismo di difesa che funziona privando un pensiero o un sentimento delle sue connessioni con altri pensieri o comportamenti. Oppure gli stessi sentimenti e pensieri possono risultare svuotati del loro contenuto affettivo.

L'uso massiccio dell'isolamento si ritrova nei disturbi di doppia personalità: ognuno conosce la famosa storia del dottor Jekill e Mr. Hyde.

Se, invece, l'isolamento non è patologico, riveste grande importanza sociale e viene incoraggiato per le potenzialità intellettuali e positive che offre all'individuo: capacità di concentrarsi, grande coscienza professionale e così via.

 

7) Meccanismo di Difesa della Negazione

La favola di Esopo narra che una volpe, di fronte a dei grappoli d'uva meravigliosi ma irraggiungibili, commentasse: «Io non li voglio di certo, tanto sono acerbi!»

Ecco all'opera la negazione, il meccanismo con il quale un soggetto, pur formulando un proprio desiderio, pensiero o sentimento sino a quel momento rimosso, continua a difendersene negando che gli appartenga.

La negazione opera quando la rimozione, prima efficace, fallisce; così il contenuto rimosso emerge alla coscienza, ma l'individuo continua a difendersi negando l'appartenenza a sé di tale contenuto.

 

8) Meccanismo di Difesa dell’Annullamento Retroattivo

Una giovane attrice si rimprovera di avere «sciupato» la sua integrità morale girando alcune scene troppo «hard». Per porre rimedio ai suoi sensi di colpa, decide di entrare in convento per ritrovare l'armonia, e far riappacificare il suo Es con il Super-io.

Quindi, con l'annullamento retroattivo il soggetto si sforza di fare in modo che pensieri, parole o atti, appartenenti al passato, non siano avvenuti, utilizzando a tal fine un pensiero, una parola o un atto di significato opposto.

Un comportamento risulta così annullato da quello successivo direttamente opposto.

Gli atti di riparazione e di espiazione sono tipici dell'annullamento retroattivo: la condotta adottata vuole annullare l'azione ritenuta indesiderabile.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IL MODELLO  FREUDIANO DI  SVILUPPO  DELLA LIBIDO

 

 

Il modello di sviluppo della libidoHotwordStyle=BookDefault;  proposto da Freud è di tipo epigenetico, il che significa che lo sviluppo è profondamente radicato in ciò che già esiste, e si pone in continuità con il passato. Nel passaggio evolutivo, le nuove strutture si sviluppano formando con le precedenti un tutto unitario e coerente. Lo sviluppo avviene secondo un ordine prestabilito e organizzato: il passaggio da una fase a quella successiva dipende dall'andamento della fase precedente, che viene integrata nella successiva.

Freud propone una suddivisione in fasi dello sviluppo libidico, coerentemente con il processo biologico di maturazione e con l'evoluzione della libido, cioè degli istinti sessuali e delle loro manifestazioni. Ciascuna fase è legata alla zona erogenaHotwordStyle=BookDefault;  che in quel periodo ha il ruolo principale nella vita libidica; è caratterizzata da particolari desideri e dal conflitto fra tali desideri e le regole che ne ostacolano il soddisfacimento.

 

IMPORTANZA DELLE RELAZIONI CON GLI ALTRI

 

Freud è stato il primo a farci comprendere la grandissima importanza che hanno, tanto per il nostro sviluppo psichico quanto per la nostra vita, le relazioni con gli altri. La prima e la più importante tra queste relazioni è certamente quella con i genitoriHotwordStyle=BookDefault;  e in particolare con la madre (o con l'agente di cure materne, cioè la persona che si prende cura del bambino in modo continuativo); in seguito verranno il padre e i fratelli, e poi gli amici. Le persone alle quali il bambino è legato nei primi anni di vita occupano un posto speciale nella sua vita mentale, indipendentemente dalla qualità del legame, che può essere caratterizzato dall'amore, dall'odio o  più facilmente  da entrambi i sentimenti nello stesso tempo. L'importanza di questi legami dipende dal fatto che essi influenzeranno tutto lo sviluppo del bambino, data la loro intensità, dovuta anche alla totale dipendenza del piccolo dagli adulti, che si prolunga per molto tempo e che è caratteristica del genere umano.

Il bambino, nel primo periodo di vita, non è consapevole del mondo che lo circonda, e solo gradualmente impara a differenziare sé stesso dall'oggetto. Per oggetti si intendono cose e persone dell'ambiente esterno che siano particolarmente significative per la vita psichica del bambino, e quindi il termine relazioni oggettualiHotwordStyle=BookDefault;  si riferisce all'atteggiamento e al comportamento dell'individuo nei confronti di tali oggetti. Fra gli oggetti più importanti dell'infanzia vi sono le varie parti del corpo (dita, bocca, piedi) in quanto fonti di gratificazione; quindi le loro rappresentazioni psichiche vengono caricate libidicamente.

All'inizio il bambino si rapporta all'oggetto soltanto per le gratificazioni che ne può trarre; solo successivamente sviluppa con tale oggettoHotwordStyle=BookDefault;  una relazione continuativa, cioè lo investe di una caricaHotwordStyle=BookDefault;  psichica oggettuale, che persiste anche in assenza del bisogno immediato che l'oggetto abitualmente soddisfa. Si viene cioè a stabilire una relazione oggettuale.

La relazione oggettuale si stabilizza verso la fine del primo anno di vitaHotwordStyle=BookDefault;  ed è caratterizzata da un alto grado di ambivalenzaHotwordStyle=BookDefault; , in quanto si alternano intensi sentimenti di amore e di odio verso l'oggetto. Questa ambivalenza persisterà per tutta la vita: sarà estremamente intensa dai due ai cinque anni circa e diminuirà nella seconda infanzia e nell'età adulta. La diminuzione è dovuta al fatto che i sentimenti coscienti tendono a celarla, ma nell'inconscio essa continua ad agire influenzando significativamente la vita del soggetto.

Un'altra importante caratteristica delle prime relazioni oggettuali è l'identificazione con l'oggetto, che consiste nella tendenza del bambino a diventare come l'oggetto. Questo meccanismo è tanto più intenso quanto più è primitivo lo sviluppo dell'Io, e si mantiene di elevata intensità anche in soggetti adulti con un IoHotwordStyle=BookDefault;  non particolarmente evoluto e caratterizzati da una forte tendenza imitativa.

Saranno proprio le relazioni oggettuali ad avere un'importanza fondamentale nello sviluppo dell'Io, in quanto ne determineranno le competenze fondamentali: dalla qualità della relazione madre-bambino dipenderà in gran parte l'adeguato sviluppo psicoaffettivo dell'individuo.

 

CONCETTO DI ZONA EROGENA

 

Per zona erogena si intende ogni parte del corpo che, opportunamente stimolata, provoca eccitamento pulsionale, cioè una sensazione di piacere. Il piacere così prodotto viene definito sessuale, per distinguerlo dal piacere legato al soddisfacimento dei bisogni fisiologici fondamentali. La zona erogena è, quindi, fonte pulsionale. L'esperienza clinica ha evidenziato che le parti del corpo legate al soddisfacimento dei bisogni organici sono maggiormente esposte agli stimoli per la loro connessione con organi vitali, come ad esempio la zona orale, quella anale, quella fallica-clitoridea. In tal modo il soddisfacimento dei bisogni fisiologici produce un effetto di stimolazione.

Dal punto di vista dello sviluppo sessuale, la zona orale è la prima a essere investita come fonte pulsionale, stimolata dalla suzione. Quando il bambino fa l'esperienza della suzione e, più tardi, del mordere, il piacere provocato da tale esperienza genera uno stato di bisogno (quindi di eccitamento pulsionale) che ne induce la ripetizione. Il piacere provocato da questa attività è indipendente dalla necessità di nutrirsi, e questo risulta evidente quando osserviamo la funzione calmante che ha sul bambino il succhiare il pollice o il succhiotto.

La zona anale è costituita dall'estremità inferiore del canale alimentare, ed è connessa alla funzione del controllo degli sfinteri. Viene investita pulsionalmente in un tempo immediatamente successivo all'investimento della zona orale. La sua stimolazione è legata all'espulsione e alla ritenzione delle feci.

La zona fallica è stimolata dalla minzione o dalla manipolazione. Viene investita dopo la zona anale, e comprende il glande e la clitoride.

Lo sviluppo normale comporta che l'individuo affronti le problematiche di ciascuna fase prima di passare alla successiva. Quando questo non avviene, può insorgere un «blocco» a un certo momento dello sviluppo, che impedisce il passaggio al momento successivo. Tale fenomeno viene definito fissazione. Può anche accadere che un bambino raggiunga una fase più avanzata di sviluppo, ma non riesca a stabilizzarvisi, e «torni indietro» alle fasi precedenti, nelle quali si sente più a suo agio: questo fenomeno viene definito regressione. La regressione è compatibile con lo sviluppo normale e spesso viene utilizzata allo scopo di recuperare sicurezza ed energia. L'importante è che il fenomeno sia temporaneo, in quanto sarà proprio questa caratteristica a definirne la natura di normalità. Al contrario, il persistere e il cristallizzarsi di comportamenti, fantasie, paure e difese peculiari di una certa fase evolutiva sono indizio di difficoltà nello sviluppo normale, quand'anche non di patologia.

 

CONCETTO  DI  FISSAZIONE

 

Intendiamo per fissazione l'aderire di una certa quantità di energia pulsionale (libidica e/o aggressiva) a particolari zone, oggetti, condizioni o forme di soddisfacimento incontrati durante il processo evolutivo. La fissazione può riguardare una pulsione parziale, un oggetto o un'esperienza traumatica.

La fissazione di una pulsione parziale è l'arresto dello sviluppo di una certa quantità di energia pulsionale, e il suo conseguente distacco dalla corrente principale dello sviluppo. In tal modo la pulsione parziale non è più subordinata alla sessualità genitale, ove normalmente confluisce, ma continua a ricercare soddisfacimenti indipendenti, come avviene nelle perversioni.

La fissazione a una fase pregenitale della sessualità comporta per una quota di energia pulsionale l'incapacità di passare alla fase successiva e, di conseguenza, vi è la persistente ricerca di soddisfacimenti (mete) tipici della fase in cui è avvenuta la fissazione. Ad esempio, possiamo riscontrare questo fenomeno in quei ragazzini che provano un grande piacere a torturare piccoli animali. È evidente, in questo caso, che una parte degli investimenti pulsionali continua in loro a funzionare secondo modalità della fase anale, in cui, come si vedrà, il rapporto con l'oggetto è essenzialmente di dominio e di prevaricazione.

La fissazione a un oggetto è la persistenza di un forte investimento pulsionale su un oggetto con il quale si è avuto un rapporto libidico o aggressivo particolarmente intenso durante le fasi pregenitali; ciò comporta una minor disponibilità di energia pulsionale per passare a successive relazioni oggettuali adeguate. Per esempio, una bambina può rimanere fissata alla madre come oggetto d'amore originario, preedipico, e quindi riuscire a stabilire, prima con il padre e poi con le figure maschili in genere, solo un rapporto erotico fragile e precario.

Si ha fissazione quando la pulsione parziale, la zona erogena in quel momento privilegiata, la fase libidica o la relazione oggettuale allora instaurata, sono state fonte di intense esperienze affettive, piacevoli o dolorose. L'eccessivo soddisfacimento o l'eccessiva frustrazione di bisogni pulsionali comporta quindi l'eventualità di una fissazione.

Questo spiega anche perché gli stessi eventi hanno, su soggetti diversi, differenti effetti: infatti non è l'accadimento in sé, oggettivamente considerato, che ha rilevanza, quanto piuttosto il modo in cui è stato percepito dal bambino, in funzione sia del momento evolutivo, sia della forza della pulsione nel momento in cui l'evento si è verificato.

 

 

FASI DELLO SVILUPPO

Le prime fasi dello sviluppo delle relazioni oggettuali vengono di solito definite pregenitali (anche se correttamente dovrebbero essere chiamate pre-falliche, vedremo poi perché), o più specificamente orali o anali, prendendo il nome dalla zona erogena prevalente in quel momento.

Secondo Freud la sessualitàHotwordStyle=BookDefault;  infantile che si sviluppa nelle fasi orale, anale e fallica e nel periodo di latenzaHotwordStyle=BookDefault;  è molto diversa da quella adulta, caratterizzata dallo sviluppo genitale. L'adulto ricerca il piacereHotwordStyle=BookDefault;  con un partner distinto da sé e di sesso differente, il bambino lo ricerca in sé. Per l'adulto lo scopo finale è l'unione sessuale, per il bambino è la ricerca del piacere che può trarre da parti del suo corpo che hanno una particolare sensibilità e che variano con l'età: le zone erogene.

Lo sviluppo del bambino, tuttavia, ha inizio sin dal concepimento. Anche se non è facile comprendere la relazione madre-bambino durante la gravidanza, non possiamo negare che questo periodo rivesta un'importanza fondamentale per tutta la vita dell'individuo. Sappiamo che il feto reagisce a stimoli interni ed esterni, e che risponde allo stato d'animo materno, tanto è vero che pare esistere una relazione di causa-effetto fra lo stato fisico e psicologico della madre e il comportamento del feto. È lecito supporre che un'attività psichica embrionale esista già nel periodo prenataleHotwordStyle=BookDefault; ; presumibilmente durante la permanenza nel grembo materno, in cui il bambino vive una condizione di assenza di bisogno: una condizione che possiamo definire nirvanica (11). Inoltre, sono state stabilite delle relazioni fra i disturbi gravidici e l'atteggiamento della madre nei confronti del bambino.

La nascitaHotwordStyle=BookDefault;  è la prima separazione dalla madre e da uno stato che si può immaginare come estremamente rassicurante. Il venire al mondo è allora un'esperienza altamente drammatica, in quanto è l'inizio di una condizione di bisogno (bisogno di aria, di cibo, di caldo, di quiete). Possiamo pensare che la nascita rappresenti l'uscita da una situazione di illusoria autosufficienza, e cioè di onnipotenza, per entrare in una realtà in cui domina la frustrazione. Per qualche tempo, il neonato cerca di conservare l'omeostasi narcisistica attraverso la realizzazione allucinatoria del desiderioHotwordStyle=BookDefault;  (12), ma gradualmente le esigenze pulsionali richiederanno un nuovo modo di organizzare la propria struttura psichica.

Nel corso della vita, l'individuo dovrà affrontare molte separazioni fondamentali per la sua crescita (lo svezzamento, l'inizio della deambulazione, l'ingresso a scuola e quindi nel sociale e così via), ma questa prima separazione resterà il prototipo di tutte quelle successive e verrà definita il trauma della nascitaHotwordStyle=BookDefault;  (Rank, 1924).

Il problema dell'influenza del parto sullo sviluppo della personalità è molto complesso . Alla nascita il bambino viene sottoposto a una grandissima quantità di stimolazioni e può contare su un numero ridotto di riflessi e di meccanismi per affrontare l'adattamento. Questa stessa sensazione si riprodurrà molte volte durante la vita, quando l'individuo dovrà affrontare situazioni che, per la loro complessità, genereranno ansiaHotwordStyle=BookDefault; . Si può pensare che l'ansia derivi dall'impotenza vissuta alla nascita, e che tale sensazione sia il prototipo degli stati ansiosi successivi.

 

La fase orale

 

La fase oraleHotwordStyle=BookDefault;  è la prima tappa dell'evoluzione libidica: in essa, il piacere sessuale è legato in modo prevalente all'eccitazione delle labbra e della cavità buccale che accompagna l'alimentazione. Trattando della fase orale, noi consideriamo l'evoluzione psichica del bambino nel corso del primo anno di vita.

Nei primissimi tempi della sua esistenza il bambino non è in grado di distinguere i confini fra il proprio mondo interno e il mondo esterno: non è in grado di condurre un corretto esame di realtà. I suoi contenuti psichici sono essenzialmente delle fantasieHotwordStyle=BookDefault; , e quelle che ora ci interessano sono le fantasie che si radicano nelle sue esperienze di piacere e di dispiacereHotwordStyle=BookDefault; : il calore, la sazietà, la quiete, le carezze, l'amore materno e, d'altro lato, la fame, il freddo, il rumore disturbante, il dolore di pancia, e tutto ciò che crea fastidio. Le funzioni alimentari occupano gran parte del tempo che il neonato trascorre sveglio, e si tratta di momenti in cui egli appare in uno stato di quiete, di benessere, di mancanza di tensione. A poco a poco, quando è sazio, mostra di desiderare la suzione indipendentemente dal bisogno di nutrizione, manifestando il desiderioHotwordStyle=BookDefault;  di succhiare il dito o altri oggetti che gli ricordano il seno: la libidoHotwordStyle=BookDefault;  si stacca dall'esperienza di puro appagamento del bisogno alimentare e si indirizza alla ricerca di un piacere indipendente dal soddisfacimento di necessità vitali.

Con l'approssimarsi del secondo semestre di vita, l'inizio della dentizione induce l'integrazione delle sensazioni piacevoli connesse alla suzione con quelle derivate dal mordere. Con la crescita dei dentini, l'esplorazione della realtà circostante si trasforma da passiva in attiva: il bambino succhia al biberon con decisione, succhia energicamente il capezzolo, con voracità e aggressivitàHotwordStyle=BookDefault; , desiderio e violenza. Forse per la prima volta, sperimenta l'ambivalenza, cioè la presenza simultanea (e non più successiva), nella relazione con un oggetto (che ora è la madre), di sentimenti opposti: di amore e di odio. E, ancora per la prima volta, vive adesso il sentimento di luttoHotwordStyle=BookDefault;  per la perdita dell'oggetto, e di colpa nel timore di essere l'autore della distruzione dell'oggetto (13).

Man mano che la realtà esterna viene riconosciuta, gli oggetti si legano alle figure reali che circondano il bambino; fra queste, soprattutto la madre, in modo continuativo: la sua presenza è connessa alle esperienze di piacere (nutrizione, carezze, affetto), e la sua assenza è invece associata alle esperienze di dispiacere (fame, freddo, sporco disturbante).

La costanza della figura materna, che diviene un oggetto totaleHotwordStyle=BookDefault; , è resa possibile dalla maturazione neuropsichica, che consente di integrare i ricordi e quindi di costruire un'esperienza: il miglioramento delle percezioni e l'organizzazione della memoria sono evidentemente i presupposti per la costituzione dell'oggetto intero. All'oggetto intero esterno (madre) corrisponde un oggetto interoHotwordStyle=BookDefault;  interno (il Sé).

Il riconoscimento della madre come persona intera comporta notevoli cambiamenti evolutivi. Innanzitutto, comporta il riconoscere la madre come un individuo che ha una propria vita, e che ha perciò rapporti con altre persone; inoltre, significa scoprire la propria impotenza, la propria dipendenza, e la propria gelosia verso altre persone. Ma essenzialmente significa, per il bambino, scoprire di essere in grado di amare e odiare la stessa persona.

Vi è qui una progressiva conoscenza delle distinzioni fra il Sé e gli oggetti esterni, e fra la realtà e la fantasia. Ciò è di estrema importanza nell'evoluzione psichica. All'inizio i propri impulsi sono vissuti come onnipotenti: il desiderio di distruggere è già distruzione. L'attribuire al pensiero la capacità di modificare la realtà dà origine a quello che viene chiamato pensiero magicoHotwordStyle=BookDefault; . Possiamo vederlo in certi comportamenti adulti, in certe forme di superstizione: si pensi al «malocchio».

Ma ora la preoccupazione per le sorti dell'oggetto fa sì che il bambino segua da vicino l'effetto che tali impulsi hanno sull'oggetto: la ricomparsa della madre, odiata nella sua assenza, rassicura e insieme modifica e diminuisce la fede nell'onnipotenza della propria aggressività distruttiva. Verso l'ottavo mese di vita si osserva il fenomeno della cosiddetta angoscia dell'estraneoHotwordStyle=BookDefault; : il bambino, in presenza della madre, reagisce con vivo spavento al presentarsi di persone diverse, per cui si stringe alla madre evitando di guardare l'estraneo. Tale fenomeno è probabilmente da collegarsi a un nuovo processo, e cioè al fatto che la pulsioneHotwordStyle=BookDefault;  aggressiva investe l'estraneo rendendolo a sua volta aggressivo, in modo da poter vivere la madre come oggetto buono e salvifico: questo fa sì che verso la madre vi sia solo amore e non odio, ed è quindi un modo per sfuggire al senso di colpaHotwordStyle=BookDefault;  che era stato generato dai sentimenti negativi.

Durante il processo evolutivo, la presenza materna conferma l'inattaccabilità dell'oggetto, e rassicura il bambino. Ciò gli consente, non solo di tollerare meglio la propria aggressività e di stabilire un rapporto migliore con la realtà, ma anche di preoccuparsi degli oggetti e di controllare più efficacemente i propri impulsi, nel convincimento della propria capacità di conservare e ricreare gli oggetti buoni. Per risparmiare l'oggetto intero, il bambino apprende a inibire le sue pulsioni e a spostarle su altri oggetti, che vengono così a rappresentare la madre.

Nasce in questo modo la formazione del simboloHotwordStyle=BookDefault; , quale oggetto capace di rappresentarne un altro; e cominciano a organizzarsi le capacità di associare e di formare concetti. È così aperta la porta verso successive esperienze maturative.

Questi eventi avvengono durante la fase orale, caratterizzata, come si è accennato, dal legame fra il piacere sessuale e l'eccitazione della cavità buccale e delle labbra.

In questa fase entrano in gioco, oltre all'erogenità della mucosa della bocca, altre funzioni, che assumono anch'esse un valore erogeno. Fra queste, il guardare. La scopofiliaHotwordStyle=BookDefault; , cioè il piacere di guardare, nasce come attività autoeroticaHotwordStyle=BookDefault; , in quanto è innanzitutto un guardare sé stesso; solo in seguito dà origine al piacere di guardare altri, cioè oggetti diversi da sé. Se vi è un cambiamento della metaHotwordStyle=BookDefault; , la scopofilia si trasforma in esibizionismoHotwordStyle=BookDefault; , che è il piacere passivo di essere guardati. È nota la curiosità dei bambini per i propri genitali e, per spostamentoHotwordStyle=BookDefault; , per i comportamenti degli adulti. Se tale curiosità, come le altre pulsioni parzialiHotwordStyle=BookDefault; , verrà bene integrata nella genitalità, ne diverrà una normale componente. Diversamente darà origine alle perversioniHotwordStyle=BookDefault;  del voyeurismoHotwordStyle=BookDefault; , dell'esibizionismo e del feticismoHotwordStyle=BookDefault; . Per esempio, l'oralità del guardare viene espressa da modi di dire quali «mangiare con gli occhi», «divorare con lo sguardo» ecc.

I rapporti con gli oggetti (fantasmatici) saranno, in questa fase, organizzati in funzione del tipo di esperienza privilegiata propria della fase stessa; l'aggressività sarà un'aggressività divoratrice, mentre la pulsione erotica sosterrà fantasie di incorporazione. Un esempio di questo meccanismo ci viene offerto dalla religione cristiana, dove la conservazione dell'oggetto, per appropriarsi delle sue qualità positive attraverso l'incorporazione, ha riscontro nel rito della comunione. D'altra parte, il divorare l'animale sacro, che rappresenta la divinità, per impadronirsi del potere divino che possiede, è un'abitudine diffusa nelle società primitive, e tradisce l'ambivalenza verso il rappresentante della figura paterna, amata e odiata ad un tempo.

 

 

FASE  ANALE

 

Gradualmente, il primato erogeno si sposta, intorno all'anno di vita, alla zona anale. Ciò è in connessione con l'acquisito controllo della motricità volontaria, e in particolar modo degli sfinteri. La relazione oggettuale è impregnata di significati legati alla funzione della defecazione e al valore simbolico delle feciHotwordStyle=BookDefault; . Innanzitutto, il controllo dell'evacuazione consente per la prima volta un atteggiamento indipendente, e quindi una libera scelta fra l'obbedienza nel separarsi da un prodotto del proprio corpo, e l'opposizione, la sfida, nel trattenere tale prodotto per il proprio piacereHotwordStyle=BookDefault; . Una scelta, dunque, fra un atteggiamento di amore verso l'oggetto che avanza una richiesta, e un atteggiamento di soddisfacimento pulsionale di tipo narcisistico, nell'opporsi alla richiesta esibendo il proprio potere indipendente.

Le feci assumono il valore di dono, essendo la prima cosa che il bambino sente come propria e di cui può disporre, e quindi il primo regalo che è in grado di fare o di rifiutare, privandosene a favore e per amore della madreHotwordStyle=BookDefault; , o trattenendole ostinatamente in modo egoistico. Dal meccanismo del trattenere-espellere deriveranno, in una certa misura, la generosità o l'avidità come tratti della personalità adulta. L'atteggiamento della madre sarà determinante nello sviluppo delle dinamiche psichiche legate a questa fase.

Inoltre, proprio in quanto è in grado di esercitare un controllo, per la prima volta il bambino sente un divieto nella ricerca del piacere pulsionale; questo fa sì che percepisca l'ambiente come ostile ai suoi moti pulsionali: l'elemento anale diviene così il simboloHotwordStyle=BookDefault;  di tutto ciò che deve essere respinto ed eliminato. Un esempio lo possiamo vedere nel rapporto dell'uomo con le feci. Nel bambino esse non suscitano disgusto, addirittura ci può giocare; in seguito però, sotto la spinta dell'educazione (a sua volta dettata da motivazioni anali), va maturando un atteggiamento di ribrezzo, che si esprime soprattutto nei confronti degli odori e degli escrementi altrui. Quasi contemporaneamente, lo stesso meccanismo viene attivato anche nei confronti dell'urina, in quanto anche lo sfintere uretrale diventa controllabile.

La catena associativa evidenzia un'equazione simbolica feci-denaro-peneHotwordStyle=BookDefault; -bambino: se consideriamo le feci come cose preziose, oggettoHotwordStyle=BookDefault;  e mezzo di scambio, ne vediamo l'analogia con il denaro (spesso sentiamo dire che il denaro è una cosa sporca).

La relazione con gli oggetti è centrata sulla dicotomia attività/passività, nel senso che l'oggetto è considerato passivamente a disposizione del soggetto; ciò si verifica anche quando l'oggetto è una persona.

Il bambino in questo periodo, e cioè da uno a tre anni, si differenzia dal bambino della fase oraleHotwordStyle=BookDefault;  per molti aspetti: la modalità di esistenza e di sviluppo intellettivo, le caratteristiche affettive e della personalità, le nuove acquisizioni e i nuovi apprendimenti. Vi è l'acquisizione del linguaggio e dei primi concettiHotwordStyle=BookDefault;  (base delle future operazioni intellettuali formali). Il bambino è ancora incapace di ragionamento astratto, ma le sue capacità verbali sono sempre migliori, e le forme di pensiero gli consentono di accrescere considerevolmente, in qualità e quantità, il dominio sulle cose e sulle persone dell'ambiente circostante. Il controllo sul mondo è facilitato anche dalla deambulazione, che favorisce l'autonomia. La capacità di controllo, di inibizione e di azione si sviluppa in relazione all'educazione, ma anche in ragione dello sviluppo psichico, motorio e sensoriale. È in questo periodo che si organizzano le istanze fondamentali della personalità, l'IoHotwordStyle=BookDefault;  e il Super-ioHotwordStyle=BookDefault; , e il bambino comincia gradualmente a prendere coscienzaHotwordStyle=BookDefault;  della propria individualità.

Mentre la fase precedente era caratterizzata da un atteggiamento unilaterale del bambino, che tendeva ad accaparrarsi l'amore, ora assistiamo a uno scambio di affetto: da una parte il bambino dà qualcosa in testimonianza del suo amore (le feci), dall'altra riceve affetto (l'approvazione dei genitoriHotwordStyle=BookDefault; ). La relazione con la madre resta influenzata dall'ambivalenza, e gli atteggiamenti nei suoi confronti oscillano tra masochismoHotwordStyle=BookDefault;  e sadismoHotwordStyle=BookDefault; , tra l'essere aggressivo e ostile e l'essere sottomesso e dipendente.

I tratti di fissazioneHotwordStyle=BookDefault;  a questa fase sono favoriti, specie nella nostra cultura, dall'educazione alla pulizia. Freud ha evidenziato i tratti caratteristici della personalità che hanno origine in una fissazione anale più o meno profonda: la puntualità (che deriva dall'addestramento al controllo degli sfinteri), la parsimonia (che indica la difficoltà a separarsi da ciò che ci appartiene), l'ostinazione (che indica la reazione contro le interdizioni familiari delle attività anali). Inoltre, altri aspetti come un eccessivo senso del dovere, l'incapacità di godere di situazioni piacevoli o divertenti se tutto non è perfettamente in ordine, il bisogno di essere legati a un orario rigido e così via, sono anch'essi caratteristiche di questa fase di sviluppo.

 

 

FASE  FALLICA

 

Con la consueta gradualità tipica di ogni transizione da una fase alla successiva, si ha quindi il passaggio alla fase fallicaHotwordStyle=BookDefault; . La libidoHotwordStyle=BookDefault;  viene a localizzarsi nell'area dei genitali; non vi si accompagna però una capacità funzionale, data l'immaturità dell'organismo.

Quando il bambino arriva a questa fase, è già consapevole delle differenze anatomiche fra maschi e femmine, e la costituzione della sua identità sessuale è già in corso. Sin dai tre-quattro anni il bambino è preso da un forte interesse per i suoi genitali; con la capacità di assumere la postura eretta e di camminare, si è accorto delle caratteristiche del proprio peneHotwordStyle=BookDefault;  e delle sensazioni piacevoli che si accompagnano al suo funzionamento. Dal canto suo la bambina, soprattutto attraverso l'esplorazione e il confronto, ha scoperto i propri organi genitali. Nel periodo fallico, questi rivestono un interesse centrale: l'attenzione non è più concentrata sulle funzioni escretorie, bensì sulle sensazioni che provengono dagli organi genitali e dalla loro manipolazione. Ad esempio, la masturbazione, nella fase fallica, appare come un'azione di apprendimento graduale della ricerca e del controllo dell'eccitamento sessuale, ma fa anche parte del bisogno di esplorazione, di conoscenza e organizzazione del mondo circostante, della scoperta progressiva dello schema corporeo.

Le forti emozioni connesse all'attività autoerotica fanno sì che da essa si generino fantasieHotwordStyle=BookDefault;  relative al prematuro desiderioHotwordStyle=BookDefault;  di relazione sessuale con qualcosa di diverso da sé. Tale relazione immaginaria di amore ha solitamente per oggetto il genitore del sesso opposto, e vi si associano rivalità e avversione per il genitore dello stesso sesso. Tale insieme di sentimenti contrastanti, cui Freud ha attribuito un'importanza fondamentale nella strutturazione della personalità, è stato da lui definito complesso edipicoHotwordStyle=BookDefault; .

 

IL  COMPLESSO  EDIPICO

 

 Il complesso edipico è l'insieme organizzato dei desideri amorosi e ostili che il bambino prova nei confronti dei genitoriHotwordStyle=BookDefault; . La fase fallica, che ha inizio verso il quarto anno di vita, è di estrema importanza: durante tale fase si svolge la risoluzione della vicenda edipica.

Nella sua forma detta positiva, quella che normalmente prevale, il complesso edipico si presenta come nella vicenda della tragedia greca di Sofocle, in cui Edipo uccide il padreHotwordStyle=BookDefault;  e sposa la madreHotwordStyle=BookDefault; . Il desiderio di morte del rivale, rappresentato dal genitore dello stesso sesso, si coniuga così al desiderio sessuale per il genitore di sesso opposto: desiderio di morte del rivale, rappresentato dal genitore dello stesso sesso, e desiderio sessuale per il genitore di sesso opposto. Nella sua forma negativa, si presenta rovesciato: amore per il genitore dello stesso sesso, odio e gelosia per il genitore di sesso opposto. Come vedremo, nella forma completa si rinvengono, in gradi diversi, sia il complesso positivo che quello negativo.

I primi nuclei del complesso edipico si situano probabilmente già nella fase oraleHotwordStyle=BookDefault; , quando il bambino vive il padre come una terza figura con la quale deve condividere la presenza e le cure materne. In tale periodo sia il bambino che la bambina hanno un rapporto preferenziale con la madre, in una relazione duale (diade) che viene completata dall'intervento della figura paterna, che trasformerà la relazione in una triade.

Durante la fase fallica, invece, la situazione edipica è legata alla scelta sessuale; la dinamica edipica è una situazione pulsionale in cui gli oggetti sono scelti in funzione del loro sesso. Nel maschio i desideri libidici sono prevalentemente rivolti verso la figura materna, e la figura paterna è vissuta come quella del rivale onnipotente, che si oppone all'esaudimento del desiderio erotico del bambino. Tale atteggiamento può essere visto come una difesa da vissuti di impotenza: è più agevole e tollerabile pensare che una cosa gradita non la si possa fare perché è vietata, piuttosto che ammettere che non si è in grado di farla.

La punizione fantasticata per il desiderio incestuoso è la privazione del fallo (in quanto oggettoHotwordStyle=BookDefault; , zona erogenaHotwordStyle=BookDefault;  privilegiata in questa fase), cioè la castrazione. L'angoscia di castrazioneHotwordStyle=BookDefault;  è quindi il deterrente che impedisce di coltivare il desiderio incestuoso. L'eliminazione dell'angoscia è possibile solo con la rinuncia all'oggetto incestuoso. Per il maschio la situazione edipica tramonta bruscamente con tale rinuncia, agevolata dal fatto che il padre è vissuto al tempo stesso come oggetto vietante e come oggetto da imitare, e che l'immagine paterna è destinataria di affetti ambivalenti, di odio ma anche di amore. La problematica edipica maschile si intreccia, per Freud, con i divieti da lui affrontati in Totem e tabù (1912-13), opera nella quale viene presentata un'ipotesi di radice insieme mitologica e darwiniana sulla genesi del tabù dell'incesto. In tale contesto, il totemismoHotwordStyle=BookDefault;  viene considerato uno stadio di sviluppo attraverso il quale ogni popolo, nella sua evoluzione, giunge a superare la tentazione di trasgredire a una regola che, a livello inconscio, ogni individuo desidera violare.

Per Freud il totemismo si fonda su due leggi fondamentali, in base alle quali, nelle culture primitive, è vietato uccidere il totem  cioè il capo, l'ispiratore morale del «clan» e sostituto del padre  e avere rapporti sessuali con i membri dell'altro sesso appartenenti allo stesso gruppo; tali divieti, tuttavia, vengono altresì considerati da Freud «le voglie più antiche e più forti degli uomini» (ibid.). Secondo questo approccio, nelle orde primitive il maschio teneva per sé tutte le femmine, cacciando dal gruppo gli altri maschi non appena diventavano potenziali rivali. Spinti dal loro atteggiamento ambivalente verso il padre  costituito dall'amore e dall'ammirazione per il capo e, per altro verso, dall'odio per essere stati ostacolati da lui  i figli si riunirono e uccisero il padre. In seguito al parricidio, sarebbero sorti nei figli sentimenti di colpa e di rimorso, vissuti come punizione per aver cercato di appropriarsi di ciò che il padre negava loro. Fu così che la figura del padre, assassinato dai figli, divenne ancora più forte e diede origine al suo sostituto, il totem, la cui uccisione fu proibita; inoltre, venne sancita la rinuncia alle donne, cioè all'oggetto della pulsioneHotwordStyle=BookDefault;  parricida. È chiaro quindi come, nel maschio, il divieto edipico (incestuoso) sia posto da Freud in relazione con il mito del parricidio nell'orda primitiva.

Nella femmina, le vicende edipiche sono differenti, non tanto per motivi culturali  anche se non dobbiamo sottovalutare la pressione sociale che viene esercitata nel definire i ruoli maschile e femminile  ma per le differenze anatomiche fra i sessi. L'angoscia di castrazione non nasce a seguito dei desideri proibiti, ma li precede; la constatazione di essere priva del pene orienta la bambina, dall'originario legame preferenziale con la madre, all'interesse per il padre. La madre è inconsciamente ritenuta colpevole di averla fatta a propria immagine e somiglianza, e cioè priva di pene: il padre è invece ammirato e desiderato perché lo possiede e, avendolo, lo può donare. L'affetto verso il padre è indotto quindi dalla ricerca di un pene e, per associazione simbolica, di un bambino da generare con il padre stesso, a somiglianza di quanto fece la madre. Il complesso edipico femminile si risolverà più gradualmente di quello maschile: in quest'ultimo è l'angoscia di castrazione a provocarne la rimozioneHotwordStyle=BookDefault; , nel primo è la delusione che nasce dalla constatazione dell'impossibilità di ottenere un pene-figlio dal padre (14).

 

 

 

LA  REGRESSIONE  E  IL COMPLESSO  EDIPICO

 

La regressioneHotwordStyle=BookDefault;  è quel meccanismo che fa sì che una certa quantità di energia pulsionale rifluisca, per effetto di ostacoli esterni, a punti focali di fissazioneHotwordStyle=BookDefault; . Naturalmente, tanto più è forte la fissazione, tanto più è facile che avvenga una regressione se ci si viene a trovare di fronte a problemi.

Attraverso questo processo vengono riattivate le modalità di funzionamento psichico, di soddisfacimento pulsionale e di relazione oggettuale tipiche della fase o delle fasi pregenitali in cui si erano verificati fenomeni di fissazione. In altri termini, accade che, di fronte a una situazione traumatica attuale, la psiche ritorni a operare secondo le modalità con le quali precedentemente aveva affrontato altre situazioni problematiche superandole del tutto o in parte.

La quantità di energia pulsionale che rifluisce sul punto di fissazione rafforza quell'energia pulsionale che era rimasta fissata; per contro, tanto maggiore era stata la quantità di energia impegnata e bloccata sul punto di fissazione, tanto minore sarà stata l'energia disponibile per affrontare le successive tappe dello sviluppo, tanto più grande sarà la difficoltà di fronte a situazioni traumatiche attuali, e tanto maggiore la possibilità che si operi una regressione. In conclusione, tanto maggiore sarà stata l'energia pulsionale fissata, tanto minore sarà quella libera e utilizzabile per l'evoluzione successiva, e questo aumenterà le probabilità di regressione.

Anche la scelta della malattiaHotwordStyle=BookDefault;  dipende dal punto di fissazione al quale l'energia pulsionale regredisce, e non dalla natura della situazione conflittuale che scatena la regressione. Infatti la formazione del sintomoHotwordStyle=BookDefault;  è dettata dal reinvestimento dello specifico punto di fissazione. Anche le difese che verranno agite dall'IoHotwordStyle=BookDefault;  inconscioHotwordStyle=BookDefault;  saranno coerenti con il punto di fissazione e con il pericolo da cui ci si deve tutelare.

Ad esempio, nella nevrosiHotwordStyle=BookDefault;  isterica il punto di fissazione è situato nella fase fallicaHotwordStyle=BookDefault; ; è in rapporto con la situazione edipica, e la regressione ha luogo sugli oggetti incestuosiHotwordStyle=BookDefault; ; nella nevrosi ossessivaHotwordStyle=BookDefault;  il punto di fissazione è nella fase analeHotwordStyle=BookDefault; , con la presenza di conflittiHotwordStyle=BookDefault;  caratterizzati dall'ambivalenza, tipica di questa fase; la regressione rafforza quindi il sadismoHotwordStyle=BookDefault;  caratteristico dell'analità; nella psicosiHotwordStyle=BookDefault;  la fissazione si situa nella fase oraleHotwordStyle=BookDefault; , e la regressione, rafforzando il narcisismoHotwordStyle=BookDefault;  orale, comporta una regressione anche a carico dell'Io, con deficit nell'esame di realtà e con disinvestimentoHotwordStyle=BookDefault;  degli oggetti.

Questo meccanismo non è necessariamente patologico. Un esempio di regressione normale lo abbiamo nel sonnoHotwordStyle=BookDefault; . Regressioni temporanee si ritrovano nel bambino che, alla nascitaHotwordStyle=BookDefault;  del fratellino, riprende a bagnare il letto, o a prendere il latte con il biberon, tornando a comportamenti già superati. L'adulto stesso regredisce facilmente in situazioni di difficoltà quali ad esempio la malattia e l'ospedalizzazione.

 

LA  LATENZA

Intorno al quinto-sesto anno di vita, con il superamento della situazione edipica, ha inizio un periodo di relativo arresto dell'evoluzione sessuale, che perdura sino alla pubertà. Le caratteristiche di tale periodo sono essenzialmente una desessualizzazioneHotwordStyle=BookDefault;  delle relazioni oggettualiHotwordStyle=BookDefault;  e dei sentimenti; la prevalenza, quindi, della tenerezza sui desideri sessuali, la comparsa dei sentimenti di pudoreHotwordStyle=BookDefault;  e di ripugnanza e di aspirazioni morali ed estetiche. Con il declinare della conflittualità edipica l'interesse del bambino si distoglie dal proprio corpo e dai desideri irrealizzabili nei confronti delle figure genitoriali. Le pulsioni sessuali abbandonano le mete genitali e in parte vengono utilizzate per rimuovere i desideri infantili pericolosi e inattuabili e le esperienze a essi collegate, generando la profonda dimenticanza che, nell'adulto, avvolgerà la vita infantile. Un'altra parte delle pulsioni sessuali, invece, viene utilizzata per lo sviluppo di una più ampia dimensione affettiva, costituita dalle relazioni sociali, che in quest'epoca sono particolarmente intense perché il bambino non si rapporta più solo con l'ambiente familiare, ma comincia a entrare nel mondo della scuola.

Il periodo di latenzaHotwordStyle=BookDefault;  è, in fondo, lo scotto da pagare per uscire dal complesso edipicoHotwordStyle=BookDefault; , che verrà profondamente rimosso, con una conseguente amnesia riguardante i primi anni di vita; ma è, insieme, l'occasione per un ulteriore sviluppo psichico, attraverso una più precisa identificazioneHotwordStyle=BookDefault;  con i genitoriHotwordStyle=BookDefault;  e un aumento delle capacità di sublimazioneHotwordStyle=BookDefault; .

Alla tempesta emotiva che ha caratterizzato la fase precedente subentra un periodo di calma, che si protrarrà sino alla pubertà. Acquistano importanza le esperienze che la comunità propone al bambino quale individuo sociale, e attraverso le quali avviene la trasmissione del patrimonio culturale che caratterizza il gruppo sociale di appartenenza. Le energie che il bambino aveva impegnato nel tentativo di perseguire i desideri edipici sono ora disponibili per l'acquisizione di nuovi strumenti intellettuali.

Tale periodo di pacificazione viene da Freud denominato di latenza, per sottolineare che le intense pressioni della libidoHotwordStyle=BookDefault;  si sono solo apparentemente sedate: avranno un violento risveglio nel periodo successivo, quello della pubertà.

 

IL  NARCISIMO

Il narcisismoHotwordStyle=BookDefault;  può essere definito come uno stadio intermedio tra l'autoerotismo e l'alloerotismo, in cui il bambino investe tutta la libidoHotwordStyle=BookDefault;  su sé stesso prima di rivolgerla agli oggetti esterni. Come scrive Freud nel già citato caso clinico del presidente Schreber, il bambino comincia a considerare sé stesso e il proprio corpo come oggettoHotwordStyle=BookDefault;  d'amore, e questo consente una prima unificazione delle pulsioni sessuali.

Nell'autoerotismo ciascuna pulsioneHotwordStyle=BookDefault;  cerca il proprio appagamento legandolo al funzionamento di un organo; nel narcisismo primarioHotwordStyle=BookDefault;  l'appagamento è ancora autoerotico, ma con riferimento a un'immagine unificata del proprio corpo o a un primo abbozzo dell'IoHotwordStyle=BookDefault; . Questa fase è in sé funzionale alla formazione dell'Io, ma se non viene superata predispone il soggetto alla paranoiaHotwordStyle=BookDefault; , così come un arresto allo stadio autoerotico predispone alla schizofreniaHotwordStyle=BookDefault; . Con il modello strutturale Freud elimina la distinzione tra autoerotismo e narcisismo, perché colloca il narcisismo primario in una fase della vita antecedente alla costituzione dell'Io, il cui modello è la vita intrauterina, caratterizzata dall'assoluta assenza di relazioni oggettualiHotwordStyle=BookDefault; . Non abbandona tuttavia l'idea di un narcisismo contemporaneo alla formazione dell'Io mediante identificazioneHotwordStyle=BookDefault;  con l'altro, ma lo chiamerà narcisismo secondarioHotwordStyle=BookDefault; : «La libido che affluisce verso l'Io tramite le identificazioni (...) rappresenta il suo narcisismo secondario. Il narcisismo dell'Io è un narcisismo secondario, sottratto agli oggetti» (L'Io e l'Es, 1922b, p. 257). Il narcisismo secondario consiste quindi in un ripiegamento sull'Io della libido sottratta ai suoi investimenti oggettuali. Questo è possibile in quanto gli investimenti oggettuali non eliminano gli investimenti dell'Io di cui l'ideale dell'IoHotwordStyle=BookDefault;  è una tipica conferma, e inoltre perché, dice Freud, «l'Io va considerato come un grande serbatoio di libido da cui viene emanata la libido sugli oggetti, essendo comunque l'Io sempre pronto ad assumere su di sé la libido che da questi rifluisce» (Due voci di enciclopedia, 1922a, p. 460).

 

LA  PUBERTA’

Le manifestazioni fisiologiche della maturazione genitale inducono la fine del periodo di quiete della latenza e l'ingresso nella pubertà. Sotto la pressione della maturazione biologica, l'organizzazione libidica diviene definitiva. Si riattivano le pulsioni sino ad allora tacitate e si ricrea lo stato di desiderioHotwordStyle=BookDefault;  di un partner sessuale, che aveva caratterizzato la conflittualità edipica. Nella femmina, la scoperta della vagina come zona erogenaHotwordStyle=BookDefault;  costituisce un passo evolutivo rispetto alla precedente fase fallicaHotwordStyle=BookDefault; .

Inoltre, vi è un impasto pulsionale, dovuto alla più completa integrazione dell'Io, per cui l'aggressività è posta al servizio della pulsioneHotwordStyle=BookDefault;  libidica, che ha ora per meta l'unione sessuale, e si stabilisce una coincidenza delle correnti affettive della tenerezza e della sensualità.

Il riconoscimento della propria incompletezza induce l'indirizzarsi della ricerca del proprio completamento al di fuori della famiglia. La genitalità costituisce per la psicoanalisiHotwordStyle=BookDefault;  un equilibrio raggiunto, una meta formativa: dal punto di vista fisiologico si è raggiunta la capacità generativa, dal punto di vista psicologico la libidoHotwordStyle=BookDefault;  sceglie i suoi oggetti nei partner sessuali idonei. È stato raggiunto un desiderio maturo di rapporto con l'altro.

La relazione oggettuale muta profondamente; mentre nella fase pregenitale è modellata sulle diverse esperienze tipiche di ogni situazione evolutiva (nella fase oraleHotwordStyle=BookDefault; , divorare-essere divorato; nella fase analeHotwordStyle=BookDefault; , controllare-essere controllato; in quella fallica, penetrare-essere penetrato), nell'organizzazione genitale essa diviene una relazione di scambio paritetico, di dare-ricevere.

Le pulsioni parzialiHotwordStyle=BookDefault;  non scompaiono completamente, e quello che ne resta viene posto al servizio del rapporto genitale. In un rapporto genitale maturo sono presenti elementi tipici delle pulsioni parziali: esiste il piacereHotwordStyle=BookDefault;  di guardare e di toccare; il bacio è un atto originariamente orale e l'abbraccio è legato al controllo muscolare anale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SOGNO

 

Lo studio dei sogni costituisce per la psicologiaHotwordStyle=BookDefault;  un constributo rivoluzionario. Va riconosciuto a Freud il merito di aver compreso il significato dei sogni: egli si rese subito conto di aver iniziato un'espolorazione in «un altro mondo», che avrebbe svelato la «via regia», o «la strada maestra», per arrivare a conoscere l'inconscio. «nell'ingenua opinione di chi si sveglia, il sognoHotwordStyle=BookDefault; , se pure non proviene da un altro mondo, ci rapisce tuttavia, mentre dormiamo, in un altro mondo» (L'interpretazione dei sogni, 1899). Nella sua concezione teorica, attraverso l'interpretazione è possibile scoprire qualcosa di più sull'inconscio, poiché l'attività onirica rappresenta il ponte tra il nostro mondo interno e la realtà esterna; dimensioni tra le quali esiste un legame dialettico e indissolubile.

A differenza di quanto accadeva all'inizio del secolo, lo studio dei sogni non è più giudicato un fatto superfluo e privo di valore pratico, o addirittura trascurabile perché antiscientifico, ma rientra nel campo d'indagine dei processi psichici. Lo stesso Freud attribuiva un così grande valore al proprio lavoro sui sogni perché sosteneva che in nessun altro fenomeno della vita psichica normale viene svelata con tanta chiarezza una così grande quantità di processi psichici inconsci. Lo studio del sogno ci aiuta anche a spiegare i problemi psicologici che emergono, e a descrivere molti processi mentali la cui conoscenza è di estremo interesse per la comprensione del funzionamento della mente umana.

Il sonnoHotwordStyle=BookDefault;  è un momento necessario e fondamentale per il sano equilibrio dell'individuo. Comportando un rilassamento completo, il sonno consente la riorganizzazione delle esperienze diurne, oltre che un ristoro dal punto di vista fisico. In caso di «stress psicofisico», infatti, subentra l'insonnia: la mente non riesce a smettere di elaborare i dati, e diventa impossibile scaricare la tensione e riposare.

Il sognare è il processo attraverso il quale un impulso dell'EsHotwordStyle=BookDefault;  viene gratificato in fantasia; tale meccanismo consente di contenere il carattere di urgenza della scaricaHotwordStyle=BookDefault;  dell'energia pulsionale, e così l'IoHotwordStyle=BookDefault;  ha modo di soddisfare la pulsioneHotwordStyle=BookDefault; . Quando il processo «funziona bene», con modalità adeguate, e si realizza l'appagamento del desiderio inconscio, il sonno risulta protetto, nel senso che l'individuo che sogna non ha bisogno di svegliarsi per allentare la tensione (come accade, invece, nel caso dei sogni d'incubo).

Possiamo, a questo punto, dare una prima definizione del sogno come un fenomeno psichico che ha luogo durante lo stato di sonno: tale stato consente, come vedremo meglio più avanti, l'emergenza di alcuni contenuti profondi che, in modo deformato, giungono alla coscienzaHotwordStyle=BookDefault;  per far sì che i desideri inconsciHotwordStyle=BookDefault;  vengano appagati in modo allucinatorio.

Il sogno manifestoHotwordStyle=BookDefault;  è un meccanismo psichico essenzialmente visivo e rappresenta la realizzazione di un desiderioHotwordStyle=BookDefault; . Ciò è dovuto anche alla natura del contenuto latenteHotwordStyle=BookDefault; , che è la fonte principale dell'energia psichica. L'elemento dell'Es che svolge questo ruolo nel contenuto latente non può far altro che premere per ottenere la gratificazione, dato che questa è la vera natura delle pulsioni istintuali di cui il contenuto latente costituisce un derivato. Nel sogno, spesso il contenuto è parziale, per cui la caricaHotwordStyle=BookDefault;  psichica legata alla pulsione, che preme per essere scaricata, induce un certo dispendio di energia. Ciò che ricordiamo del sogno, cioè quello che riusciamo a rievocare dopo il risveglio, è il contenuto onirico manifestoHotwordStyle=BookDefault; , costituito prevalentemente da materiale a volte coerente, spesso sconnesso e slegato, da immagini visive e da situazioni gradevoli o sgradevoli.

Nei sogni dei bambini, come vedremo meglio in seguito, il contenuto manifesto descrive in modo chiaro il desiderio sottostante (ho sete e sogno di bere). Si tratta, tuttavia, dell'unico caso in cui i contenuti latente e manifesto coincidono, perché in genere il contenuto manifesto è una versione travestita e deformata di una particolare fantasia: il lavoro di deformazioneHotwordStyle=BookDefault;  ci porta molto lontani dall'impulso originario.

Il contenuto manifesto del sogno degli adulti è una versione travestita e deformata di una particolare fantasia. Tanto più la capacità dell'Io è raffinata, tanto maggiori saranno le distorsioni del contenuto latente del sogno.

Esistono sogni che vengono ricordati per tutta la vita; in genere si tratta di sogni densi di contenuti e vissuti importanti per il soggetto.Possiamo dunque considerare l'attività onirica come un altro mezzo che la mente ha a disposizione per controllare e rielaborare le ansie e le angosce che ogni persona si porta dentro.

Noi sappiamo che la mente non smette mai di «lavorare» e di elaborare i pensieri e le emozioni: nei sogni di premonizioneHotwordStyle=BookDefault; , per esempio, l'attività cognitiva si impegna per riuscire a controllare le angosce e per ripararsi dagli eventi negativi del mondo esterno; il sognare, allora, ha la funzione di aiutare il soggetto a controllare la realtà. Anche il cosiddetto «malocchio» o la superstizione in generale sono fantasieHotwordStyle=BookDefault;  che la mente utilizza per riuscire, attraverso i gesti scaramantici, a dominare la realtà: come in un gioco di proiezioni, in cui risulta molto più semplice gettare su entità esterne le proprie paure interiori. Questi fenomeni sono spiegabili con il fatto che tutto ciò che diventa comprensibile spaventa molto meno, perché la paura diventa controllabile, e così il fenomeno spaventoso perde la sua forza.

Il sogno è uno spazio mentale per la gratificazione degli impulsi provenienti dall'Es; quindi il suo scopo è raggiungere la gratificazione, anche se tale gratificazione deve risultare incomprensibile nel contenuto manifesto del sogno, a causa del lavoro oniricoHotwordStyle=BookDefault;  che trasforma i contenuti latenti. Non sempre, però, l'Io e il Super-ioHotwordStyle=BookDefault;  riescono a operare in maniera adeguata.

Il lavoro onirico ha a disposizione alcuni strumenti fondamentali che lo aiutano a complicare la scena del sogno: la censuraHotwordStyle=BookDefault;  è uno di questi, e accade che l'opposizione delle difese dell'Io nei confronti dei contenuti provenienti dal rimosso costituisca la causa principale del fatto che il contenuto manifesto risulta così spesso incomprensibile e completamente irriconoscibile come realizzazione del desiderio di partenza.

I pensieri, le pulsioni e le sensazioni che appartengono al contenuto latente, ma che non sono rimossi, riescono più facilmente ad arrivare alla coscienza, e appaiono come sogno manifesto. L'Io, tuttavia, vigila, e difficilmente emerge il desiderio: l'Io teme che ciò che affiora alla coscienza possa turbare l'equilibrio. Secondo Freud la formazione di compromesso può essere spiegata dal fatto che i diversi elementi del sogno sono leggibili come una soluzione del conflitto tra due forze opposte. Il compromesso consentirebbe di placarle entrambe: un esempio può essere il contrasto tra il contenuto onirico latente e le difese dell'Io.

Un altro fenomeno di compromesso consiste nel fatto che talvolta in un sogno manifesto una parte appare vaga e indefinita; questo fenomeno evidenzia il modo di operare delle difese. I sogni d'ansiaHotwordStyle=BookDefault;  rappresentano l'insuccesso delle operazioni difensive dell'Io, per cui un elemento del contenuto onirico latente ha superato le difese dell'Io ed è riuscito a raggiungere la coscienza.

Con i sogni di punizioneHotwordStyle=BookDefault;  l'Io anticipa il senso di colpaHotwordStyle=BookDefault; , in quanto anticipa la condanna del Super-io. Ciò avviene se il contenuto onirico latente riesce a far pervenire alla coscienza contenuti troppo investiti; anche in questo caso le difese dell'Io contrastano il contenuto latente, ma il risultato è che il sogno, anziché esprimere una fantasia travestita da realizzazione del desiderio rimosso, esprime una fantasia più o meno mascherata della punizione per quel desiderio. In effetti si tratta di un compromesso straordinario tra l'Io, l'Es e il Super-io.

Con la tecnica delle associazioni libereHotwordStyle=BookDefault;  (tecnica che si accompagna, come scrive Freud, ad altre strategie) è possibile scoprire, dietro, o meglio al di sotto del contenuto manifesto, un materiale psichico denso di significati: il contenuto onirico latente.

 

Tutto il materiale che costituisce il contenuto del sognoHotwordStyle=BookDefault;  deriva, in qualche modo, da ciò che abbiamo vissuto e così viene riprodotto e ricordato nel sogno. Sarebbe però un errore supporre che una tale connessione risulti immediatamente da un semplice confronto; occorre invece ricercarla attentamente» (Freud, 1899, p. 32).

L'esperienza cosciente fatta durante il sogno, che può essere ricordata o meno dopo il risveglio, viene definita, come abbiamo detto, sogno manifestoHotwordStyle=BookDefault; , e gli elementi che lo compongono prendono il nome di contenuto onirico manifestoHotwordStyle=BookDefault; . Quindi, nella formazione della scena onirica manifesta, accade che una serie di elementi di svariata provenienza (residui diurniHotwordStyle=BookDefault; , ricordi, sensazioni gradevoli o sgradevoli, elementi incomprensibili a livello cosciente, provenienti dall'inconscio) «collaborino» per costruire una scena che abbia una certa trama, un certo senso: proprio come in una rappresentazione teatrale o filmica, diversi personaggi e paesaggi si alternano nella mente di chi sogna.

Il sogno manifesto, dunque, si esprime «prevalentemente per immagini visive», ma si serve anche di immagini uditive, e in minor misura degli altri sensi.

Il contenuto manifesto si differenzia dal contenuto latenteHotwordStyle=BookDefault; , in quanto:

  1. a) il primo è cosciente, il secondo è inconscioHotwordStyle=BookDefault; ;
  2. b) il contenuto manifesto è costituito da un'immagine visiva, il contenuto latente è un desiderioHotwordStyle=BookDefault; o un impulso;
  3. c) il contenuto manifesto è una fantasia che rappresenta come già appagato il desiderio o l'impulso latente, cioè una fantasia che consente la gratificazione dell'impulso o desiderio latente;
  4. d) la relazione tra il contenuto onirico manifesto e quello latente consiste nel fatto che il sogno manifesto è costituito dalla fantasia cosciente che il desiderio latente possa essere gratificato, espressa sotto forma di immagini o di esperienze visive.

Scrive Freud: «Pensieri onirici (latenti) e contenuto onirico manifesto stanno davanti a noi come due posizioni del medesimo contenuto in due lingue diverse, o meglio, il contenuto manifesto ci appare come una traduzione dei pensieri del sogno in un altro modo di espressione, di cui dobbiamo imparare a conoscere caratteri e regole sintattiche, confrontando l'originale e la traduzione» (ibid., p. 257).

La traduzione di cui parla Freud è realizzata attraverso il lavoro oniricoHotwordStyle=BookDefault; , cioè l'insieme di operazioni psichiche inconsce che hanno la funzione di trasformare il contenuto latente in sogno manifesto.

Distinguiamo ora, all'interno del contenuto latente, alcuni elementi essenziali.

I desideri inconsciHotwordStyle=BookDefault;  sono i contenuti dell'EsHotwordStyle=BookDefault;  ai quali, durante lo stato di veglia, la censuraHotwordStyle=BookDefault;   il meccanismo di difesa agito dalla parte inconscia dell'IoHotwordStyle=BookDefault;  impedisce di raggiungere il sistema preconscioHotwordStyle=BookDefault; . In uno stesso sogno possono essere presenti più desideri; quando ciò accade, essi sono collegati tra loro, in quanto ciascuno copre un desiderio più arcaico, in una catena alla base della quale esiste un desiderio infantile.

I pensieri onirici latenti sono i desideri preconsci attuali, o impressioni indifferenti subite durante la veglia, che hanno conservato un certo investimentoHotwordStyle=BookDefault;  durante il sonnoHotwordStyle=BookDefault; . Tali contenuti trovano spesso la loro origine in esperienze recenti (del giorno prima): sono i cosiddetti residui diurni. Accanto a essi vi sono i pensieri preconsci connessi a esperienze molto anteriori, di solito risalenti all'infanzia.

Gli eccitamenti sensoriali, provenienti da fonti somatiche (fame, sete, desideri sessuali), producono contenuti particolari in presenza dei desideri inconsci, ma solo se questi ultimi sono congruenti con le specifiche pulsioni coinvolte.

Tra i diversi elementi del contenuto onirico latente appena elencati, il più importante è senza dubbioHotwordStyle=BookDefault;  il primo: il desiderio inconscio. Le preoccupazioni attuali e gli eccitamenti sensoriali hanno libero accesso al sogno solo se sono in grado di risultare connessi e rafforzati dai desideri inconsci.

importante ora capire come e perché dal contenuto onirico latente si giunge a quello manifesto. Il contenuto latente contiene gli impulsi dell'Es, che sono carichi di energia pulsionale: tale energia preme, sotto forma di desiderio, per oltrepassare le barriere della censura, diventare preconscia, quindi cosciente, ed essere infine scaricata.Il mancato soddisfacimento del desiderio provoca lo stato di tensione: durante il sonno, tale stato disturba o impedisce il sonno stesso. Se è all'opera un desiderio inconscio, il sonno è turbato e talvolta interrotto; se invece ciò che turba è a livello cosciente, è più probabile che vi sia un'iniziale difficoltà ad addormentarsi.

Tanto più la capacità dell'Io di censurare i contenuti dell'Es è raffinata, tanto maggiori saranno le distorsioni presenti nella scena del sogno. Lo stato di sonno rende possibile il parziale allentamento della censura: i desideri inconsci non possono più trovare sbocco nell'azione.

Un altro aspetto da tenere presente consiste nel fatto che durante il sonno si verifica una notevole diminuzione, da parte dell'Io, della capacità di esame di realtà, quindi della capacità di distinguere tra gli stimoli provenienti dal mondo interno e quelli provenienti dalla realtà esterna. Inoltre, durante il sonno si produce una profonda regressioneHotwordStyle=BookDefault;  del funzionamento dell'Io a un livello caratteristico dei primi periodi di vita: per esempio, il pensiero è guidato dal processo primarioHotwordStyle=BookDefault;  ed è composto prevalentemente di immagini visive.

L'Io, dominato dal desiderio di dormire, abbassa la guardia, nel senso che allenta le energie utilizzate durante lo stato di veglia per attivare i meccanismi di difesaHotwordStyle=BookDefault; . In altri termini, il sonno tende a produrre un certo indebolimento delle difese dell'Io rispetto al materiale psichico rimosso; quindi, mentre si dorme, «la barriera diventa più fragile»: il materiale inconscio ha più possibilità di arrivare alla coscienzaHotwordStyle=BookDefault;  durante l'attività onirica di quante non ne abbia durante lo stato di veglia. Freud, a questo proposito, ha parlato di formazione di compromesso tra due forze opposte che si scontrano.

Abbassamento delle difese e allentamento della censura non significano però «libero accesso del materiale rimosso alla coscienza», perché, se così fosse, il contenuto latente e quello manifesto coinciderebbero, e l'inconscio riuscirebbe a inserirsi, con la sua caricaHotwordStyle=BookDefault;  conflittuale e la sua irruenza, nella sfera dell'Io cosciente: il risultato sarebbe quello di turbare il sonno e non di proteggerlo. La censura invece, benché allentata, continua a operare: l'Io non smette mai di difendersi anche mentre «dorme».Tale operazione protettiva è svolta dal lavoro onirico.

 

Il lavoro oniricoHotwordStyle=BookDefault;  ha come scopo principale la deformazioneHotwordStyle=BookDefault;  del contenuto latenteHotwordStyle=BookDefault; , che viene così reso innocuo e accettabile dalla coscienzaHotwordStyle=BookDefault;  sotto forma di contenuto manifesto; in questo processo, un ruolo fondamentale viene svolto dalla censuraHotwordStyle=BookDefault; , che è parte integrante del lavoro onirico. Le operazioni difensive dell'IoHotwordStyle=BookDefault;  esercitano una grande influenza sulla formazione e la deformazione delle fantasieHotwordStyle=BookDefault; ; Freud definisce il lavoro onirico il censore onnipotente del sognoHotwordStyle=BookDefault; : «La pressione della censura è la vera motivazione della prevalenza delle associazioni superficiali. Queste sostituiscono nella rappresentazione quelle profonde, quando la censura rende impraticabili le normali vie di collegamento. È come quando un ostacolo generale alla circolazione, per esempio un'inondazione, rende impraticabili in montagna le strade grandi e larghe e il traffico viene allora dirottato su sentieri scomodi e scoscesi, battuti per solito soltanto dai cacciatori» (1899, p. 481).

Anche se il sonnoHotwordStyle=BookDefault;  allenta le difese dell'Io, la censura continua tuttavia a svolgere la sua funzione principale: preservare e proteggere il sonno, e impedire l'insorgere di affetti spiacevoli. Appare allora chiaro che «il sogno è il tutore del sonno» e allenta la tensione attraverso l'appagamento mascherato di un desiderioHotwordStyle=BookDefault;  rimosso.

È però necessario precisare che questa non è una regola valida in assoluto: esistono infatti i sogni di angosciaHotwordStyle=BookDefault; , nei quali la funzione della censura fallisce, e l'individuo che sogna si sveglia spaventato interrompendo il sogno: ciò accade perché il contenuto manifesto è troppo prossimo a quello latente, l'angoscia diventa eccessiva e il sonno ne risulta, appunto, turbato fino al risveglio. In questi casi, spesso chi dorme introduce nel sogno il pensiero: «È solo un sogno!» In tal modo riesce a difendere il sogno e, con il sogno, il sonno.

Nel lavoro onirico possiamo distinguere due importanti fattori:

  1. a) la traduzione, nel linguaggio del processo primarioHotwordStyle=BookDefault; , di quelle parti del contenuto latente che non sono già espresse in questo linguaggio;
  2. b) la condensazioneHotwordStyle=BookDefault; degli elementi del contenuto latente in una fantasia che consente la realizzazione del desiderio.

In linea di massima, si tratta di operazioni difensive dell'Io, che esercitano una grande influenza sulla traduzione e sulla formazione delle fantasie. Freud definisce il lavoro onirico il «censore onnipotente del sogno».

Secondo la teoria freudiana l'elaborazione secondariaHotwordStyle=BookDefault; , cioè il lavoro di traduzione in linguaggio del processo primario, è un tentativo di dare la massima approssimazione agli elementi onirici latenti, mentre la fantasia, che appartiene anch'essa al contenuto latente, rappresenta la gratificazione dell'impulso proveniente dal rimosso.

Freud afferma che la trasformazione del contenuto latente in contenuto manifesto da parte del lavoro onirico è un processo estremamente complicato, ma il lavoro onirico ha a disposizione alcuni strumenti efficaci che lo aiutano a organizzare la scena del sogno. Tali processi sono:

  1. a) combinare il desiderio pulsionale con i residui diurniHotwordStyle=BookDefault; preconsci, in modo da arrivare alla costruzione di un desiderio onirico preconscioHotwordStyle=BookDefault; ;
  2. b) portare questo desiderio alla coscienza, facendolo percepire come già appagato, in modo che venga vissuto come reale;
  3. c) far regredire l'eccitamento, che normalmente trae origine dal sistema percettivo per giungere all'inconscio, facendogli seguire un corso inverso, e cioè dall'inconscio al sistema percezione-coscienza, per cui i pensieri vengono trasformati in immagini visive e acustiche o tradotti in un linguaggio figurato. Il desiderio del sogno viene così allucinato e, in quanto allucinazioneHotwordStyle=BookDefault; , crede nella realtà del suo appagamento;
  4. d) procedere nell'elaborazione secondaria della percezione sensoriale, eliminando le lacune e inserendo le connessioni, in una parola organizzando il materiale onirico in modo più o meno omogeneo.

La deformazione ha luogo quando i residui diurni e il desiderio pulsionale passano dall'inconscio al preconscio. I procedimenti fondamentali che stanno alla base della deformazione, e quindi del lavoro onirico, sono:

  1. a) lo spostamentoHotwordStyle=BookDefault; , in cui l'intensità della caricaHotwordStyle=BookDefault; pulsionale viene spostata da una rappresentazione a un'altra. La conseguenza è che un elemento inconscio di grande rilievo per l'Io viene rappresentato, nel contenuto manifesto, da un elemento marginale o secondario e viceversa. Secondo Freud, dunque, con il meccanismo dello spostamento l'attenzione di cui dovrebbe essere investita una rappresentazione viene spostata su un'altra, molto meno significativa, che acquista così un rilievo particolare, relegando sullo sfondo l'immagine più importante, ma inaccettabile per il sognatore. Perché si effettui questo spostamento, deve essere stato possibile che l'energia di investimentoHotwordStyle=BookDefault; passasse, senza inibizioni, dalle rappresentazioni importanti a quelle insignificanti, cosa che, come scrive Freud, nel normale pensiero capace di coscienza non può non suscitare l'impressione di un ragionamento erroneo.

Lo spostamento avviene non solo dando rilievo marginale ai personaggi del sogno, che invece, nel contenuto latente, sono connessi a rappresentazioni inconsce cariche di energia pulsionale, ma anche utilizzando l'allusione. Questo si verifica quando il personaggio (o la situazione) del contenuto manifesto contiene solo alcuni particolari secondari e attribuibili al corrispondente contenuto latente (ad esempio, l'immagine paterna del contenuto latente è rappresentata da una figura maschile del tutto diversa nell'aspetto, pur avendo una sola caratteristica somatica che richiama l'immagine del padreHotwordStyle=BookDefault; ).

In questi casi si allude, con il contenuto manifesto, a un suo corrispondente contenuto latente che non può emergere direttamente, perché se così fosse la situazione conflittuale risulterebbe troppo poco mascherata.

Quindi il sogno risulta diversamente centrato, e il suo contenuto si snoda sulla base di vari elementi, diversi dai pensieri del sogno (come ad esempio nel sogno della monografia botanica, vedi oltre).

Nella condensazione il sogno manifestoHotwordStyle=BookDefault;  rappresenta una versione altamente condensata e concentrata di tutti i pensieri, le sensazioni e i desideri che compongono il contenuto onirico latente. La condensazione spiega le diverse modalità di interpretazione del sognoHotwordStyle=BookDefault; , perché un elemento può rappresentare persone diverse, sensazioni forti ma camuffate, eventi densi di significato. Il motivo per cui l'impulso non viene scaricato, e il contenuto manifesto deve risultare incomprensibile e camuffato, consiste nel fatto che lo scopo finale dell'attività onirica è sempre la gratificazione del desiderio, che preme per essere soddisfatto, non importa con quali strumenti.

Il lavoro di condensazione è ciò che rende il sogno «scarno, misero, laconico, in confronto alla mole e alla ricchezza dei pensieri del sogno». Freud parla di una sorta di compressione del materiale psichico durante la scena onirica: si ha spesso la sensazione di aver sognato moltissimo durante tutta la notte e di aver poi dimenticato la maggior parte delle scene sognate; in realtà ciò che riusciamo a rievocare al risveglio è soltanto un residuo del lavoro onirico complessivo.La condensazione può essere ottenuta con diversi mezzi: a volte viene conservato un solo elemento (tema, persona ecc.), che risulta ripetutamente presente in diversi pensieri del sogno; oppure vari elementi possono essere raggruppati in un'unità eterogenea (un personaggio composito, per esempio). Se, da un lato, il meccanismo della condensazione può essere considerato un espediente per aggirare l'ostacolo della censura e far affiorare alla coscienza pensieri inaccettabili, dall'altro il «mascheramento» che la condensazione riesce a compiere rende ancora più arduo il compito di interpretazione del sogno.

Il motivo per cui l'impulso non viene scaricato e il contenuto manifesto deve risultare incomprensibile e camuffato consiste nel fatto che lo scopo finale dell'attività onirica è sempre la gratificazione del desiderio, il quale preme per essere soddisfatto, non importa con quali strumenti. È inoltre necessario proteggere il sonno; il sognatore non deve svegliarsi, per cui non deve stupirci il fatto che il contenuto manifesto non è comprensibile. Questo è uno dei compiti principali del lavoro onirico che, attivando le difese dell'Io, mette in atto la censura onirica.

La rappresentazione plastica (raffigurabilità)  la condizione per la quale un pensiero può essere trasformato in un'immagine visiva. La maggior parte di queste immagini sono ritenute vere dal soggetto che sogna. A volte, anche se raramente, vi possono essere altre modalità sensoriali, come quelle tattile, cinestesica o uditiva. Altre volte, certi sogni si presentano solo come pensieri, idee, stati d'animo. La rappresentazione plastica, per Freud, è l'elaborazione dell'immagine del sogno: «La trasformazione dei pensieri in immagini [può] essere la conseguenza dell'attrazione che il ricordoHotwordStyle=BookDefault; , rappresentato in modo visivo, e tendente a rianimarsi, esercita sul pensiero escluso dalla coscienza, che lotta per esprimersi» (Freud, 1899, p. 498). Secondo questa concezione, si potrebbe anche descrivere il sogno come «il surrogato alterato attraverso la traslazione su materiale recente, della scena infantile» (ibid., p. 499).

L'elaborazione secondaria consente al sogno di assumere logicità e coerenza, e consiste nel tentativo dell'Io di formare il contenuto onirico manifestoHotwordStyle=BookDefault;  secondo un certo filo logico: L'organizzazione narrativa e la storia che viene descritta dal sognatore quando riferisce il suo sogno sono il risultato dell'attività di questo meccanismo, responsabile anche del fatto che spesso il soggetto cerca di adattare il sogno alla realtà, elaborandolo ulteriormente.

Il materiale inconscio, come abbiamo visto, viene sottoposto a drammatizzazioneHotwordStyle=BookDefault; , viene cioè tradotto in immagini visive e acustiche che rappresentano, proprio come in uno spettacolo teatrale, il contenuto manifesto.

Se osserviamo i processi di sviluppo a partire dall'infanzia, vediamo che l'Io del bambino è, in un primo momento, capace di rappresentarsi le cose, e solo in seguito, con l'acquisizione delle funzioni linguistiche e cognitive più complesse, è in grado di rappresentarsi le parole che simboleggiano gli oggetti della realtà. Durante l'attività onirica compare il processo di regressioneHotwordStyle=BookDefault; , per cui dalla rappresentazione di parole si regredisce e si ritorna alla più antica rappresentazione di cose.

L'utilità della drammatizzazione consiste nel poter giungere, attraverso una scena onirica, alla caricaHotwordStyle=BookDefault;  allucinatoria del sistema percettivo; in tal modo il desiderioHotwordStyle=BookDefault;  profondo può essere soddisfatto attraverso l'allucinazione. Nel sognoHotwordStyle=BookDefault;  i pensieri vengono trasformati in immagini, principalmente visive e di rado anche acustiche.

Tali immagini sono, come abbiamo già detto, in stretta relazione con i contenuti inconsci attraverso i processi di condensazioneHotwordStyle=BookDefault;  e di spostamentoHotwordStyle=BookDefault; .

L'IoHotwordStyle=BookDefault;  cerca di costruire un sogno che abbia un senso e che risulti guidato da una trama ben precisa; cerca, inoltre, di attribuire un valore di legame alle diverse scene e impressioni che si susseguono durante gli episodi del sogno e nelle immagini oniriche. Non si tratta però di una regola assoluta o di un'operazione che riesce in tutti i sogni; accade spesso che alcuni contenuti inconsci sfuggano in qualche modo a tale relazione ed entrino, per essere tradotti nel sogno manifestoHotwordStyle=BookDefault; , in una relazione simbolica in cui alcuni elementi del contenuto latenteHotwordStyle=BookDefault;  vengono espressi e tradotti in un linguaggio diverso, il linguaggio dei simboli.

 

«In genere la tecnica di interpretazione secondo le libere associazioni del sognatore ci lascia in difficoltà quando si arriva agli elementi simbolici del contenuto del sogno» (1899, p. 305). Freud parla dei simboli del sognoHotwordStyle=BookDefault;  come di rappresentazioni indirette all'interno della scena onirica: «In una serie di casi, l'elemento comune tra il simboloHotwordStyle=BookDefault;  e l'oggetto vero e proprio di cui fa le veci è palese, in altri è celato; la scelta del simbolo appare allora enigmatica» (ibid., p. 325).

Il sogno si serve del simbolismo per la rappresentazione mascherata dei suoi pensieri latenti. I simboli nei sogni hanno le seguenti caratteristiche:

  1. a) sono un elemento muto, nel senso che il soggetto non è in grado di fornire delle associazioni riguardo a essi;
  2. b) sono in rapporto costante con la sua traduzione inconscia, nel senso che un simbolo rappresenta sempre un solo contenuto inconscioHotwordStyle=BookDefault; (anche se tale contenuto può essere rappresentato da più simboli);
  3. c) sono in rapporto con quanto è da essi simboleggiato, secondo un legame fondato essenzialmente sull'analogia (di forma, di dimensioni, di funzione, di ritmo ecc.) o sull'allusione (per contiguità o per contrasto).

I simboli individuati sono molto numerosi e hanno in comune il fatto di rappresentare le relazioni infantili con gli oggetti più importanti del mondo affettivo del bambino. Per quanto molteplici, come si è detto, essi rappresentano in realtà alcuni contenuti ricorrenti: il corpo, i genitoriHotwordStyle=BookDefault; , i fratelli e le sorelle, la nascitaHotwordStyle=BookDefault; , la morte, la nudità, gli organi sessuali e l'accoppiamento. Sull'origine dei simboli possiamo riproporre quanto abbiamo detto a proposito del contenuto originario dell'inconscio: è probabile, posto che tali simboli sono universali e che dunque non possono dipendere dall'esperienza, necessariamente legata agli aspetti culturali, che, come le fantasieHotwordStyle=BookDefault;  originarie, essi facciano parte del patrimonio genetico umano. Sono elementi che sembrano avere un significato fisso, anche se non unico; è come se ci fosse «una relazione costante fra un elemento onirico e la sua traduzione».

La conoscenza del significato dei simboli può essere tratta dai miti, dalle fiabe e dal folclore. Nel sognatore la conoscenza del simbolismo è di natura inconscia; i simboli hanno spesso significati differenti e ambigui, e necessitano, per la loro interpretazione, di conoscenze specifiche spesso estranee al sognatore.

 

«Interpretare un sognoHotwordStyle=BookDefault;  significa indicare il suo senso, sostituirlo con qualche cosa che si inserisca come elemento di grande importanza e di pari valore nella concatenazione delle nostre azioni psichiche» (1899, p. 109).

Alla luce di quanto affermato finora, appare chiaro che l'interpretazione dei sogni e dei simboli onirici non è assolutamente un compito semplice, perché richiede l'applicazione della tecnica psicoanaliticaHotwordStyle=BookDefault; , trattandosi di un procedimento che fa parte della pratica piuttosto che della teoria.

Freud, a questo proposito, scrive: «Non si deve tuttavia dimenticare la singolare plasticità del materiale psichico. Abbastanza spesso un simboloHotwordStyle=BookDefault;  non va interpretato nel contenuto del sogno in modo simbolico, ma nel suo significato letterale; altre volte un sognatore, che dispone di uno speciale materiale mnestico, può arrogarsi il diritto di usare come simboli sessuali ogni sorta di cose, anche ciò che di solito non viene usato a questo scopo» (ibid., p. 326).

Per risolvere il problema della lettura dei simboli nei sogni, Freud ci insegna che la tecnica dell'interpretazioneHotwordStyle=BookDefault;  basata sulle associazioni libereHotwordStyle=BookDefault;  di chi sogna non è di alcun aiuto di fronte agli elementi simbolici del contenuto onirico: «Gli elementi del contenuto onirico che devono essere considerati simbolicamente ci costringono ad una tecnica combinata, che da un lato si basa sulle associazioni di chi sogna, dall'altro inserisce ciò che manca, attingendo all'intelligenza dei simboli di chi interpreta» (ibid., p. 326).

Freud parla di una tecnica combinata che possa tenere sempre presente la duplicità di livello del sogno, il contenuto latenteHotwordStyle=BookDefault;  e il contenuto manifesto. Per giungere a una corretta interpretazione si rendono necessarie due diverse operazioni:

  1. a) il compito tecnico di decifrazione del sogno, che porta dal contenuto manifesto a quello latente;
  2. b) il compito speculativo, volto a ricercare le ragioni che hanno generato il sogno manifestoHotwordStyle=BookDefault; , e che conduce quindi a una comprensione del significato primo del lavoro oniricoHotwordStyle=BookDefault; .

In sintesi, la tecnica interpretativa «impone il lavoro dell'interpretazione al sognatore, rifiuta di prendere in considerazione, per ogni elemento onirico, quel che viene in mente all'interprete e accetta quel che viene in mente al sognatore» (ibid., p. 307).

I contenuti del sogno devono essere poi scomposti in singoli elementi, e le associazioni libere vengono eseguite distintamente per ciascun frammento: «A partire dalla prima associazione se ne sviluppano altre successive, seguendo un percorso che designa il quadro ben noto del lavoro interpretativo» (Due voci di enciclopedia, 1922a, p. 422).

La tecnica interpretativa mette in evidenza che le associazioni del sognatore, in un primo momento, sono differenti rispetto agli elementi onirici manifesti e si estendono sino a toccare molti temi e gruppi differenti di rappresentazioni. In un secondo momento, affiora un'altra serie di associazioni, di natura convergente, diretta ai pensieri onirici latenti. È a questo punto che diventa possibile la collaborazione fra il sognatore e l'analista.

Ma accade spesso che l'attività delle associazioni libere venga ostacolata dalla resistenza, che può manifestarsi con la dimenticanza del sogno o di parti di esso, o con la produzione di catene associative eccessivamente lunghe e prive di significato per la situazione psichica del sognatore; se la resistenza è troppo forte, l'interpretazione corretta del sogno può risultare compromessa.

 

La condensazioneHotwordStyle=BookDefault;  operata dal lavoro oniricoHotwordStyle=BookDefault;  può anche attivare il processo che provoca i fenomeni di distorsione verbale, dove una parola viene privata del suo significato specifico oppure ne riassume diversi altri, rispetto ai quali risulta come una «parola senza senso».

Se nel sognoHotwordStyle=BookDefault;  compaiono dei discorsi veri e propri, secondo Freud vale la regola, senza eccezioni, che le frasi espresse in sogno derivino da un discorso ricordato nel materiale onirico; il testo del discorso appare spesso completamente integro o lievemente spostato nelle espressioni, ed è composto da frammenti di ricordi e di frasi. Il testo è ciò che rimane identico, ma il senso è alterato in diverse direzioni. Talvolta il discorso del sogno serve da semplice allusione a un episodio in cui si era verificato il discorso rievocato durante l'attività onirica.

«Per il momento mi basta aver aggiunto questa nuova conoscenza: seguendo il metodo d'interpretazione qui esposto, si trova che effettivamente il sogno ha un significato e non è affatto l'espressione di un'attività cerebrale ridotta a frammenti, com'è stato detto dagli studiosi. Terminato il lavoro d'interpretazione, è possibile riconoscere che il sogno è l'appagamento di un desiderio» (1899, p. 129).

 

Nei sogni infantili la distinzione tra il contenuto latenteHotwordStyle=BookDefault;  e il contenuto manifesto non è così netta. L'IoHotwordStyle=BookDefault;  infantile non ha ancora a disposizione delle barriere molto solide, e la lettura e l'interpretazione dei sogni dei bambini risultano più semplici, anche perché vi sono meno simboli e tutto è molto più chiaro.

Nel periodo di vita che va dai quattro ai sei anni, le strutture cognitive del bambino incominciano a organizzarsi; tuttavia non sono ancora perfettamente funzionanti, e l'attività linguistica è ancora limitata. Per questi motivi gli psicoanalisti infantili hanno cercato di supplire alle difficoltà legate alla povertà del linguaggio utilizzando, in terapia, soprattutto la tecnica del gioco o il disegno.

Per quanto riguarda il contenuto latente e quello manifesto, i sogni dei bambini hanno le seguenti caratteristiche:

  1. a) il contenuto manifesto è costituito prevalentemente da immagini mentali;
  2. b) il contenuto latente consiste in un desiderioHotwordStyle=BookDefault; o in un impulso.

Il contenuto manifesto è una fantasia che rappresenta il desiderio o l'impulso latente come se fosse già appagato; tale fantasia consiste essenzialmente nella gratificazione dell'impulso o del desiderio. Il lavoro oniricoHotwordStyle=BookDefault;  è il processo che consente la produzione o la scelta di una fantasia in cui viene realizzato il desiderio e prende forma la rappresentazione visiva dell'immagine onirica.

Nei bambini piccoli, scrive Freud, vale la regola che «i sogni sono spesso semplici appagamenti di desideri» e quindi, rispetto a quelli degli adulti, non presentano grossi enigmi da risolvere o svelare; ciò si verifica perché il rimosso dei bambini non si distingue completamente dall'EsHotwordStyle=BookDefault; ; infatti l'Io infantile non ha ancora costruito delle difese tanto forti quanto quelle degli adulti. Tuttavia, lo studio di questi sogni è di estrema importanza e dimostra che l'attività onirica, nella sua essenza, rappresenta «l'appagamento di un desiderio» che per gli adulti è «l'appagamento inconscioHotwordStyle=BookDefault;  di un desiderio inconscio».

 

 

Il processo di formazione del sognoHotwordStyle=BookDefault;  è un prototipo del funzionamento dell'apparato psichico. Il modello freudiano ha subìto negli anni numerose modifiche, pur mantenendo invariati i due elementi fondamentali: l'importanza dell'attività psichica inconscia e l'individuazione di un conflitto, di natura dinamica, che contrappone tra loro forze in lotta per il controllo della coscienzaHotwordStyle=BookDefault; , dando luogo a formazioni di compromessoHotwordStyle=BookDefault; . Lo studio del sogno permette di comprendere in uno stesso schema esplicativo fenomeni diversi, normali e patologici: i sogni, i lapsus, i sintomiHotwordStyle=BookDefault; , i motti di spirito e gli atti mancati.

 

Abbiamo sin qui visto come i contenuti dell'EsHotwordStyle=BookDefault; , caricati di energia pulsionale, tendano a emergere come desideri e a farsi strada nel sistema preconscioHotwordStyle=BookDefault;  e nella coscienzaHotwordStyle=BookDefault; , onde venire esauditi; e come la parte profonda dell'IoHotwordStyle=BookDefault;  attui un insieme di manovre difensive al fine di impedire l'emergere di tali contenuti, spinta da un lato dal Super-ioHotwordStyle=BookDefault; , dall'altro dalle esigenze della realtà esterna o di altri contenuti inconsci incompatibili con i primi.

La lotta fra l'Io e l'Es costituisce il conflitto psichicoHotwordStyle=BookDefault; ; tale conflitto si placa quando l'energia a disposizione dell'Io è prevalente rispetto a quella dell'Es, in modo che i meccanismi di difesaHotwordStyle=BookDefault; , e in particolare la rimozioneHotwordStyle=BookDefault; , possano operare sino in fondo, ricacciando i contenuti dell'Es nelle profondità dell'inconscio. Se ciò non si verifica, il contrasto fra l'Io e l'Es permane attivo, e se l'Io non soccombe totalmente si viene a creare una sorta di compromesso nel quale una parte delle esigenze dell'Es vengono, in modo deformato, soddisfatte. L'Io rinuncia così a una parte dei suoi poteri repressivi. Un esempio di tale compromesso lo abbiamo visto nel sognoHotwordStyle=BookDefault; , in cui l'indebolimento dell'Io consente appunto l'emergere di contenuti inconsci, deformati e resi inoffensivi dal lavoro oniricoHotwordStyle=BookDefault; . Un analogo compromesso lo ritroviamo negli atti sintomaticiHotwordStyle=BookDefault;  e nei sintomiHotwordStyle=BookDefault;  patologici.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                        Gli atti sintomatici

 

Gli atti sintomatici, o paraprassieHotwordStyle=BookDefault; , sono quelle manifestazioni minori di disturbo mentale che hanno carattere transitorio e possono essere corrette dal soggetto stesso, ma sono espressione di un piccolo conflitto sottostante. Tali disturbi, detti anche psicopatologia della vita quotidianaHotwordStyle=BookDefault; , sono raggruppabili in categorie in ragione della funzione mentale cui si riferiscono: percezione, ricordoHotwordStyle=BookDefault; , espressione ideativa verbale o scritta, azioni nuove sostitutive di altre ecc. Gli atti sintomatici comprendono i seguenti disturbi:

  1. a) le false percezioniHotwordStyle=BookDefault; : erronei riconoscimenti di estranei, mancati riconoscimenti di persone note, confusioni fra persone o cose (oggetti, luoghi, situazioni diverse), errori di lettura;
  2. b) i disturbi della memoriaHotwordStyle=BookDefault; : dimenticanze (di nomi, date, impegni, promesse, decisioni, intenzioni) o falsificazioni (delle stesse cose: credere di avere un impegno che non si ha, di dover festeggiare oggi un compleanno che sarà fra un mese ecc.);
  3. c) i lapsus linguaeHotwordStyle=BookDefault; : errori nel parlare non dovuti a ignoranza, involontarie creazioni di neologismi, inversioni ecc.;
  4. d) i lapsus calamiHotwordStyle=BookDefault; : gli stessi sbagli nello scrivere;
  5. e) le azioni erroneeHotwordStyle=BookDefault; : di tipo positivo (azioni compiute in modo errato: vado a trovare un amico, e sbaglio portone) o negativo (azioni inibite da azioni preparatorie contrarie: voglio andare a trovare un amico, perdo il portafoglio e pertanto non posso prendere il treno).

In questi casi è possibile rinvenire, generalmente nel sistema preconscio, il motivo dell'azione sintomatica: un desiderioHotwordStyle=BookDefault;  inconfessato provoca una resistenza interferendo nella percezione, nel ricordo, nell'azione, distorcendola e rendendola inadeguata rispetto ai fini dell'Io; altre volte il motivo è più profondo e diviene inconoscibile per il soggetto.

Vi sono, alla base degli atti sintomatici, situazioni di conflitto lieve e transitorio tra esigenze diverse della personalità; gli atti sintomatici fanno parte normalmente della vita quotidiana, purché non siano persistenti o molto frequenti, nel qual caso sono indicatori della presenza di una situazione conflittuale più intensa.

 

Abbiamo sin qui visto come i contenuti dell'EsHotwordStyle=BookDefault; , caricati di energia pulsionale, tendano a emergere come desideri e a farsi strada nel sistema preconscioHotwordStyle=BookDefault;  e nella coscienzaHotwordStyle=BookDefault; , onde venire esauditi; e come la parte profonda dell'IoHotwordStyle=BookDefault;  attui un insieme di manovre difensive al fine di impedire l'emergere di tali contenuti, spinta da un lato dal Super-ioHotwordStyle=BookDefault; , dall'altro dalle esigenze della realtà esterna o di altri contenuti inconsci incompatibili con i primi.

La lotta fra l'Io e l'Es costituisce il conflitto psichicoHotwordStyle=BookDefault; ; tale conflitto si placa quando l'energia a disposizione dell'Io è prevalente rispetto a quella dell'Es, in modo che i meccanismi di difesaHotwordStyle=BookDefault; , e in particolare la rimozioneHotwordStyle=BookDefault; , possano operare sino in fondo, ricacciando i contenuti dell'Es nelle profondità dell'inconscio. Se ciò non si verifica, il contrasto fra l'Io e l'Es permane attivo, e se l'Io non soccombe totalmente si viene a creare una sorta di compromesso nel quale una parte delle esigenze dell'Es vengono, in modo deformato, soddisfatte. L'Io rinuncia così a una parte dei suoi poteri repressivi. Un esempio di tale compromesso lo abbiamo visto nel sognoHotwordStyle=BookDefault; , in cui l'indebolimento dell'Io consente appunto l'emergere di contenuti inconsci, deformati e resi inoffensivi dal lavoro oniricoHotwordStyle=BookDefault; . Un analogo compromesso lo ritroviamo negli atti sintomaticiHotwordStyle=BookDefault;  e nei sintomiHotwordStyle=BookDefault;  patologici.

 

MOTTO  DI  SPIRITO

 

Con l'espressione «motto di spirito» ci si riferisce a frasi, battute, racconti che esprimono in maniera mascherata, e quindi accettabile, ciò che altrimenti sarebbe delicato o sconveniente da dire. Freud vede nel motto di spiritoHotwordStyle=BookDefault;  una riduzione dell'inibizione che consente di liberare una tensione psichica ottenendo «un alleviamento del dispendio psichico già in atto e risparmio su quello in procinto di verificarsi». Questi sono per Freud «i due princìpi ai quali risale ogni tecnica del motto, e quindi ogni piacereHotwordStyle=BookDefault;  derivante da queste tecniche» (Il motto di spirito e la sua relazione con l'inconscio, 1905b, p. 115). Nel motto di spirito intervengono i due meccanismi psichici della condensazioneHotwordStyle=BookDefault;  e dello spostamentoHotwordStyle=BookDefault; , che operano anche nel sognoHotwordStyle=BookDefault; , per cui Freud trova una corrispondenza tra sogno e motto di spirito, in quanto in entrambi i casi si deve risalire dal contenuto manifesto al contenuto latenteHotwordStyle=BookDefault; . Questo itinerario, rintracciabile anche nel sintomoHotwordStyle=BookDefault; , fa sì che il motto di spirito sia una via d'accesso all'inconscio. Freud puntualizza ancora che il motto di spirito deve essere distinto dalla comicità (ibid., p. 10), e può essere eventualmente accostato all'arguzia, la quale trae la sua piacevolezza dal risparmio di un «dispendio inibitorio», mentre il piacere del comico deriva dal risparmio di un «dispendio rappresentativo (o di investimentoHotwordStyle=BookDefault; )» (ibid., p. 211).

Possiamo dire che nelle paraprassieHotwordStyle=BookDefault;  l'emergere di una tendenza inconscia è dovuto alla temporanea incapacità dell'Io di controllarla o di integrarla con le altre tendenze psichiche attive in quel momento nella mente del soggetto. La paraprassia si produce nonostante l'IoHotwordStyle=BookDefault; .

Nel motto di spirito, invece, è l'Io che produce o permette una regressioneHotwordStyle=BookDefault;  ai processi primari del pensiero, allentando così momentaneamente le difese e consentendo l'affiorare di spinte inconsce. L'Io produce o consente la battuta di spirito.

L'arguziaHotwordStyle=BookDefault;  deriva da due fonti: la condizione necessaria per la battuta umoristica è costituita dalla sostituzione regressiva dei processi primari ai processi secondari; vi è una liberazione di impulsi, che diversamente sarebbero bloccati o proibiti, e che provoca un intenso piacere.

Infine, la tendenza inconscia che affiora temporaneamente in una paraprassia può provenire sia dall'EsHotwordStyle=BookDefault;  che dall'Io o dal Super-ioHotwordStyle=BookDefault; , mentre nell'arguzia la tendenza, fino ad allora inconscia, emerge sempre dall'Es.

 

La coazioneHotwordStyle=BookDefault; , detta anche compulsioneHotwordStyle=BookDefault; , è una tendenza coercitiva e irrazionale che spinge l'individuo a mettere in atto determinati comportamenti di cui egli stesso riconosce l'inutilità e l'inadeguatezza, ma la cui mancata esecuzione provoca in lui una sensazione di angosciaHotwordStyle=BookDefault; . I sintomiHotwordStyle=BookDefault;  compulsivi o coatti, sebbene possano manifestarsi all'interno delle varie patologie psichiche, sono caratteristici della nevrosi ossessivaHotwordStyle=BookDefault; , dove si distinguono le coazioni che si riferiscono a idee che il soggetto non può fare a meno di pensare, e le coazioni che riguardano atti, comportamenti, condotte che l'individuo si sente costretto a compiere. Sembra esistere, nella vita psichica, un'irreprimibile tendenza alla ripetizione, che si può cercare di spiegare come un tentativo dell'Io di neutralizzare gli affetti dolorosi.

Secondo Freud le coazioni sono, come tutti i sintomi, un compromesso fra le esigenze pulsionali e le forze difensive: la natura pulsionale si esprime nell'intensità e immediatezza della richiesta che le coazioni avanzano al soggetto, mentre la natura difensiva si manifesta nel loro carattere punitivo. Nei quadri clinici in cui prevale la componente pulsionale, l'impulso permane, ma perde il suo valore di desiderioHotwordStyle=BookDefault;  e si trasforma in bisogno coatto, come ad esempio nel caso di quei soggetti che si sentono costretti a masturbarsi senza provare alcun piacereHotwordStyle=BookDefault; . Quando invece prevalgono le istanze antipulsionali del Super-ioHotwordStyle=BookDefault;  le, coazioni acquistano un valore di vere e proprie minacce, per cui il soggetto avverte di essere obbligato a fare o non fare una determinata cosa, di solito una cosa irrilevante, per non subire una punizione. In ogni caso, dice Freud, i sintomi «riproducono sempre anche qualche cosa di quel piacere che hanno la funzione di impedire; servono alla pulsioneHotwordStyle=BookDefault;  rimossa non meno che alle istanze che la rimuovono. Non solo, ma con il progredire della malattia, quelle azioni che originariamente assicurano soprattutto la difesa si avvicinano sempre più alle azioni interdette, con le quali la pulsione poteva esprimersi durante l'infanzia» (Azioni ossessive e pratiche religiose, 1907a).

 

Dobbiamo inoltre distinguere la coazione a ripetere, che secondo Freud si riferisce a quella tendenza psichica che spinge il soggetto a ripetere comportamenti, esperienze e situazioni già vissuti e, nel loro meccanismo, in qualche modo acquisiti. Il fenomeno è frequente nel trattamento psicoanalitico, dove il paziente, anziché ricordare le esperienze rimosse, per evitare il cambiamento, quindi a scopo difensivo, le ripete mettendole in atto. «Sappiamo dunque che l'analizzato ripete invece di ricordare, che ripete sotto le condizioni impostegli dalla resistenza; ma ci possiamo ora chiedere: che cosa propriamente egli ripete o mette in atto? La risposta è questa: egli ripete tutto ciò che, provenendo dalle fonti di quanto in lui vi è di rimosso, si è già imposto alla sua personalità manifesta: le sue inibizioni, i suoi atteggiamenti inservibili, i tratti patologici del suo carattere. Sì, egli ripete anche durante il trattamento tutti i suoi sintomi» (Ricordare, ripetere e rielaborare, 1914b, p. 357).  In altre parole, la rimozioneHotwordStyle=BookDefault; , essendo un tentativo di fuga, perché ciò che è rimosso è escluso dall'IoHotwordStyle=BookDefault; , non impedisce alla rappresentanza pulsionale di permanere nell'inconscio, di organizzarsi ulteriormente, di proliferare e di infittire le connessioni. Ne consegue che il nuovo deflusso della pulsione si compie sotto l'influsso dell'automatismo, cioè della coazione a ripetere.La pulsione percorre le vie già battute da ciò che è stato rimosso in precedenza, come se la situazione di pericolo superato esistesse ancora e servendosi della riserva somatica d'energia che è sfuggita al processo di legame dell'Io. Questo comporta una limitazione nell'elevato grado di organizzazione di cui l'Io ha bisogno per compiere le sue maggiori acquisizioni. Molto spesso l'inconscia speranza è quella di sanare, con l'azione ripetuta coattivamente, un antico trauma rimosso e per il quale il meccanismo di difesa pare non essere intervenuto in maniera soddisfacente.

Nell'elaborazione teorica freudiana la coazione a ripetere è considerata un fattore autonomo, irriducibile, in ultima analisi, a una dinamica conflittuale in cui interviene soltanto l'azione congiunta del principio di piacereHotwordStyle=BookDefault;  e del principio di realtàHotwordStyle=BookDefault; . Viene attribuita fondamentalmente al carattere più generale delle pulsioni: il loro carattere conservatore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LE  PSICONEVROSI

 

Philippe Pinel fu il primo a sostenere che nelle nevrosiHotwordStyle=BookDefault;  vi fosse l'assenza di un substrato organico evidenziabile; Jean-Martin Charcot fu il primo a definirne la natura solo psicologica, e infine Sigmund Freud fu il primo a illustrarne gli aspetti dinamici e a mettere a punto una prima classificazione.

Il concetto di nevrosi, nel pensiero di Freud, è strettamente legato alla teoria del conflitto intrapsichico. Dopo i primi tentativi, Freud scopre che la nevrosi, non ancora distinta dalla psicosiHotwordStyle=BookDefault; , implica una difesa da rappresentazioni incompatibili, come scrive in Le neuropsicosi da difesa (1894a). La ricerca della rappresentazione incompatibile lo conduce innanzitutto alla sessualitàHotwordStyle=BookDefault;  e al fatto che la sessualità inappagata ha un «effetto biochimico diretto» che suscita angosciaHotwordStyle=BookDefault; , provocando quelle che egli definirà nevrosi attualiHotwordStyle=BookDefault; , in questo modo differenziandole dalle psiconevrosiHotwordStyle=BookDefault; , che invece fa derivare da traumi psicologici dell'infanzia.

In un primo tempo, Freud comincia a occuparsi dell'isteria e pubblica, nel 1895, gli Studi sull'isteria con Breuer; in quest'opera egli identifica i sintomiHotwordStyle=BookDefault;  isterici come il risultato di traumi psichici accidentali accaduti durante l'infanzia. Al contempo, la sua esperienza con pazienti che definisce nevrastenici gli consente di far risalire questi disturbi patologici a condotte sessuali  - quali il coitus interruptus o la masturbazione - che, non consentendo un'adeguata scaricaHotwordStyle=BookDefault;  pulsionale, provocano come conseguenza uno stato emotivo di tipo ansioso. Per nevrosi, in questo momento Freud intende le nevrosi attuali, che si differenziano nettamente dalle psiconevrosi - quali l'isteria o le ossessioni - nelle quali il conflitto mentale inconscio è fondato sulle esperienze infantili e precede lo sviluppo dei sintomi nevrotici.

 

Le nevrosi attuali

 

Prendono questo nome perché non sono determinate da conflittiHotwordStyle=BookDefault;  infantili, ma da conflitti attuali. Nelle loro manifestazioni non vi è il meccanismo dello spostamentoHotwordStyle=BookDefault; , che caratterizza le psiconevrosi, ma ciò che appare è il risultato evidente dell'assenza o dell'inadeguatezza dell'attuale soddisfacimento sessuale. Freud ha incluso tra le nevrosi attuali:

  1. a) la nevrosi d'angosciaHotwordStyle=BookDefault; , da non confondersi con l'isteria d'angosciaHotwordStyle=BookDefault; , caratterizzata da una mancanza di scarica dell'eccitazione sessuale;
  2. b) la nevrasteniaHotwordStyle=BookDefault; , dove la scarica è insufficiente a causa di una pratica sessuale inadeguata (masturbazione, coitus interruptus);
  3. c) l'ipocondriaHotwordStyle=BookDefault; , che trova nel soma il principale fattore di disturbo.

 

Siccome, a parere di Freud, il fattore principale del disturbo si trova nel campo somatico, mentre nelle psiconevrosi si trova nel campo psichico, le nevrosi attuali non rientrano nel trattamento psicoanalitico perché i loro sintomi non si esprimono a livello simbolico e quindi non si offrono facilmente a un significato che possa essere delucidato. Oggi il concetto di nevrosi attuale tende a scomparire dalla nosografia, perché anche nei sintomi delle nevrosi attuali si trovano tracce simboliche di conflitti più antichi. Inoltre il carattere somatico prevalente nelle nevrosi attuali induce ad accoglierle nell'elenco delle affezioni psicosomaticheHotwordStyle=BookDefault; , con la precisazione che in questo ambito non si tiene conto solo del mancato soddisfacimento delle pulsioni sessuali, ma anche della loro repressione.

La nevrosi d'angoscia :

è una nevrosi attuale, nel senso che non è determinata da conflitti dell'età infantile, ma da conflitti attuali che sono riconducibili all'accumulo della tensione sessuale somatica che, per insufficienza di elaborazione psichica, non riesce a legarsi a nessun contenuto rappresentativo, e perciò si traduce direttamente in sintomi somatici quali vertigini, dispnea, disturbi cardiaci, sudori, o in sintomi fobici, senza possibilità di leggervi un sostituto simbolico della rappresentazione rimossa. Si distingue sul piano sintomatico dalla nevrastenia, nella quale non si evidenziano stati di attesa ansiosa, accessi di angoscia o suoi equivalenti somatici, mentre sul piano etiologico va distinta dall'isteria, che è una nevrosi di transfertHotwordStyle=BookDefault; . La nevrosi d'angoscia ha in comune con l'isteria «una specie di conversione»: nell'isteria si tratta di eccitamento psichico che segue una via sbagliata che conduce unicamente al campo somatico; nella nevrosi d'angoscia la tensione fisica è incapace di trovare uno sfogo psichico, per cui si mantiene nel canale fisico.

 

La nevrastenia

Designa un quadro clinico caratterizzato da stanchezza fisica e mentale, irritabilità, insonnia, cefalea, riduzione dell'attività sessuale e così via. Freud delimitò il campo di questa sindrome facendola rientrare nel quadro delle nevrosi attuali, ma separandola dalla nevrosi d'angoscia e individuandone la causa in un funzionamento sessuale insufficiente, incapace di soddisfare in modo adeguato la pulsioneHotwordStyle=BookDefault;  libidica.

 

L'ipocondria

 Consiste nella preoccupazione immotivata per le proprie condizioni di salute, accompagnata da disturbi fisici e da stati d'angoscia e depressioneHotwordStyle=BookDefault; . Si verifica un ritiro della libidoHotwordStyle=BookDefault;  dal mondo esterno con conseguente concentrazione della stessa libido su di sé e sull'organo interessato. Quando l'ipocondria è latente, si produce una formazione reattivaHotwordStyle=BookDefault;  che si esprime nell'assoluta noncuranza per il proprio corpo e per la propria salute. L'ipocondria si può costituire come una nevrosi a sé, ma può anche manifestarsi all'interno di altri quadri morbosi quali la nevrosi d'angoscia, la nevrosi ossessivo-compulsiva e gli stati emergenti delle psicosi. Freud la collocò fra le nevrosi attuali, considerandola una forma narcisistica derivante dalla paura di castrazione.

Senso e funzione del sintomo

 

 

Il sintomoHotwordStyle=BookDefault;  è un fenomeno soggettivo che deve essere decodificato, essendo l'espressione di una situazione conflittuale fra l'IoHotwordStyle=BookDefault;  inconscio e l'EsHotwordStyle=BookDefault; , nella quale la barriera difensiva contro le rappresentazioni pulsionali non raggiunge un grado soddisfacente di funzionamento. In altri termini, il sintomo è il risultato del tentativo - solo parzialmente riuscito - dell'Io di fronteggiare le esigenze pulsionali. Esso si pone quale formazione di compromesso fra il contenuto dell'Es che tende a emergere (rimosso) e le controcariche dell'Io che ostacolano questo processo, oppure come formazione reattivaHotwordStyle=BookDefault; , che consente di dominare un impulso inaccettabile con l'esagerazione della tendenza opposta, o infine come formazione sostitutiva, che consente di soddisfare un desiderioHotwordStyle=BookDefault;  rimosso tramite un altro desiderio.

Per meglio comprendere la natura del sintomo, dobbiamo far riferimento ai concettiHotwordStyle=BookDefault;  di fissazioneHotwordStyle=BookDefault;  e di regressioneHotwordStyle=BookDefault; . A fronte di una situazione traumatica attuale, l'Io abbandona certe relazioni adulte con la realtà, regredendo sino a quelle tappe evolutive in cui si erano verificati fenomeni di fissazione. Nello stesso tempo, le cariche pulsionali che seguono la regressione si concentrano su tali punti di fissazione, rafforzando la relativa pulsioneHotwordStyle=BookDefault;  parziale (orale, anale o fallica). Noi sappiamo, peraltro, che la regressione non è sempre un fatto patologico: il sonnoHotwordStyle=BookDefault;  è un esempio di regressione fisiologica a uno stato di narcisismoHotwordStyle=BookDefault; , in cui gli investimenti pulsionali vengono ritirati dagli oggetti esterni. Perché dunque la regressione dia origine a un sintomo, e cioè a un quadro patologico di cui il sintomo è espressione, devono essere presenti due fattori:

  1. a) un fattore quantitativo, che riguarda la quantità di energia pulsionale che entra in gioco nella regressione e che viene sottratta a investimenti maturi per andare a rinforzare i punti di fissazione;
  2. b) un fattore qualitativo, che concerne il tipo di conflitto che si è originariamente sviluppato nel punto di fissazione, e quindi il tipo delle difese utilizzate nel conflitto infantile e ora riattivate dalla regressione.

Non dobbiamo dimenticare, comunque, che «non c'è nevrosiHotwordStyle=BookDefault;  adulta senza nevrosi infantile» e, più in generale, non v'è patologia psichica adulta se non se ne sono creati i presupposti nell'età infantile. Se è vero che il conflitto originario può talvolta essere tenuto sotto controllo dalle difese dell'Io, è anche vero, da un punto di vista strettamente psicogenetico (che pone quindi alla base e a causa del disturbo un conflitto intrapsichico), che:

  1. a) un evento attuale, che comporti uno spostamentoHotwordStyle=BookDefault; di energia volto a indebolire l'Io (una frustrazione pulsionale come ad esempio un luttoHotwordStyle=BookDefault; ) o a rafforzare la tensione pulsionale, può avere l'effetto di fattore precipitante;
  2. b) in tal caso, il disequilibrio fra rimovente e rimosso, a favore di quest'ultimo, comporta un maggiore sforzo difensivo da parte dell'Io;
  3. c) se tale sforzo difensivo è eccessivo per le energie disponibili all'Io, si ha la regressione e la formazione del sintomo.

Con la regressione e la produzione del quadro patologico, non cessa la situazione conflittuale: il conflitto perdura, ma si è, per così dire, spostato su un altro terreno, più arcaico, in cui i contendenti  l'Es e l'Io, ma soprattutto l'Io  lottano con le armi tipiche del periodo al quale l'Io è regredito.

Il sintomo, quale formazione di compromesso fra rimosso e rimovente, rappresenta allora una sorta di nuovo equilibrio, più o meno precario, caratterizzato dal livello della regressione, dal tipo di conflitto infantile riattivato e dalle difese agite dall'Io. Ciò è di estremo interesse, in quanto l'esame del sintomo ci consente, di conseguenza, di individuare:

  1. a) il livello di regressione, quindi il punto in cui si è verificata la fissazione su cui si origina il conflitto;
  2. b) la natura del conflitto, cioè i desideri pulsionali che ne sono alla base;
  3. c) le modalità difensive utilizzate dall'Io.

Dal tipo di sintomiHotwordStyle=BookDefault;  possiamo classificare i disturbi mentali in quattro grandi categorie.

Le nevrosi.

Sono disturbi psichici senza causa organica, i cui sintomi sono l'espressione simbolica di un conflitto che ha origine nella storia del soggetto ed è un compromesso fra il desiderio e la difesa.

Comprendono le forme cliniche della nevrosi isterica e della nevrosi osses-siva, in cui la regressione giunge sino alla fase analeHotwordStyle=BookDefault; ; le cosiddette nevrosi caratteriali, cioè quei quadri patologici nei quali il conflitto difensivo non si traduce in sintomi nettamente isolabili, bensì in tratti del carattere, in modi di comportamento, o anche, nei casi più imponenti, in un'organizzazione patologica dell'intera personalità. I meccanismi di difesaHotwordStyle=BookDefault;  che appaiono prevalenti in tali nevrosi sono essenzialmente la formazione reattiva, la razionalizzazioneHotwordStyle=BookDefault;  e la sublimazioneHotwordStyle=BookDefault; .

Le affezioni psicosomaticheHotwordStyle=BookDefault; .

Secondo Freud, il disturbo psicosomatico esprime un conflitto psichicoHotwordStyle=BookDefault;  fra la pulsione che tende a essere soddisfatta e la difesa che cerca di reprimerla. I sintomi organici sono l'espressione del soddisfacimento deformato e parziale della pulsione e delle esigenze della rimozioneHotwordStyle=BookDefault; . I sintomi di tipo somatico esprimono non tanto la situazione conflittuale a livello simbolico, quanto piuttosto lo stato di tensione psichica; spesso appaiono «muti», a differenza dei sintomi isterici. Non sempre è facile, sul piano clinico, distinguerli dai sintomi di conversione di natura isterica. Freud parla di conversione isterica quando il sintomo somatico è il rappresentante di un contenuto psichico inaccettabile e rimosso, e di nevrosi d'angosciaHotwordStyle=BookDefault;  quando si è in presenza di un eccitamento sessuale che si trasforma in sintomo senza mediazione psichica. Non approfondiremo ulteriormente questa categoria sintomatologica, che troverà un ampio sviluppo dopo Freud.

Le perversioniHotwordStyle=BookDefault; .

I sintomi non manifestano una caratteristica situazione di conflitto, ma piuttosto il mancato raggiungimento evolutivo della genitalità, con il persistere di pulsioni parzialiHotwordStyle=BookDefault;  che provocano manifestazioni atipiche nell'ottenimento del piacereHotwordStyle=BookDefault;  sessuale: omosessualitàHotwordStyle=BookDefault; , pedofiliaHotwordStyle=BookDefault; , contatti con animali, feticismoHotwordStyle=BookDefault; , voyeurismoHotwordStyle=BookDefault; , masochismoHotwordStyle=BookDefault; , travestitismoHotwordStyle=BookDefault; . Le perversioni sono il prodotto della mancata integrazione delle pulsioni nella genitalità. I perversi sono quindi sessualmente immaturi: in essi una pulsione pregenitale si presenta come ipertrofica, e organizza la loro condotta psicosessuale. Mentre le nevrosi, che hanno in comune con le perversioni il fenomeno della fissazione a stadi pregenitali, sono caratterizzate dal fatto che vi è una situazione di conflittualità fra il desiderio pregenitale e l'Io, con il conseguente ricorso a meccanismi difensivi, le perversioni sono quadri patologici in cui il desiderio pregenitale è agito in modo relativamente aconflittuale: il perverso mette in atto impulsi che il nevrotico rimuove, e di fronte all'angoscia regredisce a forme infantili di sessualitàHotwordStyle=BookDefault; , mentre il nevrotico utilizza meccanismi di difesa diversi dalla regressione.

Le psicosiHotwordStyle=BookDefault; .

Si manifestano come una perdita parziale o totale della capacità di comprendere il significato della realtà esterna e di mantenere con essa un rapporto che consenta un comportamento autonomo e responsabile, confacente alle norme socioculturali dell'ambiente di appartenenza. Il livello di regressione procede oltre la fase anale, per una perturbazione primaria della relazione pulsionale con la realtà; la regressione può giungere quindi sino alla fase oraleHotwordStyle=BookDefault; . Le psicosi comprendono la schizofreniaHotwordStyle=BookDefault;  e le affezioni deliranti da un lato, e la psicosi maniaco-depressivaHotwordStyle=BookDefault;  dall'altro.

L'intento delle pagine che seguono è di offrire una breve descrizione delle principali sindromi psicopatologiche.

 

Abbiamo più volte accennato alle perversioniHotwordStyle=BookDefault; , intese come la persistenza (o ricomparsa, a seguito di fenomeni regressivi) di una pulsione parzialeHotwordStyle=BookDefault; , che conduce a una modalità di soddisfacimento sessuale non corrispondente a un'organizzazione genitale della sessualitàHotwordStyle=BookDefault; .

Mentre, dunque, nella nevrosiHotwordStyle=BookDefault;  la regressioneHotwordStyle=BookDefault;  conduce a una situazione conflittuale, nella perversione le difese non operano respingendo nell'inconscio i contenuti non accettati, ma i contenuti stessi, rappresentativi di fissazioni pregenitali, emergono impedendo il raggiungimento di una condotta sessuale matura.

Diremo dunque che vi è perversione quando vi è deviazione dall'atto sessuale normale, inteso come coito volto a ottenere l'orgasmo mediante penetrazione genitale con una persona del sesso opposto. Vi è perversione, allora, quando l'orgasmo è ottenuto con altri oggetti sessuali (omosessualitàHotwordStyle=BookDefault; , pedofiliaHotwordStyle=BookDefault; , zoorastiaHotwordStyle=BookDefault; , necrofiliaHotwordStyle=BookDefault; ) o è subordinato in modo imperioso a certe condizioni estrinseche, che possono anche provocare da sole il piacereHotwordStyle=BookDefault;  sessuale (feticismoHotwordStyle=BookDefault; , travestitismoHotwordStyle=BookDefault; , voyeurismoHotwordStyle=BookDefault; , esibizionismoHotwordStyle=BookDefault; , sadomasochismo).

 

Neuropsicosi  da  difesa

 

 

Definite inizialmente da Freud neuropsicosi da difesa, esprimono un conflitto tra il desiderioHotwordStyle=BookDefault;  e la difesa, e affondano le loro radici nell'età infantile del soggetto. Esse sono:

  1. a) le nevrosi di transfertHotwordStyle=BookDefault; , che comprendono al loro interno: l'isteria d'angosciaHotwordStyle=BookDefault; ; l'isteria di conversioneHotwordStyle=BookDefault; ; la nevrosi ossessivaHotwordStyle=BookDefault; ;
  2. b) le nevrosi artificialiHotwordStyle=BookDefault; , che nascono all'interno della relazione terapeutica;
  3. c) le nevrosi narcisisticheHotwordStyle=BookDefault; , caratterizzate da un ripiegamento della libidoHotwordStyle=BookDefault; sull'Io.

Esse furono concepite da Freud in un primo tempo come equivalenti alle psicosiHotwordStyle=BookDefault;  funzionali, e in seguito ridotte alle forme melanconiche, dove la perdita dell'oggetto induce il soggetto ad introiettarlo, dirigendo le cariche libidiche, che un tempo investivano l'oggetto esterno, sull'oggetto fantasmatico che è nell'IoHotwordStyle=BookDefault; » (Galimberti, 1999, p. 693).

 

                                Le nevrosi di transfert

 Comprendono, come abbiamo detto, l'isteria di conversione, l'isteria d'angoscia e la nevrosi ossessiva.

 

L'isteria di conversione. I suoi sintomiHotwordStyle=BookDefault;  consistono essenzialmente in drammatizzazioni, cioè in rappresentazioni plastiche delle componenti conflittuali che coinvolgono il funzionamento di organi. La tensione tende dunque a scaricarsi attraverso vie somatiche, per cui l'angoscia può anche non essere necessariamente presente. La classificazione dei sintomi, detti appunto sintomi di conversione (dell'angoscia), può seguire modalità diverse. A seconda degli organi interessati, della diffusione, della continuità o dell'episodicità del disturbo, potremo distinguere i sintomi in:

  1. a) disturbi motoriHotwordStyle=BookDefault; : crampi, tremori, paresi più o meno debilitanti, bolo isterico, afonia isterica, certe crisi asmatiche; a livello degli organi interni: crampi e coliche intestinali, crampi gastrici, vaginismo;
  2. b) disturbi sensorialiHotwordStyle=BookDefault; : anestesie, parestesie, iperestesie; cecità e sordità isteriche; turbe dell'olfatto, del gusto e del tatto; allucinazioniHotwordStyle=BookDefault; isteriche di tipo visivo o uditivo; certi casi di frigidità;
  3. c) disturbi pseudo-organiciHotwordStyle=BookDefault; : turbe del sistema digestivo (vomito, anoressia isterica, dispepsia, diarrea, stipsi), circolatorio (pseudo-angina, tachicardia, extrasistolia, rossori), urogenitale (pseudo-cistiti, pseudo-gravidanza, infiammazioni uretrali, ovariche, vaginali), nervoso (svenimenti, attacchi convulsivi, emicrania isterica).

Precisiamo che, dal punto di vista diagnostico, è indispensabile escludere rigorosamente la presenza di affezioni organiche prima di ipotizzare sintomi di conversione. Per comprendere il significato del sintomoHotwordStyle=BookDefault;  isterico è necessario ricordare che esso è, come lo sono in genere i sintomi, il risultato di un compromesso fra un contenuto inconscio, carico di energia pulsionale, e le difese che si oppongono al suo emergere. In altri termini, il sintomo è espressione di un conflitto inconscio, che viene rappresentato nel sintomo, attraverso l'alterazione di una funzione organica. Tali sintomi sono perciò considerati funzionali, in contrapposizione ai sintomi organici delle malattie somatiche. La scelta del sintomo avviene in funzione:

  1. a) del livello della regressioneHotwordStyle=BookDefault; , che in questi casi generalmente è fallica, con regressioni secondarie orali;
  2. b) del tipo di conflitto, che perlopiù è relativo alla situazione edipica;
  3. c) della capacità di simbolizzazione dell'organo o della funzione lesa, cioè di quanto il conflitto riesce a simbolizzare.

Non v'è, tuttavia, una diretta corrispondenza fra il sintomo e il conflitto, che permetta di risalire facilmente dal primo al secondo; analogamente a quanto avviene nel sognoHotwordStyle=BookDefault; , l'interpretazione non può consistere nella semplice traduzione del significato manifesto in contenuto latenteHotwordStyle=BookDefault; , né dal sintomo alla situazione conflittuale sottostante. Peraltro, in via meramente indicativa e con tutte le riserve del caso, è possibile ipotizzare (l'ipotesi deve trovare conferma da un esame completo del soggetto) che:

  1. a) le crisi di svenimento e gli attacchi convulsivi spesso rappresentano in forma simbolica il soddisfacimento del desiderio di un rapporto sessuale, fantasticato inconsciamente (si pensi alla regressione alla fase fallicaHotwordStyle=BookDefault; ) come atto di penetrazione violenta;
  2. b) le difficoltà di alimentazione o i disturbi gastrointestinali spesso esprimono inconsce fantasieHotwordStyle=BookDefault; di gravidanza;
  3. c) il bolo isterico è la conseguenza dello spostamento verso l'alto di fantasie di rapporto sessuale e di fecondazione (1);
  4. d) i disturbi cutanei e il rossore sono talvolta espressione di fantasie concernenti gli organi genitali, qui rappresentati dall'intero corpo o da sue parti, legate a loro volta a desideri di esibizione;
  5. e) i disturbi sensoriali si riferiscono frequentemente, se concernono la vista e l'udito, a problemi relativi alla curiosità infantile circa la sessualitàHotwordStyle=BookDefault; dei genitoriHotwordStyle=BookDefault; ;
  6. f) i disturbi motori sono spesso legati all'aggressività, e rappresentano a volte (e a volte sono di ostacolo a) fantasie di tipo masturbatorio;
  7. g) il quadro edipico negativo e le relative componenti omosessuali sono rivelati nell'uomo da crisi anoressiche e da vomito, e nella donna da mutismo e da paralisi al dito; in entrambi i sessi, da attacchi di emicrania.

Tuttavia, ripetiamo, costituirebbe un grave errore azzardare interpretazioni fondate sulla semplice lettura del sintomo. Una diagnosi deve comportare innanzitutto lo studio dell'evoluzione della malattia organica, e successivamente un esame psicologico completo, in cui si cercherà di comprendere se dobbiamo ricercare le cause della sofferenza in un'eventuale nevrosi infantile o in fatti recenti che possono essere stati eventi scatenanti. Si deve anche prestare molta attenzioneHotwordStyle=BookDefault;  alla variabilità o meno del sintomo in rapporto al mutare dell'ambiente, in quanto la variabilità induce a pensare alla presenza di cause psichiche del sintomo stesso.

Infine, va sottolineato che le diverse modalità di manifestazione della sintomatologia mutano nel tempo, a causa e in funzione delle trasformazioni culturali e sociali. Una certa componente culturale è cioè parte integrante delle modalità con cui i pazienti manifestano i propri sintomi. Ciò pare vero per un numero assai ampio di patologie, non soltanto di natura psichica (Freud, Osservazioni su un caso di nevrosi ossessiva, 1909b), ma assume dimensioni di particolare rilievo proprio nel caso dell'isteria di conversione, per la quale, come si è detto, variabilità e motilità del sintomo consentono alla somatizzazione del conflitto un'espressione multiforme e spesso non riconducibile a spiegazioni neurologiche. In tale patologia, nel tempo, la sintomatologia sembra essere profondamente mutata; alcune manifestazioni così frequenti agli inizi del Novecento  si pensi agli svenimenti dell'epoca romantica o alle paralisi cosiddette «a guanto» o «a calzino», che immobilizzavano contemporaneamente le due mani o i due piedi, mantenendo la funzionalità di ogni altra parte  oggi non si verificano quasi più. Ciò non può non essere messo in relazione con i mutamenti culturali e sociali intervenuti, nonché con le modalità di vita che la modernità ha introdotto.

 

L'isteria d'angoscia. Mentre nell'isteria di conversione l'angoscia (che è, come sappiamo, il segnale d'allarme scatenato dalla pressione dell'EsHotwordStyle=BookDefault;  sulla parte profonda dell'Io per mobilitare le difese) si scarica attraverso le vie somatiche, nelle nevrosi d'angosciaHotwordStyle=BookDefault;  l'ansia è vissuta come stato affettivo: l'angoscia, cioè, permane quale affetto, non si converte in sintomo organico, ma diviene essa stessa sintomo. Il soggetto si percepisce ansioso e, se l'ansia è fluttuanteHotwordStyle=BookDefault; , non riesce ad attribuire a tale stato delle ragionevoli cause esterne; l'ansia, in altre parole, aumenterà o diminuirà senza che il paziente sia in grado di comprendere perché. Naturalmente, situazioni normalmente ansiogene accentueranno lo stato di angosciaHotwordStyle=BookDefault; , ma il soggetto si scoprirà ansioso anche in circostanze che gli appaiono neutre o oggettivamente distensive. In altri casi, l'ansia si fissa a determinati oggetti o situazioni che, pur razionalmente valutati come non nocivi né pericolosi, suscitano un'irrazionale risposta di angoscia. Quando ciò accade, siamo in presenza delle fobieHotwordStyle=BookDefault;  isteriche.

Numerose e diverse sono le situazioni o gli oggetti che possono essere fobici:

  1. a) le situazioni, spazi aperti (agorafobia) o ristretti (claustrofobia);
  2. b) gli oggetti inanimati, oggetti appuntiti (coltelli, forbici), cibi;
  3. c) gli animali, sia piccoli (insetti, ragni, mosche, vermi) che grossi (cani, gatti, cavalli ecc.);
  4. d) i fenomeni naturali (tuoni, lampi, temporali);
  5. e) le condizioni del proprio corpo (malattie, lo sporco, l'arrossire).

In tutte le fobie sono all'opera i meccanismi di proiezioneHotwordStyle=BookDefault;  e di spostamento, e viene utilizzata la simbolizzazione. In un caso classico studiato da Freud (Analisi della fobiaHotwordStyle=BookDefault;  di un bambino di cinque anni, 1908), il caso del piccolo Hans, un bambino aveva prodotto una fobia per i cavalli. Dall'analisi risultò alla base di tale fobia una forte angoscia di castrazioneHotwordStyle=BookDefault;  (il bambino aveva cinque anni, ed era nel pieno della situazione edipica); l'aggressività destinata al padreHotwordStyle=BookDefault;  veniva spostata sul cavallo: di qui l'angoscia che il piccolo paziente sperimentava alla vista dell'innocuo animale. Era quindi accaduto  e ciò avviene di regola nella costruzione del sintomo fobico  che il soggetto si era difeso dalla primitiva angoscia di castrazione cambiando l'oggetto ansiogeno.

Ciò aveva comportato due vantaggi: il primo è che Hans aveva potuto evitare di temere e di vivere come minaccioso il padre, che era anche amato; il secondo, che in tal modo aveva limitato le occasioni di entrare in ansiaHotwordStyle=BookDefault; , avendo certo meno probabilità di frequentare i cavalli che di incontrarsi con il genitore. Il cavallo, quale sostituto del padre, era stato scelto perché vissuto come animale forte (il bambino vedeva i cavalli trainare pesanti carri), e ben poteva simboleggiare il padre, anch'egli percepito come forte e onnipotente.

Nelle fobie la fonte dell'angoscia è distanziata: a un pericolo interno, nato dall'introiezione della figura castrante, si sostituisce un pericolo esterno e perciò evitabile. Raramente accade che la situazione o l'oggetto fobico siano molto prossimi al soggetto; non accadrà quasi mai che uno studioso sviluppi una fobia in cui l'oggetto sia, per esempio, il libro.

Poiché il quadro isterico è caratterizzato dalla regressione alla fase fallica, la conflittualità alla base della fobia sarà di tipo edipico: le fantasie e i desideri inconsciHotwordStyle=BookDefault;  saranno dunque incestuosiHotwordStyle=BookDefault; , e l'angoscia che induce la rimozioneHotwordStyle=BookDefault;  sarà essenzialmente angoscia di castrazione. Tuttavia sono spesso presenti ulteriori regressioni secondarie, che colorano certe fobie; ad esempio, nella fobia dello sporco sarà in atto una regressione a livello anale, in quella di certi cibi una regressione alla fase oraleHotwordStyle=BookDefault; : queste sono regressioni secondarie, che si accompagnano e non sostituiscono quella principale, che è, come si è detto, una regressione alla fase fallica. Ove invece la regressione principale si spinga oltre, potremo veder comparire quadri fobici diversi: incontreremo le fobie ossessive e le fobie paranoidi, che non appartengono alla sindrome isterica ma ad altre forme morbose.

 

(1) Vi è in ciò un riemergere inconscio di fantasie infantili secondo le quali i bambini si concepiscono per mezzo del bacio, e quindi la fecondazione avviene mediante un rapporto sessuale orale.

 

 

La nevrosi ossessiva. Per Freud la nevrosi ossessivaHotwordStyle=BookDefault;  (La disposizione alla nevrosi ossessiva, 1913) indica una fissazioneHotwordStyle=BookDefault;  o regressione alla fase analeHotwordStyle=BookDefault; , durante la quale si esprime la lotta fra il trattenere e il lasciar andare, che genera il meccanismo del dubbioHotwordStyle=BookDefault; , tipico dell'ossessività, a cui si aggiunge la repressioneHotwordStyle=BookDefault;  del Super-ioHotwordStyle=BookDefault; , caratterizzata da pulsioni aggressive verso di sé e verso gli altri. È detta anche nevrosi coattaHotwordStyle=BookDefault; , in quanto i sintomi hanno essenzialmente, pur nella loro varietà, un carattere di costrizione, di obbligatorietà, che li fa vivere come formazioni estranee che si impongono alla volontà del soggetto. Scrive Freud: «La situazione di partenza della nevrosi ossessiva non è certo diversa da quella dell'isteria: è la necessaria difesa dalle pretese libidiche del complesso edipicoHotwordStyle=BookDefault; . Sembra anche che si trovi in ogni nevrosi ossessiva un substrato di sintomi isterici formatisi assai precocemente. Poi, però, la configurazione sintomatica muta in modo decisivo per effetto di un fattore costituzionale. L'organizzazione genitale della libido si dimostra debole e troppo poco resistente. Quando l'IoHotwordStyle=BookDefault;  comincia la sua lotta difensiva, il primo risultato che cerca di raggiungere è che l'organizzazione genitale (della fase fallica) venga respinta totalmente o parzialmente verso lo stadio anteriore sadico-anale» (Inibizione, sintomo e angoscia, 1925, p. 266).

Il dramma dell'ossessivo è quello di viversi schiavo di impulsi (a pensare, a sentire, ad agire) che sfuggono al suo controllo e si impongono al suo volere, pur non essendo giustificabili sul piano della ragione. Ciò ci permette di vedere il confine fra l'ossessivo e il soggetto normale con tratti ossessivi; a tutti sarà accaduto di scoprirsi attenti a non calpestare le fessure fra le pietre del marciapiede, o le foglie secche, o a camminare seguendo un preciso disegno del pavimento; queste sono azioni di tipo ossessivo. Ma la persona «normale» è in grado di sospenderle a piacimento, mentre l'ossessivo non può fare a meno di continuarle. Lo stesso vale per certe ideazioni ossessive (il motivo musicale, o la frase, che ci si ritrova in mente in continuazione). Se manca la critica all'idea ossessiva, si entra nel delirioHotwordStyle=BookDefault; .

Per l'Io dell'ossessivo essere riuscito a ottenere la regressione alla fase anale significa un primo successo nella lotta difensiva contro le spinte libidiche, ma il Super-io diventa particolarmente «severo e avaro d'amore». L'Io sviluppa, obbedendo al Super-io, grandi formazioni reattive che attivano comportamenti con caratteristiche di coscienziosità, pietà, pulizia.

Il sintomo può localizzarsi ai diversi livelli del processo psichico. Se consideriamo il processo mentale una serie dinamica del tipo «tensione pulsionale-affetto-contenuto ideativo-parola-azione-scaricaHotwordStyle=BookDefault;  della tensione», vediamo che il sintomo può situarsi in un punto qualunque della serie «affetto-idea-parola-azione»; possiamo perciò distinguere fra sintomi che riguardano l'affetto, l'ideazione, la parola o l'azione. Va comunque premesso che in ogni caso il sintomo è vissuto come doloroso per la sua compulsività, ed è spesso seguito da sentimenti di colpa.

Sintomi riguardanti gli affetti: sono alternanze rapide di sentimenti di segno diverso (tipico il caso del soggetto che ha sperimentato una sensazione interna di «bontà», e che subito dopo sente di dover dimostrare a sé stesso di essere «cattivo», a costo anche di conseguenze negative; altre volte si susseguono esperienze di «attrazione» e di «repulsione»), oppure coesistenza di sentimenti diversi, con il risultato di generare apatia e inibizione all'azione.

Sintomi riguardanti l'ideazione: si notano due varietà del pensiero ossessivo: la prima consiste in un turbamento del pensiero nel suo insieme, con l'alternarsi di fasi positive e fasi negative in cui è posta in dubbio la formulazione precedente; il «dubbio», che è la nota tipica del pensiero ossessivo, si riflette quindi sull'azione, che risulta connotata di indecisione. La seconda varietà consiste nella formazione di pensieri isolati, che acquistano una forza compulsiva; a volte sono idee riconosciute come «prive di senso», altre volte idee che, avendo inizialmente un senso razionale, lo perdono nel processo ossessivo. Tipico è il caso del rimuginare ossessivo su una parola, a prima vista di significato oscuro, incontrata nella lettura o in un discorso; l'iniziale soffermare l'attenzione, razionalmente giustificato, su tale parola, è seguito da una concentrazione del pensiero sulla parola stessa, che è priva di senso se isolata dal contesto, e che occuperà l'intero spazio psichico del soggetto.

Molti pensieri ossessivi hanno per contenuto fantasie di omicidio, di incesto, di omosessualitàHotwordStyle=BookDefault; ; altri mascherano tali contenuti con atti all'apparenza irrilevanti (aprire o chiudere un rubinetto, spegnere o accendere la luce ecc.), oppure speculazioni teoriche sulla natura della giustizia, del peccato, della colpa ecc.

Sintomi riguardanti il linguaggio: il soggetto si sente obbligato a ripetere senza fine parole o filastrocche, a volte senza senso, a volte a contenuto blasfemo, con la successiva preoccupazione di essere udito da altri. Per un residuo di pensiero magicoHotwordStyle=BookDefault; , le parole sono inconsciamente considerate come aventi il potere di modificare la realtà e quindi di diventare mortifere: di conseguenza emerge la necessità di eseguire azioni successive che abbiano il significato di annullare retroattivamente l'effetto malefico delle parole pronunciate.

Un interessante esempio di utilizzo ossessivo del linguaggio viene offerto dagli appunti di Freud sul caso clinico dell'uomo dei topi (1909b), già citato in precedenza. In corrispondenza del 21 novembre, egli scrive del suo paziente: «Era molto allegro ed è ricaduto per una volta nell'onanismo, cosa che non lo turba affatto (periodo di latenzaHotwordStyle=BookDefault;  interpolato). All'inizio della masturbazione ha avuto l'idea che ne sarebbe potuto derivare un danno a una persona amata, alla cugina, perciò pronuncia una formula protettiva, foggiandola nel modo che conosciamo con estratti di diverse preghiere brevi e provviste dell'amen isolante. La esaminiamo; è la seguente: Glejisamen (...) È ora chiaro che questa parola è nata da Gisela amen, e che lui unisce il suo Samen (seme) al corpo dell'amata.»

Sintomi riguardanti l'azione: alcune azioni che il soggetto si sente costretto a compiere sono minime (certi tipi di ticHotwordStyle=BookDefault; , accompagnati però dalla coscienza di agirli), altre sono più complesse, sino a giungere a veri rituali o cerimoniali, in cui sovente un atto ossessivo originario è la base di una serie di azioni che esprimono alternativamente l'affermazione e la negazioneHotwordStyle=BookDefault;  dell'idea ossessiva sottostante. È impossibile descrivere la varietà e la complessità che può assumere un rituale ossessivo, una vera cerimonia che il soggetto è «obbligato» a celebrare. Forme relativamente semplici possono essere la scrittura compulsiva di diari, in cui sono annotate con scrupolo tutte le azioni svolte nella giornata, anche gli eventi più insignificanti; la compilazione di elenchi di oggetti; la confessione scritta di cose riprovevoli, fatte o pensate.

Freud scrive: «La tendenza generale della formazione dei sintomi nella nevrosi ossessiva (...) procede dando sempre più posto al soddisfacimento sostitutivo, a spese della frustrazione. Gli stessi sintomi che significavano all'origine restrizioni dell'Io, prendono più tardi, grazie alla tendenza dell'Io stesso alla sintesi, anche il significato di soddisfacimenti, e non si può non riconoscere che quest'ultimo significato diventa, grado a grado, il più importante. Il risultato di questo processo, che si avvicina sempre più al completo fallimento della lotta difensiva iniziale, è un Io straordinariamente limitato, e costretto a cercare nei sintomi i propri soddisfacimenti. Lo spostamento dei rapporti di forza a favore del soddisfacimento può portare al temuto esito finale di paralizzare le facoltà volitive dell'Io, che per ogni decisione incontra impulsi quasi altrettanto forti, sia da una parte che dall'altra. L'acutissimo conflitto fra EsHotwordStyle=BookDefault;  e Super-io che domina la malattia fin da principio, può estendersi al punto tale che nessuna azione dell'Io, incapace ormai di assolvere il suo compito di mediazione, può sfuggire al coinvolgimento in tale conflitto» (ibid., p. 448).

Un esempio efficace di quanto le azioni possano racchiudere l'espressione ossessiva del paziente è offerto ancora una volta dall'osservazione di un caso di nevrosi ossessiva, il caso dell'uomo dei topi. Nella storia della malattia Freud scrive: «Altre ossessioni del paziente, sempre concernenti la donna amata, presentano tuttavia meccanismi diversi e un'origine pulsionale diversa (...) Il giorno della partenza dell'amica, essendo inciampato in un sasso mentre camminava per la strada, dovette raccoglierlo e metterlo da un canto perché gli era venuta l'idea che la carrozza su cui lei viaggiava avrebbe percorso quella strada qualche ora dopo e l'amata avrebbe potuto subire un danno a causa del sasso; ma qualche minuto dopo pensò che era un'assurdità e dovette tornare indietro e rimettere il sasso dove si trovava prima, in mezzo alla strada» (ibid., p. 266). A sostenere tale comportamento, come sottolinea Freud, pareva essere presente una sorta di coazioneHotwordStyle=BookDefault;  a proteggere, la quale alimentava ampiamente le ossessioni del soggetto.

Dal punto di vista pulsionale, la nevrosi ossessiva è caratterizzata da una regressione alla fase anale, come risulta evidente dalla presenza dell'ambivalenzaHotwordStyle=BookDefault;  tipica di tale fase, che si esprime nel dubbio ossessivo e nell'alternanza fra emozioni, pensieri e azioni opposti, e altresì dal bisogno di controllo, che permea tutti i sintomi coatti. Dal punto di vista topicoHotwordStyle=BookDefault; , l'analità conduce a un rapporto interno fra un Super-io estremamente sadico e un Io che si sente schiacciato dalla severità del Super-io stesso. Le difese agite saranno tipicamente anali: isolamentoHotwordStyle=BookDefault; , negazione, annullamento retroattivoHotwordStyle=BookDefault; , spostamento dell'affetto su rappresentazioni più o meno distanti dal conflitto originario. La regressione alla fase anale spiega come il contenuto psichico delle precauzioni ossessive sia in genere diretto contro il pericolo di una contaminazione da sporco. D'altro canto, uno spazio importante è occupato dalle fantasie omosessuali inconsce, conseguenti alla fuga regressiva dalla situazione edipica.

Come tratti di carattere indotti dalle formazioni reattive quali difese dai desideri pulsionali, si notano nell'ossessivo l'impoverimento emotivo, le oscillazioni tra meticolosità e sciatteria, tra negligenza e pignoleria, tra parsimonia e prodigalità, tra ostinazione e indecisione. Il controllo sulle emozioni rende difficile all'ossessivo innamorarsi, anche perché amore e repulsione si alternano spesso, quando non subentrano apatia e indifferenza. L'impulso incoercibile ad agire può condurre, in certi casi, ad azioni delittuose.

 

È interessante notare come il rapporto fra l'Io e il sintomo sia diverso nei differenti quadri nevrotici. Nell'isteria di conversioneHotwordStyle=BookDefault;  spesso l'Io non avverte neppure l'esistenza della nevrosi, che si esprime in sintomi meramente somatici. Nell'isteria d'angosciaHotwordStyle=BookDefault;  i sintomi, siano essi angoscia libera o angoscia fobica, sono ben percepiti, ma l'Io continua a funzionare, per la parte residua, in modo soddisfacente. Nelle nevrosi ossessive l'Io è invece coinvolto, implicato direttamente, deve obbedire al sintomo pur riconoscendolo come irrazionale. Nelle psicosi l'Io è ancora più prigioniero del sintomo, che non sarà più in grado di sottoporre a critica, e si vive come uno schiavo degli impulsi ossessivi, pur riconoscendoli come irrazionali.

 

Le nevrosi artificialiHotwordStyle=BookDefault; . Nascono nel contesto della relazione terapeutica.

 

Le nevrosi narcisisticheHotwordStyle=BookDefault; . È questa una definizione che tende a scomparire dall'uso psicoanalitico, ma che Freud ha utilizzato per definire un disturbo mentale caratterizzato dal ritiro della libidoHotwordStyle=BookDefault;  sull'Io, contrapponendosi così alle nevrosi di transfertHotwordStyle=BookDefault; . Dal punto di vista nosografico, il gruppo delle nevrosi narcisistiche ricopre il complesso delle psicosiHotwordStyle=BookDefault;  funzionali (i cui sintomi non sono effetti di una lesione somatica).

 

 

Abbiamo più volte accennato alle perversioniHotwordStyle=BookDefault; , intese come la persistenza (o ricomparsa, a seguito di fenomeni regressivi) di una pulsione parzialeHotwordStyle=BookDefault; , che conduce a una modalità di soddisfacimento sessuale non corrispondente a un'organizzazione genitale della sessualitàHotwordStyle=BookDefault; .

Mentre, dunque, nella nevrosiHotwordStyle=BookDefault;  la regressioneHotwordStyle=BookDefault;  conduce a una situazione conflittuale, nella perversione le difese non operano respingendo nell'inconscio i contenuti non accettati, ma i contenuti stessi, rappresentativi di fissazioni pregenitali, emergono impedendo il raggiungimento di una condotta sessuale matura.

Diremo dunque che vi è perversione quando vi è deviazione dall'atto sessuale normale, inteso come coito volto a ottenere l'orgasmo mediante penetrazione genitale con una persona del sesso opposto. Vi è perversione, allora, quando l'orgasmo è ottenuto con altri oggetti sessuali (omosessualitàHotwordStyle=BookDefault; , pedofiliaHotwordStyle=BookDefault; , zoorastiaHotwordStyle=BookDefault; , necrofiliaHotwordStyle=BookDefault; ) o è subordinato in modo imperioso a certe condizioni estrinseche, che possono anche provocare da sole il piacereHotwordStyle=BookDefault;  sessuale (feticismoHotwordStyle=BookDefault; , travestitismoHotwordStyle=BookDefault; , voyeurismoHotwordStyle=BookDefault; , esibizionismoHotwordStyle=BookDefault; , sadomasochismo).

 

Il feticismo

 

È una perversione consistente in una deviazione del normale istintoHotwordStyle=BookDefault;  sessuale, nella quale l'attrattiva erotica non è esercitata dal partner, ma da parti del suo corpo (mani, piedi, capelli) o da indumenti o, raramente, da oggetti che gli appartengono.

All'origine di tale perversione, che è squisitamente maschile, vi è secondo Freud una persistente e profonda angoscia di castrazioneHotwordStyle=BookDefault; , che impedisce di considerare il corpo femminile come oggettoHotwordStyle=BookDefault;  erotico, in quanto la vista dell'organo sessuale femminile conferma l'angoscia di poter essere privato del proprio membro. La constatazione dell'esistenza di persone prive di fallo riesce insomma a far verificare come possibile tale condizione, evocando con ciò fantasieHotwordStyle=BookDefault;  di perdita. A fronte di tale angosciaHotwordStyle=BookDefault; , il bambino adotta il feticcio come sostituto del fallo, negando la realtà e spostando il suo interesse erotico dal corpo femminile a un oggetto che, pur in relazione con il corpo stesso (relazione di «parte per il tutto»), lo sostituisce, simboleggiando nello stesso tempo il peneHotwordStyle=BookDefault;  della donna. Verso tale oggetto verranno espressi due sentimenti opposti: tenerezza e ostilità, che sono indice di una scissione dell'Io.

Tale condotta rende possibile il rapporto eterosessuale, e può essere considerata un mezzo inconscio per sottrarsi all'omosessualità, che diverrebbe inevitabile se la caricaHotwordStyle=BookDefault;  ansiogena dei genitali femminili non venisse annullata dal feticcio.

 

Sono due perversioniHotwordStyle=BookDefault;  che in genere si accompagnano a quadri schizofrenici gravi, e consistono nell'avere, quale oggettoHotwordStyle=BookDefault;  di accoppiamento, un animale (zoorastiaHotwordStyle=BookDefault; ) o un cadavere (necrofiliaHotwordStyle=BookDefault; ). Più che vere perversioni, sono piuttosto sintomiHotwordStyle=BookDefault;  di forme psicotiche, e specialmente schizofreniche. Mentre la necrofilia è sempre un segno di grave alterazione psicotica, la zoorastia può essere indotta da situazioni particolari come la mancanza di un partner umano; è ciò che si verifica nel caso di pastori e contadini che, per ragioni ambientali, trascorrono molti mesi in solitudine. Va quindi distinta la situazione in cui il rapporto con l'animale è «preferito» al rapporto normale (perversione), dalla situazione in cui il primo è un sostituto del secondo, temporaneamente inaccessibile, ma desiderato.

 

 

Il voyeurismoHotwordStyle=BookDefault;  o scopofiliaHotwordStyle=BookDefault;   proprio del bambino, curioso del proprio corpo e del proprio peneHotwordStyle=BookDefault; ; solo secondariamente il bambino rivolge il proprio interesse al pene dei coetanei. In seguito, per un meccanismo di conversione nell'oppostoHotwordStyle=BookDefault; , il bambino riporta l'interesse su di sé con il proposito di essere guardato (esibizionismoHotwordStyle=BookDefault; ).

Secondo Freud, mentre è perfettamente normale nel periodo infantile, il voyeurismo diviene una perversione se permane nell'adulto, nel senso non di essere un fenomeno che accompagna la sessualitàHotwordStyle=BookDefault;  genitale, ma di sostituirsi a essa. In altre parole, voyeurismo ed esibizionismo si costituiscono come perversioniHotwordStyle=BookDefault;  quando la possibilità di raggiungere l'orgasmo è subordinata alla vista e all'osservazione dei genitali (o di altre parti del corpo) altrui, o al mostrare il proprio pene o altre parti del proprio corpo.

Mentre nel voyeur vi è la persistenza del piacereHotwordStyle=BookDefault;  orale di guardare, e quindi un abbandono del narcisismoHotwordStyle=BookDefault; , essendo l'interesse (visivo) rivolto a oggetti esterni, l'esibizionista conserva saldamente l'oggetto narcisistico: il proprio pene o, per esso, altre parti del corpo, deve essere mostrato per sottolinearne l'integrità. Anche qui la perversione opera come rassicurazione a fronte di angosce di castrazione. In realtà, tale angosciaHotwordStyle=BookDefault;  è alla base sia del voyeurismo che dell'esibizionismo. L'esibizionista poi, incapace di realizzare un rapporto sessuale con una donna, cerca, con una componente sadica e punitiva, nella reazione di spavento che suscita una conferma illusoria della sua virilità.

Il voyeur guarda per ripetere antiche esperienze visive angoscianti e in tal modo rassicurarsene, sperimentandone l'innocuità; l'esibizionista si mostra per suscitare negli altri una reazione che lo rassicura dell'esistenza del proprio pene, come se un dubbioHotwordStyle=BookDefault;  interno lo costringesse a chiamare il prossimo a testimone della propria integrità. Secondo Freud si tratta di una pulsione parzialeHotwordStyle=BookDefault;  non integrata e quindi non governata dal primato della genitalità, per cui nell'atto sessuale le componenti voyeuristiche hanno il primato rispetto a quelle propriamente genitali.

Voyeurismo ed esibizionismo sono propri di ambo i sessi. L'esibizionismo femminile tuttavia non riguarda quasi mai i genitali (in quanto la loro esibizione non può funzionare come rassicurazione contro le angosce di castrazione), ma viene invece spostato su altre parti del corpo; quando  ed è raro  ha per oggettoHotwordStyle=BookDefault;  i genitali, ha un profondo significato aggressivo, esprimendo la minaccia di rendere l'uomo castrato. Nelle donne il piacere di essere guardate e ammirate, anche se è socialmente accettato, è interpretato come un derivato dell'invidia del pene, per cui si ha bisogno di dimostrare che si possiede qualcosa, anche se non si possiede un pene. Se sublimata, la scopofilia può tradursi in curiosità intellettuale.

 

Si intende per omosessualitàHotwordStyle=BookDefault;  la tendenza a scegliere il partner sessuale fra persone del proprio sesso. Vi sono casi in cui la scelta è «obbligata» e il soggetto non ha la possibilità di stabilire un rapporto eterosessuale, e casi in cui il soggetto è in grado di provare attrazione anche per persone del sesso opposto; può anche essere una tendenza che si presenta sporadicamente, in condizioni di lunghe e forzate privazioni di contatti con partner dell'altro sesso, per il qual caso è più corretto parlare di comportamento omosessuale che di vera omosessualità.

La genesi dell'omosessualità, sotto il profilo psicologico, è alquanto complessa; secondo Freud un certo grado di ermafroditismo anatomico è proprio della normalità: «In nessun individuo di normale formazione maschile o femminile mancano le tracce dell'apparato dell'altro sesso che, o continuano a sussistere, senza avere una funzione, come organi rudimentali, oppure sono state trasformate per assumere altre funzioni. La concezione che risulta da questi fatti anatomici da lungo tempo noti è quella di una struttura originariamente bisessuale, che nel corso dell'evoluzione si è mutata sino alla monosessualità con scarsi residui del sesso atrofizzatosi» (Galimberti, 1999, p. 741). Tuttavia Freud si rifiuta di credere che l'inversione sia un «ermafroditismo psichico», propendendo invece per un'interpretazione psicogenetica: «Finora la psicoanalisiHotwordStyle=BookDefault;  non ha potuto chiarire completamente l'origine dell'inversione, ma ha scoperto il meccanismo psichico della sua genesi e arricchito essenzialmente la problematica relativa. In tutti i casi studiati, abbiamo constatato che le persone in seguito invertite attraversano negli anni dell'infanzia vera e propria una fase di fissazioneHotwordStyle=BookDefault;  intensa, ma breve, sulla donna (perlopiù la madreHotwordStyle=BookDefault; ); dopo averla superata si identificano con la donna e assumono sé stessi come oggettoHotwordStyle=BookDefault;  sessuale, vale a dire, partendo dal narcisismoHotwordStyle=BookDefault; , cercano uomini giovani e simili alla loro persona che li vogliano amare come li ha amati la loro madre. Inoltre abbiamo trovato con frequenza che individui pretesi invertiti non erano affatto insensibili all'attrattiva femminile, bensì proseguendo l'eccitamento provocato lo trasponevano su un oggetto maschile. Così ripetevano per tutta la vita il meccanismo dal quale era sorta la loro inversione. Il loro desiderioHotwordStyle=BookDefault;  ossessivo di un uomo si rivelava condizionato dalla loro continua fuga dalla donna» (Tre saggi sulla teoria sessuale, 1905a, p. 457).

Approfondendo questi temi, Freud giunge alla conclusione che l'omosessuale maschio non evita tanto il contatto con le donne, di cui anzi si circonda, quanto la zona genitale femminile, vissuta all'epoca del complesso edipicoHotwordStyle=BookDefault;  con fantasieHotwordStyle=BookDefault;  angosciose di castrazione, e cerca il rapporto con uomini non per ragioni d'amore, ma per la sola testimonianza dell'esistenza del peneHotwordStyle=BookDefault; , che consente l'attivazione della difesa dalla fantasia di castrazione. Alla base di queste dinamiche c'è per Freud l'assenza del padreHotwordStyle=BookDefault; . La presenza di una forte personalità paterna assicura al figlio la possibilità di operare una scelta oggettuale corretta: quella per il sesso opposto. L'amore per la madre non può far parte del successivo sviluppo cosciente, e quindi subisce la rimozioneHotwordStyle=BookDefault; . Il ragazzo rimuove l'amore verso la madre ponendo sé stesso al suo posto, identificandosi con la madre e prendendo a modello la propria persona, a somiglianza della quale sceglie i suoi oggetti d'amore. Diventando omosessuale, in realtà è ritornato all'autoerotismo, in quanto i giovani che ama non sono che repliche di sé, individui che egli può amare come lo amò sua madre da bambino. Come scrive Freud, «diciamo che egli trova i suoi oggetti d'amore sulla via del narcisismo». Questi meccanismi li vediamo anche nella pedofiliaHotwordStyle=BookDefault; , quando l'amore è rivolto a giovinetti del proprio sesso.

La pedofilia, cioè l'attrazione erotica per bambini o adolescenti, non si traduce, come nella pederastia, obbligatoriamente in atti sessuali, e denota l'incapacità di sostenere un rapporto d'amore adulto.

Dobbiamo ricordare che, accanto all'Edipo positivo, esiste sempre un Edipo negativo: ciò deriva dalla basilare bisessualità psichica che la scelta dell'oggetto sessuale non elimina, pur prevalendo normalmente, già nella situazione edipica, la scelta eterosessuale. Una simile condizione può provocare una persistente angoscia di castrazioneHotwordStyle=BookDefault;  che può condurre, con un procedimento analogo a quello che abbiamo visto in atto nel feticista, a percepire i genitali femminili come ansiogeni, in quanto, persistendo le fantasie di castrazione, la rinuncia al rapporto eterosessuale è vissuta inconsciamente come una condotta in grado di placare la rivalità del padre castrante.

Alla base dell'omosessualità femminileHotwordStyle=BookDefault;  troviamo spesso un eccessivo investimentoHotwordStyle=BookDefault;  erotico sulla madre (che è, come è noto, il primo oggetto d'amore), il che comporta una fissazione e una conseguente impossibilità di spostamento dell'investimento libidico sul padre come oggetto d'amore eterosessuale; in seguito, perciò, l'oggetto d'amore rimane femminile. Altre volte l'esclusione del rapporto eterosessuale si fonda su una formazione reattivaHotwordStyle=BookDefault;  a un'intensa aggressivitàHotwordStyle=BookDefault;  verso la figura materna: l'odio verso la madre, reattivamente, si converte in amore, e nuovamente produce l'impossibilità di passare all'immagine paterna come oggetto di investimento erotico. In altri casi ancora, l'omosessualità femminile si basa su una non elaborata invidia per il pene paterno: di qui l'identificazione con il padre potente, e la ricerca di essere come il padre, amando una partner.

Come si vede, il concetto di omosessualità abbraccia un insieme di quadri clinici con radici causali assai differenti, che comportano regressioni più o meno spinte e conflittualità di tipo diverso. Freud ipotizza che vi si possa giungere o come in quella maschile, per identificazioneHotwordStyle=BookDefault;  con il padre nel tentativo di superare la disillusione edipica, oppure attraverso una regressioneHotwordStyle=BookDefault;  alla fase del primo rapporto oggettuale con la madre, che per la femmina è omosessuale. In ogni caso, precisa Freud, «l'indagine psicoanalitica si rifiuta con grande energia di separare gli omosessuali come un gruppo di specie particolare dalle altre persone. Essa, studiando eccitamenti sessuali diversi da quelli che si manifestano, sa che tutte le persone sono capaci di scegliere un oggetto sessuale dello stesso sesso e hanno anche fatto questa scelta nell'inconscioHotwordStyle=BookDefault; » (ibid., pp. 459 sg.). A tal proposito dobbiamo ritenere che componenti omosessuali siano comunque sempre presenti, a causa dell'Edipo negativo; normalmente esse vengono sublimate, dando luogo all'amicizia fra persone del medesimo sesso; in altri casi determinano intensi investimenti, senza peraltro che si manifesti nel soggetto l'attrazione per le persone dello stesso sesso.

Freud afferma: «Io ho la ferma convinzione che gli omosessuali non debbano essere trattati come persone malate, considerando un orientamento perverso lontano da una condizione di malattia. Dovremmo forse considerare malati grandi pensatori e studiosi di tutti i tempi, dei cui orientamenti perversi abbiamo notizie certe e che ammiriamo proprio per la loro integrità mentale? Le persone omosessuali non sono malate. Esse non sono perseguibili penalmente» (ibid., p. 460).

Freud si è sempre espresso in modo ambiguo circa la natura patologica o meno dell'omosessualità, classificandola tra le perversioniHotwordStyle=BookDefault; , da una parte, e intervenendo pubblicamente in suo favore o garantendo l'accesso degli omosessuali nella Società psicoanalitica dall'altra. In una lettera del 1921, Sigmund Freud e Otto Rank presero posizione contro Ernest Jones (Moore, 1989, p. 68) a proposito dell'accettazione legittima di membri omosessuali nella Società psicoanalitica: «Caro Ernest, abbiamo considerato la Sua domanda concernente l'eventuale associazione di omosessuali, e non siamo d'accordo con Lei. In realtà non possiamo escludere tali persone senza avere sufficienti ragioni d'altro tipo. Così come non possiamo essere favorevoli al fatto che siano perseguite legalmente. Ci sembra che in simili casi una decisione dovrebbe dipendere da un esame accurato delle altre qualità del candidato» (2).

Nel 1930 Freud firmò un appello rivolto al Reichstag per abrogare la parte del codice penale tedesco che dal 1871 considerava i rapporti omosessuali come un crimine. La petizione affermava: «Nel corso di tutta la storia e fra tutti i popoli l'omosessualità è sempre esistita (...) L'inclinazione sessuale degli omosessuali gli è tanto propria quanto lo è quella degli eterosessuali. Lo Stato non ha fondato interesse per tentare di invogliare gli omosessuali ad avere rapporti o a concludere dei matrimoni eterosessuali; infatti, ciò implicherebbe necessariamente l'infelicità dei loro partner, ed è inoltre abbastanza probabile che l'omosessualità ricomparirebbe in una delle successive generazioni (...) Questa legge rappresenta quindi una gravissima violazione dei diritti umani in quanto non riconosce agli omosessuali la loro propria sessualitàHotwordStyle=BookDefault;  anche se gli interessi dei terzi non sono violati (...) Gli omosessuali devono adempiere agli stessi doveri civili come chiunque altro. In nome della giustizia chiediamo che i legislatori riconoscano loro gli stessi diritti civili abrogando la legge in questione» (cit. in Abelow, 1985, p. 31).

 

(2) Nel 1927, dopo aver avuto in analisi cinque donne omosessuali attive, Jones scrisse Lo sviluppo primario della sessualità femminile. Egli considerò quindi l'omosessualità come una «soluzione» alla mancata espressione di angosce e difficoltà. Tale soluzione omosessuale, nella donna, può dirigersi in due sensi differenti; il primo consiste nel provare interesse per gli uomini nei panni dell'«essere uomo», mentre il secondo senso consiste nel ripudio dell'interesse sessuale per l'uomo, con il conseguente investimento sulle donne, basato sul diniego del desiderio di contatto tra la vagina e il pene e sul diniego di possedere un pene. Implicando la proiezioneHotwordStyle=BookDefault;  di parti sessuali del Sé, maschili e femminili, sul partner, quest'ultimo diviene un oggetto narcisistico e per questo fonte di eccitazione sessuale. Jones, condividendo il punto di vista della Klein sui sentimenti primitivi che le bambine nutrono nei confronti del proprio corpo e di quello della madre, cercò di dare una spiegazione delle angosce delle donne omosessuali: non sarebbero solo frutto della rabbia verso la madre per non aver loro dato un pene, ma deriverebbero da paure riguardanti l'interno del proprio corpo. La sanzione di vulnerabilità della loro vagina rispetto agli attacchi materni sarebbe la risposta agli attacchi inferti contro il corpo della madre, nei loro sentimenti e nelle fantasie inconsce (vedi Rayner, 1991, pp. 115-17).

 

Viene perlopiù ritenuto a torto un comportamento omosessuale, mentre può essere più correttamente definito come un effetto della compresenza di elementi feticisti e omosessuali. Se prevalgono i primi, il travestito può giungere all'orgasmo eterosessuale, in quanto i vestiti femminili che indossa hanno un effetto rassicurante dalle angosce di castrazione, poiché rappresentano il fallo. Un'altra forma di travestitismoHotwordStyle=BookDefault;  omosessuale viene utilizzata come mezzo di adescamento nella prostituzione maschile.

Se invece prevalgono i secondi, l'indossare abiti femminili significa una profonda identificazioneHotwordStyle=BookDefault;  con la madreHotwordStyle=BookDefault; , e si è allora nettamente nel campo dell'omosessualità. Nella donna il travestitismo è raro; quando si verifica, è un segno di omosessualitàHotwordStyle=BookDefault;  (generalmente di omosessualità sulla base dell'invidia per il padreHotwordStyle=BookDefault; ). È un tentativo di spostare l'invidia del peneHotwordStyle=BookDefault;  sull'invidia di un sembiante maschile; infatti, in genere è accompagnato da un atteggiamento virile. Anche il travestito assume spesso movenze e gesti femminili, soprattutto quando, come spesso accade, è contemporaneamente un omosessuale. La differenza fra il travestitismo maschile e quello femminile consiste nel fatto che gli uomini, a dispetto del loro «giocare alla donna», hanno effettivamente la possibilità di dimostrarsi che il pene non è perduto in seguito al gioco, mentre la donna non ha nessuna possibilità di rassicurarsi analogamente, ma può solo simulare.

 

Sono entrambe perversioniHotwordStyle=BookDefault;  in cui il piacereHotwordStyle=BookDefault;  sessuale è ottenibile soltanto attraverso la sofferenza: del partner nel sadismoHotwordStyle=BookDefault; , propria nel masochismoHotwordStyle=BookDefault; . Appaiono frequentemente associate, nel senso che il sadico è sempre anche un masochista, il che non impedisce che il lato attivo o quello passivo della perversione possa prevalere, caratterizzando l'attività sessuale predominante.

Estremamente complesso è il problema dell'origine causale di tali perversioni. Occorre precisare che, mentre il rituale sadico può essere assai semplice ed elementare, con una gradualità che va dall'aggressione lieve, anche solo verbale, sino ad atti fortemente aggressivi che possono giungere all'omicidio, il rituale masochistico è di solito elaborato, complesso, in larga misura stereotipizzato. Difficilmente tuttavia gli atti lesivi su di sé, chiesti al partner, raggiungono livelli elevati, in quanto alla fine, in genere, interviene la pulsioneHotwordStyle=BookDefault;  autoconservativa. Tali perversioni sono combinabili con l'omosessualità.

Freud utilizza il termine sadismo per indicare la fusione di sessualitàHotwordStyle=BookDefault;  e violenza, ma anche per l'esercizio della sola violenza senza coinvolgimento sessuale. Concepisce il sadismo dapprima come fenomeno primario che può convertirsi in masochismo, quindi come deviazione all'esterno della pulsione di morte, che si manifesterebbe originariamente come masochismo. In termini dinamici, non è chiaro se il sadismo come fusione di pulsioni libidiche e aggressive sia una manifestazione di tendenze innate aggressive, o la reazione a frustrazioni e umiliazioni. Non è del tutto chiaro se il piacere che deriva dall'attività sadica risieda nella vista del dolore dell'altro o nella sensazione di potere che deriva dall'essere in grado di infliggere dolore. Possiamo ancora definire sadismo orale quello connesso alla funzione fantasticata della bocca e dei denti in grado di mordere e lacerare; sadismo anale quello connesso a fantasieHotwordStyle=BookDefault;  di controllo e di coercizione; sadismo fallico la situazione in cui il peneHotwordStyle=BookDefault;  è vissuto come un'arma di violenza e distruzione. Infine, in relazione alle componenti dell'apparato psichico, parliamo di sadismo dell'EsHotwordStyle=BookDefault;  in riferimento a spinte istintuali distruttive per paura di rappresaglie esterne o per procurarsi l'approvazione altrui, di sadismo del Super-ioHotwordStyle=BookDefault;  rigido e crudele nei confronti dell'IoHotwordStyle=BookDefault;  che, per bisogno di punizione, svolge un ruolo masochista (Lingiardi, 1997, p. 90; vedi anche Galimberti, 1999, pp. 924 sg.).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PSICOSI

Sono caratterizzate da una più o meno evidente destrutturazione dell'IoHotwordStyle=BookDefault; , con una maggiore o minore compromissione del rapporto con la realtà. Possiamo distinguere tra schizofreniaHotwordStyle=BookDefault; , paranoiaHotwordStyle=BookDefault;  e psicosi maniaco-depressivaHotwordStyle=BookDefault; .

 

La schizofrenia

 

Il tratto che accomuna i diversi quadri clinici riuniti sotto la definizione di schizofrenia è la dissociazioneHotwordStyle=BookDefault; , che può essere intesa come:

  1. a) disturbo del pensiero e dell'affettività;
  2. b) discordanza fra i diversi elementi costitutivi della vita psichica normalmente connessi fra loro (affetti e idee);
  3. c) perdita del legame associativo fra i contenuti ideativi;
  4. d) perdita del contatto con la realtà;
  5. e) perdita della coscienza della propria identità personale;
  6. f) ambivalenzaHotwordStyle=BookDefault; , come coesistenza di sentimenti e atteggiamenti opposti.

In realtà, tutte queste manifestazioni sintomatiche sono presenti nella schizofrenia; sono perciò da considerare sintomiHotwordStyle=BookDefault;  fondamentali; accanto a esse possono comparire dei sintomi accessori frequenti ma non necessari, costituiti da:

  1. a) fenomeni dispercettivi (illusioniHotwordStyle=BookDefault; , allucinazioniHotwordStyle=BookDefault; );
  2. b) idee deliranti;
  3. c) turbe del linguaggio e della scrittura;
  4. d) sintomi catatonici (catalessiaHotwordStyle=BookDefault; , stereotipieHotwordStyle=BookDefault; , stuporeHotwordStyle=BookDefault; , negativismoHotwordStyle=BookDefault; ).

 

È forse opportuno un breve chiarimento terminologico.

Per allucinazioni intendiamo le percezioni senza oggettoHotwordStyle=BookDefault; . Come abbiamo più volte ripetuto, esse hanno origine dall'inversione del cammino normalmente seguito dallo stimoloHotwordStyle=BookDefault; , che conduce dall'apparato percettivo al sistema psichico; qui, lo stimolo parte dal sistema psichico e giunge all'apparato percettivo, «creando» percettivamente un oggetto (una cosa, una sensazione ottica, olfattiva, gustativa, uditiva, tattile) che nella realtà non esiste. L'oggetto fantasticato-allucinato può appartenere al mondo esterno, ma può anche riguardare il corpo del soggetto.

Le illusioni sono invece le percezioni in cui lo stimolo reale è percepito in maniera inadeguata, non corrispondente al vero, ma correggibile dal soggetto stesso.

Il delirioHotwordStyle=BookDefault;  è un'idea o un sistema di idee erronee e non corrispondenti alla realtà oggettiva, non criticate, ma al contrario fervidamente sostenute, resistenti a ogni critica o dimostrazione, per logica e fondata che sia.

Le dismnesieHotwordStyle=BookDefault;  sono i disturbi della memoriaHotwordStyle=BookDefault; : accresciuta o diminuita capacità di ricordare, lieve deficit del ricordoHotwordStyle=BookDefault; , falsi riconoscimenti, confabulazioni.

La catalessia è la condizione per cui un individuo mantiene posizioni del corpo anche scomode o difficili per parecchio tempo, resistendo ai tentativi di fargli cambiare posizione.

Le stereotipie possono essere motorie o verbali; consistono in monotone ripetizioni di gesti, atteggiamenti mimici (smorfie), parole o frasi senza senso apparente o comunque inadeguate.

Lo stupore è l'arresto psicomotorio con assoluta immobilità e mutismo, con assenza di reazione agli stimoli.

Il negativismo è l'opposizione e la resistenza a ciò che viene suggerito.

I manierismiHotwordStyle=BookDefault;  sono modalità spesso ripetute, affettate, goffe ed eccentriche, con cui sono eseguiti movimenti mimici, gesti o azioni in genere.

L'automatismoHotwordStyle=BookDefault;  è l'esecuzione passiva di comandi anche senza senso, o la riproduzione imitativa di parole e di gesti.

 

Freud è il primo a tentare di spiegare la schizofrenia che, in termini psicodinamici, chiama parafreniaHotwordStyle=BookDefault; . Egli parte dall'ipotesi che le psicosiHotwordStyle=BookDefault;  condividano con le nevrosiHotwordStyle=BookDefault;  funzioni e meccanismi fondamentali, quali la rimozioneHotwordStyle=BookDefault;  non riuscita di idee intollerabili, il ritiro dell'investimento libidico e la regressioneHotwordStyle=BookDefault;  a fasi precedenti dello sviluppo psichico con successiva fissazioneHotwordStyle=BookDefault; .

Nel caso della paranoia si ha un ritiro dell'investimento libidico dagli oggetti dell'ambiente sull'Io, che viene investito narcisisticamente, mentre nel caso della schizofrenia la regressione non giunge solo allo stadio narcisistico (che trova la sua espressione nel delirio di grandezza), ma si spinge fino all'abbandono totale dell'amore oggettuale e al ritorno all'autoerotismo infantile. Il punto di fissazione, quindi, deve essere molto precedente a quello della paranoia, probabilmente all'inizio dello sviluppo. Questo comporta il riattivarsi del processo primarioHotwordStyle=BookDefault; , cioè della modalità di funzionamento dell'inconscio, nonché della vita mentale della prima infanzia, prima che entri in funzione il preconscioHotwordStyle=BookDefault; . Nella schizofrenia, secondo Freud, non c'è solo la perdita del contatto con la realtà, ma anche un tentativo di restituzione tramite l'allucinazione e il delirio: il tentativo è quello di ristabilire, anche se in modo distorto, una relazione con il mondo. «Possiamo considerare la fase delle allucinazioni violente come un momento della lotta che si svolge tra la rimozione e un tentativo di guarigione che cerca di ricondurre la libidoHotwordStyle=BookDefault;  ai suoi oggetti (...) questo tentativo di guarigione, che gli osservatori scambiano per la malattia, non si serve, come accade nella paranoia, d'un meccanismo di proiezioneHotwordStyle=BookDefault; , bensì d'un meccanismo allucinatorio (isterico)» (Osservazioni psicoanalitiche su un caso di paranoia, 1910a, pp. 401 sg.). Da queste premesse Freud conclude, nel saggio Nevrosi e psicosi del 1923, che mentre nella nevrosi, in virtù della sua ubbidienza alla realtà, l'Io sopprime una parte dell'EsHotwordStyle=BookDefault; , nella psicosi, al servizio dell'Es, l'Io si ritira da una parte della realtà e accetta parte dell'Es. Nella schizofrenia, dunque, sono in atto imponenti fenomeni regressivi, che individuano il livello di fissazione alla fase oraleHotwordStyle=BookDefault; . In tal modo l'Io ritorna a funzionare, almeno in parte, come l'Io arcaico, elementare, indifferenziato, confuso ancora con il mondo circostante, diviso fra onnipotenza e annichilimento, dove il pensiero magicoHotwordStyle=BookDefault; , le allucinazioni e i deliri sono la riproduzione, attuale e patologica, di un funzionamento che all'epoca del punto di fissazione (e cioè nel primo semestre di vita) era del tutto normale.

 

 

Scrive Freud: «Io penso che Kraepelin abbia avuto perfettamente ragione di separare gran parte della sindrome fino allora definita paranoica e di assorbirla con la catatonica e altre forme morbose in una nuova clinica», e continua sostenendo che la paranoiaHotwordStyle=BookDefault;  deve essere considerata «un'entità clinica a sé stante, anche se il quadro che essa offre è assai sovente complicato dalla presenza di tratti schizofrenici; infatti, dal punto di vista della teoria della libidoHotwordStyle=BookDefault; , la paranoia potrebbe essere distinta perfino dalla dementia praecoxHotwordStyle=BookDefault;  sia in ragione della diversa localizzazione della fissazioneHotwordStyle=BookDefault;  predisponente, sia per il diverso meccanismo di ritorno del rimosso (cioè di formazione dei sintomiHotwordStyle=BookDefault; ); con la dementia praecox la paranoia condividerebbe tuttavia il carattere principale della rimozioneHotwordStyle=BookDefault;  propriamente detta, cioè il distacco della libido dal mondo esterno con corrispondente regressioneHotwordStyle=BookDefault;  sull'IoHotwordStyle=BookDefault; » (1910a, p. 401).

La personalità paranoica presenta tratti di diffidenza, sospettosità, riservatezza, timore dell'aggressività altrui, rigidità, impossibilità di mettersi in discussione, intolleranza delle critiche, ipersuscettibilità, alta concezione di sé, intolleranza verso gli altri, modalità fanatiche di vita. Questi tratti contrastano con l'estrema lucidità della coscienzaHotwordStyle=BookDefault; , con la memoria perfetta, ma su base delirante, con una logica stringente supportata da una dialettica brillante, con un comportamento corretto. Da un punto di vista psicodinamico si suppone che alla base delle personalità paranoiche vi sia una struttura profondamente narcisistica, che induce l'utilizzo di meccanismi come la negazioneHotwordStyle=BookDefault;  e la proiezioneHotwordStyle=BookDefault; ; Freud ritiene che alla base ci sia un meccanismo di difesa contro l'omosessualità negata dal soggetto, con deliri di gelosia (non sono io ad amare lui, ma è lei), di persecuzione (io non lo amo, lo odio e perciò egli mi odia e mi perseguita), di erotomania (non amo lui, ma lei, perché lei mi ama) o di diniego (non amo nessuno, ma solo me stesso) (ibid., p. 400).

Dopo i trent'anni si può strutturare il delirioHotwordStyle=BookDefault; , spesso favorito da eventi contingenti, o perlomeno ritenuti tali. Il delirio può essere:

  1. a) persecutorio, dove i persecutori sono chiaramente evidenziabili nel sociale;
  2. b) di gelosia, con ricerca delle prove di colpevolezza;
  3. c) di rivendicazione, per torti presunti o realmente subiti;
  4. d) di avvelenamento, che comporta il meticoloso controllo di tutto;
  5. e) di erotomania, per la convinzione di essere amato segretamente da qualche persona importante;
  6. f) mistico, con conseguente fondazione di movimenti o sette religiose.

 

 

Caratteristica fondamentale della psicosi maniaco-depressivaHotwordStyle=BookDefault;  (detta anche ciclotimia) è il decorso a fasi o cicli (solitamente variabili) in cui l'umore è mutevole; generalmente si alternano umore maniacale e umore depressivo. Negli intervalli vi è una condizione di completa normalità.

La fase maniacaleHotwordStyle=BookDefault;  è caratterizzata da uno stato d'animo assai gaio, allegro ed euforico; l'ideazione è accelerata, le associazioni sono rapide, il pensiero è ottimistico e disinibito; il soggetto si sente in pieno benessere, forte, espansivo; il linguaggio è logorroico, mimica e attività gesticolatoria sono esaltate. Talora l'ottimismo è sostituito dall'arroganza e da un'autostima inopportuna, con temi di grandezza, di potenza, di prestigio.

La situazione depressivaHotwordStyle=BookDefault;  appare invece come una condizione di accentuata tristezza, accompagnata da pessimismo più o meno intenso: l'ideazione è rallentata sino al blocco, oppure risulta turbata dall'ansia e dalla tensione. L'espressione è in genere triste, preoccupata, a volte compaiono disturbi neuro-vegetativi (perdita di appetito, difficoltà di digestione, stipsi, impotenza sessuale ecc.). In primo piano emergono, nell'ideazione, temi di autosvalutazione, colpa, rimorso e nostalgia, disperazione: il futuro non è progettabile, il tempo sembra arrestarsi a un presente senza speranza e a un passato privo di elementi positivi. La depressioneHotwordStyle=BookDefault;  può essere interpretata come una risposta alla perdita di un oggettoHotwordStyle=BookDefault; , reale o immaginario, che è stato introiettato, perdita di cui il soggetto si lamenta e si incolpa; la mania può essere letta come una compensazione antidepressiva per negare la perdita e il senso di colpaHotwordStyle=BookDefault; .

La differenza tra la psicosiHotwordStyle=BookDefault;  e la nevrosiHotwordStyle=BookDefault;  è riscontrabile nel diverso grado di regressioneHotwordStyle=BookDefault;  e di strutturazione dell'IoHotwordStyle=BookDefault; , e nella quantità delle angosce depressive.

Il quadro clinico della depressione è dominato dall'inibizione psicomotoria (povertà di ideazione, con monotematismo, rallentamento delle risposte alle domande, nella formulazione dei concettiHotwordStyle=BookDefault;  e nell'esposizione dei fatti; impoverimento della mimica e della gestualità, tristezza, sofferenza e ansiaHotwordStyle=BookDefault; ; movimenti lenti, impediti, minima reattività agli eventi esterni) e dall'abbassamento del tono dell'umore (mancanza di vivacità affettiva, tristezza, disperazione, astenia, con malessere fisico e prostrazione; rievocazione dolorosa del passato, per cui anche gli eventi precedenti sono valutati in modo peggiorativo; autosvalutazione, sentimenti di colpa, di indegnità, di incapacità; impossibilità di fare progetti per il futuro).

Accanto a tutto questo, è costante l'ansia, spesso accompagnata da sensazioni fastidiose alla gola e allo stomaco («magone»). Il pensiero è dominato da contenuti negativi, pessimistici, che riempiono tutto lo spazio ideativo sino a portare il soggetto verso deliri di colpa, di autoaccusa, di inadeguatezza, di miseria e di rovina, oppure a deliri ipocondriaci di malattia corporea inguaribile. Talora tali contenuti sono tenuti nascosti dal paziente, o comunicati solo per allusioni e sfumature: altre volte sono invece espressi in modo netto e irremovibile, non accessibile alla critica. Il taedium vitae può condurre a idee e tentativi di suicidio.

I disturbi somatici che accompagnano la depressione vanno dalle turbe degli apparati digerente (inappetenza, dispepsia, stipsi, a volte scariche diarroiche), cardiovascolare (bradicardia e tachicardia, extrasistole, ipertensione saltuaria, palpitazioni, rapidi cambiamenti del colorito cutaneo) e urogenitale (impotenza, frigidità, minzione dolorosa, turbe mestruali), al calo del peso corporeo, a disturbi del ciclo veglia-sonnoHotwordStyle=BookDefault; , all'accentuazione mattutina della sintomatologia ansiosa con corrispettiva diminuzione nel tardo pomeriggio. Non in tutti i casi, tuttavia, la sintomatologia è così varia e imponente. In altre situazioni si nota una sovrapposizione di sintomiHotwordStyle=BookDefault;  nevrotici di tipo ossessivo (depressioni con idee coatte) o isterico (con la presenza di fobieHotwordStyle=BookDefault; ), o si verificano forme al confine con le nevrosi; in altri casi ancora si presentano sintomi di tipo paranoide.

Nella situazione maniacale vi è esaltazione dell'umore, allegria immotivata accompagnata quasi sempre da eccitazione psicomotoria. Il paziente è euforico, vive sentimenti piacevoli, ottimistici: si sente potente, sicuro, forte, infaticabile, in pieno benessere anche fisico; spesso il discorso è logorroico, con nessi associativi superficiali, e quindi con rapidi mutamenti di argomento: i contenuti possono essere sguaiati, volgari, pieni di giochi di parole. Il flusso delle idee è rapido, l'entusiasmo favorisce giudizi entusiastici su di sé, sul prossimo, sugli eventi. L'iperattività del soggetto lo porta ad assumere mille iniziative e decisioni precipitose e inopportune: può compiere azioni improprie di cui non è in grado di valutare la scorrettezza. In genere gli episodi maniacali sono di breve durata, comunque inferiore a quella degli episodi depressivi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note

 

  • Nnell'edizione italiana delle Opere di Sigmund Freud è usato il sinonimo «traslazione».

 

(2) I concettiHotwordStyle=BookDefault;  di oggetto parziale e di oggetto interoHotwordStyle=BookDefault;  verranno ulteriormente sviluppati da Melanie Klein.

(3) Definiamo narcisismo primarioHotwordStyle=BookDefault;  quello che segue il periodo di attività autoerotica infantile, e narcisismo secondarioHotwordStyle=BookDefault;  quello che si organizza quando il bambino introietta gli oggetti che aveva caricato di energia pulsionale. Tali oggetti sono principalmente le figure genitoriali che, prima investite pulsionalmente e poi introiettate nel Sé, vanno a costituire, fra l'altro, la coscienzaHotwordStyle=BookDefault;  morale. Questa introiezioneHotwordStyle=BookDefault;  di oggetti esterni ha come conseguenza il fatto che la caricaHotwordStyle=BookDefault;  pulsionale, riflettendosi sul Sé, dà origine al narcisismo secondario. Il narcisismo secondario può essere usato difensivamente nel momento in cui l'individuo, posto di fronte a obiettivi che sente irraggiungibili, sposta la libido dagli oggetti sull'Io. Questo processo può portare sino alla nevrosi narcisistica.

(4) Nella successiva opera di Melanie Klein verrà data un'interpretazione differente dei tempi e delle modalità di formazione dell'Io.

 

(5) La prima teoria dell'angoscia è del 1894-95 (vedi Legittimità di separare dalla nevrastenia un preciso complesso di sintomi come «nevrosi d'angoscia», 1894b; A proposito di una critica della nevrosi d'angoscia, 1895b). la seconda teoria dell'angoscia è del 1925 (Inibizione, sintomo e angoscia), ma già accennata in Al di là del principio di piacere (1920a) e in L'Io e l'Es (1922b), che ci aiutano a comprendere l'evoluzione di questo concetto.

(5) Vedi oltre (pp. 159-63) le Schede sui meccanismi di difesa di Anna Freud.

(6) L'analisi dei meccanismi di difesa è stata ulteriormente approfondita da Otto Fenichel, che si occupò dei meccanismi patogeni; da Melanie Klein, che specificò quelli primari; da Karen Horney, che evidenziò i meccanismi come la ricerca del potere, del prestigio, del possesso, e da altri autori.

(7) Nell'opera di Melanie Klein tali aspetti verranno ampiamente approfonditi.

(8) Cioè la capacità di stabilire un rapporto tra un contenuto latente, inconscio, e un contenuto manifesto, cosciente. Questo rapporto costante si basa sull'analogia e fa riferimento ai meccanismi della condensazione, dello spostamento e dela sostituzione, di cui si serve la censura per appagare in modo mascherato un desiderio inconscio represso o rimosso.

(9) La fobia è, come vedremo più avanti, un disturbo nevrotico per cui oggetti e situazioni, coscientemente innocui, suscitano angoscia; vi sono così persone che entrano in ansia se sono al cospetto di un animale, pur sapendo che non è pericoloso, altre che provano angoscia se si trovano in un luogo ristretto o chiuso (claustrofobia). Tali oggetti ( o situazioni) appaiono ansiogeni perché su di essi è stato spostato un certo quantitativo di energia pulsionale aggressiva originariamente diretta verso un altro oggetto (per esempio la figura paterna) nei confronti del quale l'aggressività era poco tollerabile perché conflittuale.

(10) Il disinvestimento, in questi casi, avviene o per la frustrazione di non aver raggiunto l'appagamento di un bisogno pulsionale, o a causa delle norme educative (si pensi alla nascita della repulsione per le feci e all'influenza su di essa delle prescrizioni familiari), o per divieto del Super-io (quando cioè la proibizione di un certo tipo di soddisfacimento pulsionale è stata interiorizzata), oppure ancora quando vi è la compresenza di più fattori.

(11) Il meccanismo della proiezione verrà ulteriormente approfondito e sviluppato da Melanie Klein.

(11) La condizione nirvanica è quella in cui non esistono bisogni o stimoli spiacevoli, né, quindi, situazioni di tensione.

(12) Intendiamo per omeostasiHotwordStyle=BookDefault;  la condizione di autoregolazione di un sistema che tende a mantenere un equilibrio interno malgrado i mutamenti dell'ambiente esterno. L'apparato psichico è un sistema che si autoregola, che tende a conservare un livello di eccitazione il più basso possibile. A questo fine, di fronte a uno stimoloHotwordStyle=BookDefault;  pulsionale che altera l'equilibrio ed eleva il livello di eccitazione, il bambino inventa un oggetto capace di eliminare lo stato di tensione, creandolo al di fuori della realtà. L'«allucinazioneHotwordStyle=BookDefault; » del bambino, come abbiamo visto, è prodotta da una precedente esperienza di soddisfacimento di un bisogno per mezzo di un oggetto reale.

(13) Sarà Melanie Klein ad approfondire in modo esremamente efficace i vissuti rispetto agli oggetti di relazione.

(14) L'universalità del complesso edipico e quindi della proibizione dell'incesto è stata spesso oggetto di studio. Secondo Lévi-Strauss, uno dei padri dell'antropologia, il divieto dell'incesto costituisce la legge universale e indispensabile per il passaggio dalla natura alla cultura: ciò significa che il divieto dell'incesto è presente in ogni società umana. È interessante notare che tale dinamica si verifica anche in assenza di uno o di entrambi i genitori, che il bambino sostituirà con persone dell'ambiente che lo circonda per lui particolarmente significative. Al riguardo, sono interessanti gli studi di Bronislaw Malinowski, che evidenziano la diversa organizzazione del complesso edipico in società matrilineari.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fonte CCDU

 L’editore del manuale diagnostico psichiatrico rivela che il re è nudo, “Non esiste una definizione di disturbo mentale”. E’ una stron...”

Pubblicato Lun. 31/01/2011 - 13:38

“Non esiste una definizione di disturbo mentale. E’ una stron.... Intendo semplicemente che non la puoi definire,” afferma il Dott. Allen Frances, presidente del progetto per il Manuale Diagnostico Statistico (DSM-IV - la Bibbia psichiatrica). Dato che il DSM-IV è la dottrina imperiale utilizzata dagli psichiatri nel diagnosticare i disturbi mentali, prescrivere potenti farmaci psicotropi su vasta scala, e richiedere soldi per l’assistenza sanitaria, questa non è un’ammissione da poco. “Abbiamo fatto degli errori che hanno avuto terribili conseguenze” ammette Frances.

Gary Greenberg (scrittore e psicoterapeuta), che ha intervistato Frances e ha scritto un approfondito articolo su Wired Magazine, descrive come la coscienza di Frances lo abbia colpito: “Le diagnosi di autismo, di disturbo da deficit di attenzione e iperattività e di disturbo bipolare salite alle stelle, Frances spiega come il suo manuale abbia facilitato queste epidemie e, per giunta, favorito una crescente tendenza a far passare le difficoltà della vita per malattie mentali, poi trattate con farmaci psicotropi", scrive Greenberg.

Il DSM-IV ha fatto aumentare di 40 volte le diagnosi di bipolarismo infantile, generando una pericolosa impennata di prescrizioni di antipsicotici per i bambini, anche di appena 3 anni.

All’editore capo del DSM-III (la versione precedente), Dott. Robert Spitzer, sono fischiate le orecchie. Egli è colui che spinse Frances ad aiutarlo nella lotta contro i creatori del DSM-5 - la prossima edizione in corso. Spitzer ha pubblicamente condannato l'APA (Associazione Psichiatrica Americana) per avere obbligato gli editori del DSM-5 a firmare una promessa scritta di non parlare mai di quello che stavano facendo.

Spitzer e Frances avvertono che la proposta di disturbo "pre-psicotico" potrebbe portare ad una esplosione di nuove diagnosi e un assalto del marketing delle aziende farmaceutiche. Frances ha evidenziato come questo disturbo provocherebbe "una medicalizzazione in massa della normalità," e produrrebbe "una miniera d'oro per l'industria farmaceutica", imponendo ai pazienti un "alto prezzo di effetti collaterali, euro, e uno stigma."

Ci sono molti altri dissidenti del settore. Greenberg dice che: “Stanno diventando sempre più insofferenti, e alcuni concordano sul fatto che la pressione pubblica può essere l'unico modo per far deragliare il treno che, egli teme, porterà “la psichiatria giù dalla scogliera”.

Greenberg, egli stesso uno psicoterapeuta, sottolinea che la certezza scientifica non appartiene alla psichiatria: "Le dispute sulla nomenclatura rischiano di minare la legittimità della professione, rivelando il suo sporco segreto: che con tutte le loro presuntuose affermazioni, gli psichiatri non sanno distinguere in maniera rigorosa una malattia dalla sofferenza quotidiana".

Con un aumento del 25% del numero dei disturbi mentali rispetto al DSM-III, il DSM-IV è stato una miniera d'oro per le aziende farmaceutiche. Secondo uno studio del 2006 della Tufts University, più della metà degli autori del DSM-IV aveva legami finanziari con l'industria farmaceutica.

In mancanza di una base scientifica, gli autoproclamati esperti del DSM-5 si affannano a "deliberare", "discutere", e intavolare "gravose discussioni" nel tentativo di decretare nuovi disturbi. Le nuove proposte per il DSM-5 comprendono "Disturbo da Accaparramento", "Disturbo del Pizzichio di pelle" e, peggio, le nuove etichette per i bambini: "Disturbo da Malregolazione del Temperamento" e "Disturbo da Cibazione". Questo aprirebbe le porte a una massiccia campagna di marketing per medicalizzare i bambini!

Come nella storia del Re pomposo che pretende che il suo vestito sia così magnifico che possa essere visto solo da persone sagge, la psichiatria e le industrie farmaceutiche spacciano al mondo le etichette dei loro prodotti e gli psicofarmaci come rimedi. E come il bambino che grida l'ovvio "il re è nudo", sta all'opinione pubblica mettere pressione affinché questo smetta.

Natural News
Monica G. Young
24 Gennaio 2011
https://www.naturalnews.com/031088_psychiatric_disorders_mental_health.html

 

 

http://www.3nz.it/2528/lettera-steinbeck-figlio-innamorato/?refresh_ce

New York 10 novembre 1958

Caro Thom,

Abbiamo ricevuto la tua lettera stamattina. Risponderò dal mio punto di vista e, ovviamente, Elaine dal suo.

Primo, se sei innamorato, è una cosa bella, forse la migliore che possa capitarti. Non permettere che nessuno la sminuisca o la renda meno importante.

Secondo, ci sono molti tipi di amore. C’è quello egoistico, meschino, avaro, che usa l’amore per l’auto affermazione. E’ il tipo terribile e paralizzante. L’altro tipo è la manifestazione di tutto quanto di buono c’è in te: la gentilezza, la considerazione, il rispetto, non solo il rispetto sociale delle buone maniere, ma il rispetto in senso più alto, cioè il riconoscimento dell’altro come unico e prezioso. L’amore del primo tipo ti può rendere malato, piccolo e debole, ma quello del secondo tipo ti può dare una forza, un coraggio, una bontà e persino una saggezza che neanche sapevi di avere.

Dici che non è un’infatuazione da ragazzi. Se provi questo sentimento così profondamente, di sicuro non lo è.

Ma non credo che tu stessi chiedendomi cosa provi. Tu lo sai meglio di chiunque altro. Tu vuoi un aiuto per capire cosa fare, e io posso dirtelo.

Esulta, sii felice e grato.

L’oggetto d’amore è il migliore e il più bello. Cerca di esserne all’altezza.

Se ami qualcuno, non c’è niente di male a dirlo. Solo ricorda che alcune persone sono molto timide e a volte nel parlare bisogna tenere conto di questa timidezza.

Le ragazze sanno e sentono quello che provi, ma di solito amano anche sentirselo dire.

A volte succede che per qualche ragione ciò che tu senti non sia ricambiato, ma questo non rende quello che provi meno buono o prezioso.

Infine, so quello che provi perché lo provo anch’io e sono felice che possa provarlo anche tu.

Saremo lieti di incontrare Susan. Sarà la benvenuta. Ma sarà Elaine a organizzare tutto, perché è il suo territorio e ne sarà contenta. Anche lei conosce l’amore e forse potrà aiutarti più di me.

E non avere paura di perdere. Se è la cosa giusta, accadrà. La cosa più importante è non avere fretta. Le cose belle non scappano via.

Con amore, Pa.

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La Psicologia fa risparmiare, la Psicologia abbatte i centri di costo.

IN CANADA LA PSICOLOGIA FA RISPARMIARE Come AltraPsicologia  prima – alla guida di ENPAP – e in Ordine Psicologi Lazio poi ci stiamo lavorando da qualche anno, ed effettivamente vediamo il positivo riscontro di molti interlocutori istituzionali.

Qui in Italia è una sfida – culturale, politica e professionale – tutta da giocare, in altri paesi la cost-effectiveness della Psicologia è cosa acquisita e consolidata.

In questo post ti propongo una traduzione dell’interessante paper della Canadian Psychological Association. Pubblicato nel lontano 2002, ma anni luce avanti all’Italia del 2016

Per scaricare il PDF originale del paper clicca sul LIKE Facebook e/o sul TWEET Twitter così da poterlo anche diffondere e condividere con altri colleghi (clicca sui bottoni e comparirà il link di download).

Partiamo da una prima considerazione a noi psicologi ben chiara: gli interventi psicologici possono trattare efficacemente una vasta gamma di problemi di salute di bambini ed adulti, tra cui depressione, disturbi d’ansia, disturbi causati dal panico, disturbo da stress post traumatico, disturbi alimentari, abuso di sostanze e dolore cronico (Nathan & Gorman, 1998; Chambless & Ollendick, 2001; Roth & Fonagy, 1996; U. K. Department of Health, 2001).

Inoltre, è risaputo che ci sono anche alcuni trattamenti psicologici efficaci contro malattie e disturbi che vengono solitamente trattati a livello di assistenza sanitaria di base ma che sono tipicamente difficili da curare esclusivamente dal punto di vista medico; tra questi, diabete di tipo 1 (Hampson et al., 2000), mal di testa cronici (Holroyd et al., 2001), artriti reumatoidi (Sharpe et al., 2001), mal di schiena lombare cronico (van Tulder et al., 2000), sindrome da affaticamento cronico (Whiting et al., 2001) e tanti altri sintomi fisici che non si possono spiegare dal punto di vista medico (Nezu, Nezu, & Lombardo, 2001).

Le ricerche più recenti hanno dimostrato che gli interventi psicologici possono essere più efficienti del trattamento farmacologico tradizionale per casi come disturbi causati dal panico e depressione.

In particolare, rispetto ai disturbi di panico risultano efficaci sia il trattamento farmacologico che terapeutico, tuttavia viene stimato che l’intervento psicologico costi dal 10 al 50% in meno rispetto al trattamento farmacologico.

Nella cura della depressione alcune analisi hanno dimostrato che l’intervento psicologico può produrre risultati paragonabili o superiori all’intervento farmacologico, anche perché la terapia con farmaci presuppone un tasso più elevato di rinuncia da parte dei pazienti, a differenza della terapia psicologica. Inoltre, uno studio recente mostra che, lungo un periodo di due anni, il trattamento farmacologico può arrivare a costare 30% in più rispetto al trattamento cognitivo comportamentale nello specifico.

Una recente analisi di 91 studi di ricerca pubblicati tra il 1967 ed il 1997 mostra che

L'intervento psicologico in Sanità genera un risparmio medio del 20/30%CLICK TO TWEET

Nel 90% dei casi, non solo la maggior parte degli interventi psicologici hanno portato ad una riduzione dei costi, ma queste riduzioni sono spesso state così ampie da coprire totalmente i costi degli interventi psicologici stessi.

Per concludere, è evidente che gli interventi psicologici possono curare efficacemente un’ampia gamma di problemi di salute di bambini ed adulti. I trattamenti psicologici possono anche essere molto efficaci dal punto di vista del costo e, in alcuni casi, più di quanto lo siano gli interventi farmacologici comuni.

IL RAPPORTO COSTI/EFFICACIA DEGLI INTERVENTI PSICOLOGICI IN CANADA

Prima di passare alla prova del rapporto costi/efficacia e della compensazione dei costi dei servizi psicologici sono necessarie alcune informazioni sulle spese sanitarie in Canada. La stima dell’Istituto di Informazione Sanitaria canadese circa il rapporto costi/efficacia degli interventi psicologici nell’anno 2001 è che la spesa sanitaria ha superato i 102 bilioni di dollari, di cui il 73% sono attribuibili ai fondi pubblici (Canadian Institute for Health Information, 2001b, 2001c). Inoltre, negli ultimi anni, approssimativamente un terzo di tutti i programmi di spesa provinciali era indirizzato alla spesa sanitaria. In Canada, la natura dei dati del governo federale, provinciale e territoriale fa sì che sia difficile determinare la spesa effettiva degli interventi psicologici.

Per esempio, nonostante si sappia che il 20% di tutte le spese per i servizi legati alla sanità mentale in Ontario venga destinato alla psicoterapia, non può essere determinato con esattezza se questo dato si riferisce anche a tutta la gamma degli interventi di tipo comportamentale. Inoltre, dal momento che la maggior parte delle consultazioni psicologiche avvengono al di fuori delle istituzioni pubbliche (Stephens & Joubert, 2001), i dati sui servizi sanitari pubblici sottovaluterebbero il vero costo dei servizi psicologici in Canada.

Nel 1993 una stima indicava che il costo totale annuo delle malattie sostenuto dalla società canadese era di circa 130 bilioni di dollari – una quantità equivalente a quasi il 15% del PIL canadese. I disturbi mentali e le malattie del sistema nervoso – condizioni per le quali gli psicologi forniscono servizi continuamente – rappresentano il 13.4% dei costi del fardello del sistema sanitario (che include sia i costi diretti dei servizi di assistenza sanitaria sia quelli indiretti dovuti alla perdita di produttività e alla morte). In confronto, le condizioni più costose erano le malattie cardiovascolari e quelle musco-scheletriche, che rappresentavano rispettivamente il 15.2% ed il 13.8%. Una stima più recente e globale suggerisce che nel 1998 i costi (diretti ed indiretti) associati alla depressione e all’angoscia psicologica in generale, superavano i 14 bilioni di dollari (Stephens & Joubert, 2001).

Relativamente al fardello finanziario associato alla depressione, i dati canadesi sono simili a quelli americani e suggeriscono che

I costi annui della DEPRESSIONE pro capite superano quelli associati all'IPERTENSIONECLICK TO TWEET

e sono paragonabili a quelli associati ai problemi cardiovascolari, di schiena e al diabete (Druss, Rosenheck, & Sledge, 2000).

 

Nonostante la ricerca sul rapporto costi/efficacia e sui benefici dell’intervento psicologico sia abbastanza recente, vi sono sempre più ragioni per sostenere il rapporto costi/efficacia di tali interventi come, ad esempio, la terapia multisistemica per i giovani disagiati (Schoenwald, Ward, Henggeler, & Rowland, 2000) e la terapia di coppia come un’aggiunta al trattamento esterno dell’alcolismo (O’Farrell et al., 1996).

Ci sono anche indicazioni relativamente al fatto che, paragonati agli interventi medicali per la stessa malattia/disturbo, gli interventi psicologici possono avere un rapporto costi/efficacia superiore o paragonabile a questi (Miller & Magruder, 1999). Ovviamente nell’interpretare queste scoperte è importante ricordare che, pro capite, ci sono molti meno psicologi disponibili a fornire servizi appropriati di quanti sono i medici disponibili a prescrivere servizi medicali.

In Canada gli psicologi che forniscono servizi sanitari sono il triplo del numero di psichiatriCLICK TO TWEET

Nonostante  in Canada gli psicologi che forniscono servizi sanitari sono presenti in numero tre volte superiore rispetto agli psichiatri (Canadian Psychological Association, 1999), per ogni 100.000 canadesi ci sono 185 fisici e solo 40 psicologi (a scopo di paragone: ci sono 54 dentisti, 49 fisioterapisti e 16 chiropratici per ogni 100.000 abitanti (Canadian Institute for Health Information, 2001).

Per illustrare la natura ed i risultati delle analisi più recenti in termini di efficacia dei costi, un esempio relativo al trattamento del disturbo da ansia è particolarmente importante: le stime americane sono che il 15% dei pazienti che si recano nei luoghi dedicati all’assistenza sanitaria di base soffrono di disturbi d’ansia e che il costo medio per tali pazienti in un lasso temporale di sei mesi sono di 2.390$, rispetto ai 1.397$ per i pazienti sprovvisti di tali disturbi (Simon, Ormel, Van Korff, & Barlow, 1995; see also Candilis & Pollack, 1997, and Greenberg et al., 1999).

Altre stime americane suggeriscono che i costi indiretti della depressione (tra cui perdita di produttività e assenteismo) sono almeno tre volte superiori ai costi dei trattamenti diretti associati alla stessa condizione (Zhang, Rost, & Fortney, 1999) e sono tanto alti o più alti dei costi indiretti associati alle condizioni medicali croniche comuni.

Gould, Otto e Pollack (1995) hanno esaminato i costi del trattamento del disturbo da panico su un periodo di due anni, paragonando il trattamento cognitivo-comportamentale (CBT) alle medicazioni prescritte normalmente (sia antidepressivi che benzodiazepine). Hanno utilizzato i dati di 43 studi pubblicati tra il 1974 ed il 1994. In generale, hanno scoperto che l’ampiezza dell’effetto del CBT e quella del trattamento dell’intervento farmacologico sono per lo più simili. Inoltre, non è emersa prova che la combinazione del CBT con la farmacoterapia portasse ad un esito più positivo se paragonato a quello di ciascun tipo di intervento effettuato separatamente.

Inoltre, Gould et al. hanno stimato il costo sia del CBT che della medicazione farmacologica. Per i servizi CBT, i costi stimati raggiungono i 90$ a sessione per le sessioni individuali, 40$ per quelle di gruppo e 60$ per quelle supplementari. Se paragonato, il costo del trattamento farmacologico viene stimato a 60$ per una sessione di management farmacologico, 0.60$ per 1mg di alprazolam generico, 0.90$ per 50mg di imipramina generica e 1.93$ per 20mg di fluoxetina (Prozac). Entrambi i trattamenti psicologici e farmacologici sono stati utilizzati per iniziare una singola sessione di valutazione di costi uguali.

I costi del CBT sono stati calcolati sulla base di 15 sessioni, con una sessione ulteriore durante il primo anno di trattamento e quattro sessioni durante il secondo anno. I costi dei trattamenti farmacologici sono stati calcolati sulla base di 2 sessioni per il primo mese, sessioni mensili per i seguenti 3 mesi, 3 sessioni supplementari durante il primo anno e 4 sessioni aggiuntive durante il secondo anno. I dosaggi dei medicinali sono stati selezionati in modo da riflettere i tipici dosaggi nelle prove cliniche. I costi di trasporto non sono stati presi in considerazione così come nemmeno i i costi amministrativi oppure i costi associati ad una perdita della produttività causata della presenza alle sessioni di trattamento. Sulla base di queste stime, Gould et al. hanno calcolato che un trattamento CBT individuale costa 1.650$ per un periodo di due anni, il costo del trattamento di gruppo ammonta a 840$. Al contrario, un trattamento con alprazolam va dai 1800$ ai 3312$, a seconda della dose, il trattamento con imipramina costa 912$ ed il trattamento con la fluoxetina costa 3504$.

Gli interventi CBT sono paragonabili dal punto di vista dell’efficacia alla medicazione utilizzata comunemente, ma meno cari rispetto alle opzioni farmacologiche disponibili.

Nonostante questa analisi del rapporto costi/efficacia sia informativa, è importante notare che è incompleta dal momento che sono stati presi in considerazione solamente i costi diretti. Un’analisi più completa è stata effettuata da Antonuccio, Thomas e Danton (1997) nel loro studio sui trattamenti della depressione.

Come hanno notato, molti studi meta analitici pubblicati sia nei giornali di psichiatria che in quelli di psicologia mostrano che

  • l’intervento psicologico (specialmente il CBT) può portare a risultati paragonabili o superiori a quelli del trattamento medicale della depressione,
  • gli interventi psicologici e medicali combinati non superano ciascun tipo di intervento effettuato individualmente e
  • la farmacoterapia implica un maggiore rischio di abbandono della cura a differenza dell’intervento psicologico.

Sulla base di queste valutazioni, è chiaro che il CBT è almeno tanto efficace quanto gli antidepressivi prescritti come trattamento della depressione. Antonuccio et al. ha sviluppato un modello del rapporto costi/efficacia che include i costi diretti di trattamento per il paziente o per il fornitore (costo di fornimento delle cure, costi dei medicinali, salari persi, costi di viaggio e costi di comorbidità), i costi diretti per la comunità (l’effetto moltiplicatore economico e riduzione delle tasse dovuti ai salari persi, oltre alla diminuzione del lavoro di servizio alla comunità da parte dei pazienti)e i costi indiretti per la società (perdita della produttività durante il trattamento, effetto moltiplicatore economico e riduzione delle tasse dovute alla perdita di produttività e perdita di reddito potenziale dovuta al suicidio).

Moltiplicando tutti i costi descritti in precedenza, questi ricercatori hanno stimato cheil costo totale per un trattamento CBT individuale è di 23.696$ su un periodo di due anni (7.268$ costo del trattamento diretto per il paziente/fornitore, 1.253$ costo diretto per la comunità e 15.174$ costi indiretti per la società). D’altra parte, il trattamento farmacologico costerebbe in totale 30.733$ su un periodo di due anni, ovvero il 30% in più rispetto al CBT individuale. Questo costo si compone di 12.738$ costo diretto per il paziente/fornitore (ossia il 75% in più rispetto alla stessa categoria di costi per il CBT individuale), 946$ costi diretti per la comunità e 17.049$ costi indiretti per la società.

Il CBT individuale risulta – a parità di efficacia clinica – essere l’opzione più efficace dal punto di vista dei costi per il trattamento della depressione ed è stato quindi consigliato dai ricercatori come trattamento di prima scelta nella lotta contro la depressione.

Per concludere, poiché la disponibilità di studi in questo ambito è crescente, ci saranno sempre più possibilità per gli analisti delle politiche pubbliche di paragonare i meriti economici del trattamento psicologico a quelli del trattamento farmacologico. Sulla base dei dati disponibili attualmente, sembra certo che ci sarà un numero di malattie e condizioni per le quali l’intervento psicologico diventerà una delle opzioni di trattamento più efficaci dal punto di vista del rapporto costi/efficacia.

Oltre a questo, gli interventi psicologici sembra abbiano il potenziale di ridurre i costi dell’assistenza sanitaria, dal momento che i pazienti che vengono trattati con successo riducono il loro utilizzo di altri servizi di assistenza sanitaria. In alcuni casi, questa riduzione dei costi dovuta all’inutilizzo dei servizi di assistenza sanitaria può anche superare il costo stesso dei servizi psicologici, risultando così in una compensazione di costi dell’intero sistema.

Ovviamente è a vantaggio di tutti i canadesi considerare queste conclusioni come promotrici di un cambiamento del sistema di assistenza sanitaria. Con i crescenti costi dei servizi sanitari per la società, ogni servizio che può fornire uno status di salute migliore e la possibilità di risparmiare merita di essere esaminato attentamente dagli analisti politici e dai ministri della sanità.

In conclusione, i risultati della ricerca offrono una base molto valida per procedere all’espansione delle opzioni per finanziare pubblicamente i servizi psicologici così come per aumentare l’accesso pubblico a tutti gli interventi psicologici.

amori difficiliGli amori difficili «sono, per la più parte, storie di come una coppia non s’incontra.
Si tratta di storie d’amore vissute in assenza, e in attesa, o nel pensiero, di come sarà la tanto desiderata presenza.
Si tratta di amori vissuti mentre si sta pensando ad altro. Si tratta di amanti che vogliono possedere l’immagine del loro oggetto d’amore, e non l’oggetto in sé.»
I.Calvino

Se per te l'amore è stato fonte di dolore. Se pensi di essere sola nella tua disperazione, noi possiamo ascoltare la tua sofferenza.

 ... quando essere innamorate significa soffrire, stiamo amando troppo….
Quando non ci piacciono il suo carattere, il suo modo di pensare e il suo comportamento, ma ci adattiamo, stiamo amando troppo.

Incipit di Donne che amano troppo di Robin Norwood

La Dipendenza Affettiva trova le radici nell’infanzia, i cui bisogni d’amore, affetto ed accudimento sono stati frustrati.
Nella relazione con le figure significative infatti il bambino impara, attraverso le cure e la sensibilità dell’altro, che egli “è una persona degna d’amore”: è questo sentimento, a nutrire il suo amor proprio e la sua fiducia verso se stesso e gli altri. I soggetti che sviluppano la Dipendenza Affettiva non hanno introiettato questo sentimento ma, al contrario, si sono convinte (talvolta inconsciamente) “che i loro bisogni non contano” o che “ non sono degne di essere amate”.

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